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Fabrizio Pregliasco: ” Il virus arriverà in Italia, ma ci troverà preparati”

Il virologo, ricercatore all’Università Statale di Milano, Fabrizio Pregliasco, spiega ad HuffPost origine e diffusione del virus che sta facendo tremare la Cina e il mondo intero.

5974 i casi confermati in Cina. 132 decessi. 5 casi accertati in Europa: 3 in Germania e 2 in Francia. Il Coronavirus fa paura. E l’allarme si è diffuso fino in Italia, che attende il rimpatrio di alcuni connazionali residenti a Wuhan, la città cinese da cui è partita la pandemia. Ma abbiamo ragione di spaventarci?L’abbiamo chiesto al Professor Fabrizio Ernesto Pregliasco, virologo dell’Università Statale di Milano.

“La situazione deve pre-occupare”, ci spiega Pregliasco “e lo stanno facendo le istituzioni. Ad oggi ovviamente il fenomeno riveste un carattere ‘locale’ anche se non troppo, perché la Cina è grande e l’area coinvolta è grande. Siamo in una fase espansiva e avremo ancora dei casi perché le epidemie si sviluppano come le curve a campane, le curve di Gauss, con una fase di crescita esponenziale e una in cui possono spegnersi, se si riesce”.

Abbiamo gli strumenti per far decrescere la curva?

“Rispetto al passato avremo la possibilità di far scendere la curva, di spegnere l’epidemia anche se non sarà una discesa a picco, ma un continuo degrado del numero dei casi. Dico questo perché la Cina rispetto al passato forse non ha detto proprio tutto tutto, ma ha dato grande apertura alle informazioni, hanno messo a disposizione il genoma del virus, che è isolato sui nostri database e che ci serve per fare indagini e mettere a punto test in laboratorio. Sono relativamente ottimista, anche se ci saranno altri morti, altre sofferenze, guai economici conseguenti”.

Che tasso di mortalità ha il Coronavirus anche rispetto ad altre gravi epidemie del passato come la Spagnola o la Sars?

Rispetto al passato riferendoci per esempio alla Spagnola, complice anche la Guerra, il virus ha fatto 50 milioni di morti, una malattia che ha colpito il 35% della popolazione, ha creato distruzione organizzativa anche nella fase di picco. Non sono morti tutti, come per fortuna non stanno morendo tutti oggi. La Spagnola aveva un 5% di mortalità, i dati oggi ci parlano di un 3% per il Coronavirus.

E rispetto alla Sars?

La Sars era più cattiva. Aveva il 10% di mortalità, con manifestazioni cliniche più pesanti. Aveva la fortuna di trasmettersi solo per soggetti sintomatici e presumibilmente siamo riusciti a bloccarla anche un po’ in ritardo perché in quel caso i cinesi all’inizio sono stati reticenti. Il Coronavirus a livello di mortalità si colloca tra un’influenza normale e la Sars.

I casi di mortalità che tipo di soggetti coinvolgono?

Di fatto, guardando i dati, si tratta di persone un po’ avanti con gli anni, dai 48 anni in su. Sembra che abbia effetti più importanti su soggetti più fragili.

Ci sono già sette casi accertati in Europa. Arriverà anche in Italia?

Temo di sì. Voglio dire, Wuhan l’hanno bloccata, ma non è possibile fermare tutti. Qualcuno che sfugge c’è sicuramente, qualcuno che è in fase ancora di incubazione, ci vogliono 14 giorni perché si manifesti la malattia. O dei casi secondari: perché l’epidemie come questa si diffondono come un incendio, quindi per propagazione progressiva, perdendo le sterpaglie via via, ma anche con gli spezzoni incendiari che il vento porta avanti.

Cosa vuol dire?

Che potrebbero arrivare casi direttamente da Wuhan o dalle zone circostanti o casi secondari nel momento in cui un locale, a sua volta contagiato da un soggetto proveniente dalle zone interessate, contagia gli altri, come è successo in Baviera. Inoltre anche i sospetti asintomatici possono trasmetterla, quindi è difficile controllarla. È vero che il controllo della febbre negli aeroporti alle frontiere è utile, ma becca solo chi è sintomatico.

Come si fa ad accertare che i casi sospetti sono o meno infettati da Coronavirus o se invece si tratta di normale influenza?

Il Ministero ha attivato il numero 1500, quello che usa per le emergenze ed è il contatto a cui si devono rivolgere le persone che ritengono di essere state a Wuhan o in una zona a rischio nei quindici giorni precedenti a una manifestazione clinica di influenza molto pesante. A questo punto vengono veicolati nei centri di malattie infettive. Lì sono già a punto dei test di biologia molecolare che nell’arco di una giornata lavorativa confermano la diagnosi. La sfiga di questa malattia è proprio questa: perché se diventassero verdi le persone contagiate da Coronavirus, ce ne accorgeremmo. Invece qui si manifestano e si mescolano ai casi di influenza stagionale in corso e nella fase acuta. E lo stesso in Cina. Un elemento di facilitazione ci sarà più avanti, con la fine della stagione influenzale.

Quando sarà in caduta questo virus? Quando potremmo dirci ‘salvi’?

Siamo nella fase di crescita. Se non si fa nulla, possono passare dei mesi. La speranza è che con questo intervento tempestivo che in atto, che non potrà durare a lungo perché non si possono bloccare 11 milioni di persone sine die, nell’arco di un mese o due si vedano calare il numero di casi.

Si parla di allarmismo: molti ritengono che anche l’influenza stagionale causi molti morti ogni anno…

L’anno scorso abbiamo avuto 8 milioni di casi, 192 morti per influenza diretta in Italia. E circa 8/10 mila morti per complicanze cardiovascolari e polmonari. Quindi da sé l’influenza è una brutta bestia. Anche questo Coronavirus facilita sovrainfezioni batteriche. Quindi già la nostra influenza ammazza, ma in modo indiretto: perché su 8 milioni di casi, ‘solo’ 192 morti diretti però poi 10mila di complicanze. Il Coronavirus ammazza di più perché siamo a 6000 casi di contagio, 132 morti diretti, sono già una percentuale più alta. Quindi il problema non è tanto la gravità intrinseca del singolo caso, ma il rischio pandemia: questo virus è nuovo, nessuno di noi se lo incontra lo scampa. O meglio: si infetta e può avere manifestazioni variegate. Quello che è avvenuto con la Spagnola.

Ci spieghi meglio.

L’influenza Spagnola che, seppure era un altro virus aveva le stesse caratteristiche di novità, ha colpito nell’arco di 6 mesi il 35% della popolazione mondiale. Non sono morti tutti, ma sono morte 50 milioni di persone. Perché è l’effetto domino sommato anche al danno organizzativo: se sono malati contemporaneamente il 30% delle persone in uno Stato, la polizia non c’è più, quello che porta il pane non c’è più, in ospedale non c’è più nessuno: è un disastro. Per intenderci: non si tratta di una malattia come l’ebola o la meningite che hanno caratteristiche di essere gravissime sul singolo. Qui c’è l’effetto macro, anche in termini economici. Già la nostra influenza ci costa: compriamo l’aspirina, compriamo farmaci. Una pandemia richiede uno sforzo alla sanità pubblica importante.

La Sanità Pubblica Italiana si sta organizzando? Abbiamo delle cure?

Non ci sono cure. Alcuni laboratori a livello internazionale stanno provando degli antivirali specifici per veder se funzionano e dei vaccini che saranno disponibili a distanza di un anno come minimo da oggi per tempi di produzione, messa a punto, verifica di efficacia. Quello che abbiamo oggi è un’Italia ben organizzata grazie alle esperienze del passato: aviaria, Sars stessa.

Cosa si sente di dire ai cittadini? Possono difendersi in qualche modo?

I cittadini devono stare tranquilli. Le istituzioni stanno lavorando e le persone deve prendere le stesse precauzioni che consigliamo per l’influenza stagionale: lavarsi frequentemente le mani, fare attenzione ai luoghi caldo-umidi. No problem rispetto a cibi cinesi o alimenti che arrivano da quelle zone o contatto con gli animali perché non c’entrano. La trasmissione è per via aeree, attraverso le goccioline.

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