“ Il Vomero, quartiere commerciale per antonomasia del capoluogo partenopeo, nell’ultima metà del secolo scorso si era trasformato in una delle aree commercialmente più attive di Napoli – esordisce Gennaro Capodanno, presidente del Comitato Valori collinari -. Comparto, quello del commercio, che peraltro ha costituito da allora il principale se non l’unico settore produttivo del’area con conseguenti ricadute positive anche sul piano occupazionale. Ma, negli ultimi tempi, purtroppo, tale settore ha fatto registrare segni di forte crisi. Il numero di attività commerciali, molte delle quali storiche, che, dopo essere passate di generazione in generazione, hanno chiuso o si sono trasferite, è lievitato col passare del tempo. Mentre, al loro posto, sono spuntate come funghi attività legate ai pubblici esercizi, principalmente bar, ristoranti e paninoteche. Uno degli ultimi negozi che mostra le ante chiuse si trova in via Kerbaker. Mi ha colpito in particolare lo striscione posto sopra l’insegna con il quale si ringrazia la clientela “.
” Comunque passando ad un’analisi generale dei mutamenti che stanno avvenendo nel terziario commerciale al Vomero – puntualizza Capodanno – occorre anche considerare che il Vomero era, e oggi non lo è più, un fondamentale punto di riferimento commerciale anche per chi veniva da altre zone della Città e dai Comuni della Provincia. In verità, il quartiere collinare, dall’inizio di questo secolo, ha dovuto fare i conti con l’aggravamento dei problemi legati alla viabilità, determinati, tra l’altro, dall’adozione di alcuni provvedimenti di pedonalizzazione, tra i quali quelli di alcuni tratti di via Scarlatti e di via Luca Giordano, non accompagnati dalla contestuale creazione di infrastrutture, come parcheggi pubblici. Tutto ciò, in uno alle ben note carenze nel sistema del trasporto pubblico cittadino, ha notevolmente contribuito ad allontanare i potenziali consumatori che un tempo raggiungevano il quartiere anche con la propria autovettura e che ora devono fare i conti con i prezzi stellari dei pochi parcheggi privati, dal momento che gl’insufficienti stalli delle strisce blu, che peraltro hanno ridotto l’ampiezza delle già striminzite carreggiate, sono per lo più occupati dalle auto dei residenti “.
“ A questo punto – sottolinea Capodanno – il Vomero si è pian piano uniformato agli altri quartieri cittadini. Non c’è più l’artigianato, scomparse in parte anche le attività culturali e dello spettacolo, con la chiusura di alcune importanti librerie e di diverse sale cinematografiche. Infine, sul piano turistico, non si è mai data pratica attuazione a iniziative tese al rilancio di siti che, sulla carta, rappresentano dei notevoli attrattori, come San Martino e la villa Floridiana, con gli annessi musei “.
“ Inoltre – ricorda Capodanno – la politica portata innanzi dall’amministrazione comunale negli ultimi due lustri, al Vomero ha palesemente favorito l’ambulantato e, più in generale, le attività commerciali non a posto fisso, come è accaduto anche in questo ultimo Natale con le cosiddette fiere natalizie, che hanno comportato la concessione provvisoria di autorizzazioni per un centinaio di stalli, con altrettante attività, alcune delle quali poste in strade dove vi è una forte presenza di negozi, come in via Luca Giordano, destando peraltro le giuste quanto inascoltate proteste dei commercianti, per la presenza di gazebo posti nei pressi proprie vetrine. Attività, quello dell’ambulantato, che risultano fortemente concorrenziali rispetto al commercio stanziale, anche perché hanno costi di gestione nettamente inferiori, col risultato che possono vendere gli stessi prodotti a prezzi decisamente concorrenziali e più appetibili per gli acquirenti, alla perenne ricerca del risparmio “.
“ Eppure – conclude Capodanno – basterebbe poco per cercare di arginare questa vera e propria ecatombe di esercizi commerciali al Vomero, molti dei quali storici. Infatti, seppure al momento appare per lo più rimasta sulla carta, nel 2014 è stata varata una legge regionale, la n. 11, per la valorizzazione degli esercizi e le botteghe storiche della Campania che avrebbe dovuto, seppure con notevole ritardo, allineare la nostra regione alle altre, dove tale normativa è presente da lustri. Ma, dall’albo aggiornato al 31 dicembre 2019, pubblicato sul sito del Comune di Napoli, risulta che sono state censite solo 23 attività che possono usufruire dei benefici di detta legge, ubicate nel territorio comunale, e di esse quattro nel territorio del Vomero: due pizzerie, un chioschetto di fiori e una vetreria. Un dato che, a distanza di oltre cinque anni dall’entrata in vigore della legge appare fortemente sottodimensionato e che lascia perplessi anche specialmente se confrontato con quello di altre città, come Milano, dove sull’apposito sito dedicato alle botteghe storiche della Città, è reperibile un elenco che fino al 2017 comprende ben 460 attività commerciali “.