Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS, ha affermato che «dare un nome alla malattia è importante per evitare che vengano utilizzati appellativi scorretti o stigmatizzanti».
Nel 2015 l’OMS ha stabilito delle precise linee guida da seguire nella scelta di un nome per una nuova malattia: fondamentale evitare riferimenti a luoghi, animali, individui o gruppi di persone, optando per un nome facilmente pronunciabile e che abbia una relazione con la malattia.
«Inserire un riferimento a Wuhan nel nome ufficiale avrebbe significato dare una connotazione negativa ai cittadini di Wuhan, che non sono altro che vittime dell’epidemia», ha spiegato alla rivista Time Wendy Parmet, professoressa di legge alla Northeastern University (USA) ed esperta di salute pubblica. In passato molte malattie racchiudevano nel nome riferimenti a persone, luoghi o animali: pensiamo alla sifilide, che nel XVI in Italia veniva chiamata “mal francese”, e in Francia “mal di Napoli”; o alla pandemia influenzale del 1918, conosciuta come influenza spagnola (anche se non ebbe origine in Spagna). Nella lista di esempi da non seguire, l’OMS ha inserito anche la MERS (Middle East Respiratory Sindrome, sindrome respiratoria mediorientale, nome con chiari riferimenti geografici), l’influenza suina (poi rinominata dalla stessa OMS “A/H1N1”, visto il crollo di vendite subìto dal mercato delle carni suine) o il morbo di Chagas, che prende il nome dal suo scopritore.
È importante ricordare che il nome assegnato dall’OMS, Covid-19, si riferisce alla malattia, non al virus. Quest’ultimo è stato invece definito SARS-CoV-2 (sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2) dalla Commissione Internazionale per la Tassonomia dei Virus, responsabile della classificazione ufficiale dei virus di tutto il mondo.