A parole, arriva qualche segno di apertura verso i diritti delle donne: in un’intervista all’agenzia Efe, il portavoce dell’ufficio dei talebani a Doha, dopo la firma dell’accordo di pace con gli Stati Uniti, ha rivelato: «Per quanto riguarda i diritti delle donne, non abbiamo alcun problema se vogliono avere un’istruzione o un lavoro, hanno anche il diritto di ricevere eredità e scegliere i loro mariti».
Molte attiviste afghani, però, hanno manifestato i loro dubbi e i loro timori per il ritorno dei talebani, che hanno governato il Paese tra il 1996 e il 2001, in particolare per quanto riguarda i diritti delle donne.
«Le donne afghane lavorano per costruire la pace da decenni. Abbiamo passato anni a lottare per i diritti fondamentali e, nel corso dell’ultimo anno, per un posto al tavolo nei colloqui tra Stati Uniti e talebani», hanno spiegato le attiviste Mary Akrami, Sahar Halaimzai e Rahela Sidiqi a Usa Today. «Non siamo rassicurate dall’accordo firmato sabato, né dal processo che l’ha reso possibile».
E ancora: «Nonostante i significativi progressi compiuti nella partecipazione politica delle donne in Afghanistan, le donne afghane devono ancora affrontare enormi ostacoli per affermare la loro rappresentanza. Tanto per cominciare, donne afghane, rappresentanti della società civile e altri gruppi minoritari avrebbero dovuto essere al tavolo dei colloqui USA – talebani che hanno portato a questo accordo, ma non c’erano. La storia ci ha mostrato che le donne e le minoranze rischiano di perdere il massimo possibile da qualsiasi accordo fatto a porte chiuse e da una stanza piena di uomini.
Le attiviste hanno concluso: «Qualsiasi accordo di pace, se avrà successo, dovrà includere la protezione dei nostri diritti umani e civili, compresa la libertà di parola e di religione, il diritto di riunione, la protezione delle nostre attiviste e un meccanismo di giustizia riparativa per centinaia di migliaia di vittime di questa lunga guerra. I nostri diritti sono chiaramente sanciti dalla costituzione del nostro Paese, dalle nostre leggi nazionali, dalla legge internazionale e dalla sharia. Il nostro messaggio a Haqqani e agli altri negoziatori talebani è semplice: i nostri diritti sono garantiti e abbiamo il diritto di sederci a qualsiasi tavolo voi organizziate».