La necessità ormai urgente di trovare farmaci da usare contro la COVID-19 ha riportato all’attenzione l’importanza della ricerca scientifica e della condivisione dei dati. Per alleviare nell’immediato i sintomi di chi è affetto da nuovo coronavirus occorrerà usare, per forza di cose, farmaci già approvati e utilizzati per altre patologie, ma a emergenza conclusa serviranno molecole specifiche che prendano di mira il SARS-CoV-2, studiate apposta per interferire con la sua attività e che si possano utilizzare nel lungo periodo.
Sviluppare nuovi farmaci non è affatto semplice: il 90% dei medicinali sperimentali fallisce ancora prima di iniziare i trial sull’uomo o nella prima fase dei test. È un problema di costi e di tempo sprecato: per questo, sempre più spesso si cerca di identificare i composti più promettenti verso il target desiderato su piattaforme virtuali, ancora prima di testarli fisicamente in laboratorio.
UN BALZO IN AVANTI. Un team della Harvard Medical School ha portato queste piattaforme in silico (cioè in silicio, perché basate su simulazioni computerizzate e non su esperimenti in vitro) a un livello superiore, sviluppando un software capace di assemblare e analizzare miliardi di composti già conosciuti e vedere se sono efficaci contro le proteine chiave per lo sviluppo di malattie. La nuova piattaforma open source – VirtualFlox – mette a confronto il “bersaglio”, la proteina che per esempio facilita la replicazione di un virus, con modelli 3D di composti chimici attualmente disponibili in commercio.
Non solo: con un programma di docking (“attracco”) molecolare, mette a confronto le molecole trovate con la proteina in questione, per capire se sono in grado di legarsi. In pratica, identifica i pezzi del puzzle che combaciano meglio con il bersaglio, individuando quali, tra i tanti possibili orientamenti del composto, sono più efficaci. Per il momento, il software è in grado di analizzare 1,4 miliardi di molecole: è cioè il più grande database disponibile di composti chimici (quelli precedenti riuscivano a controllare tra un milione e dieci milioni di combinazioni ciascuno).
UN CONTRIBUTO PREZIOSO. Quando la lista dei composti più promettenti si riduce a un centinaio di unità, si lascia il mondo virtuale e si testano le molecole in laboratorio: a quel punto, è già stato compiuto un grosso lavoro di scrematura. A pochi giorni dall’uscita dei dati in anteprima su Nature, il team di Harvard ha iniziato a usare VirtualFlow per cercare composti in grado di interferire con cinque proteine del nuovo coronavirus. L’idea è analizzare un miliardo di molecole per ciascuno di questi target: un progetto supportato da Google con la possibilità di utilizzare la sua piattaforma di calcolo in cloud.