Secondo gli ultimissimi risultati della ricerca sull’economia della cultura elaborata da Unioncamere (l’Unione italiana delle Camere di Commercio, industria, artigianato e agricoltura) e dalla fondazione Symbola, la cultura muove il 15,3% del valore aggiunto nazionale: parliamo di ben 214 miliardi di euro.
Il settore culturale, con le sue imprese e il suo operato, rappresenta un vero e proprio punto di forza per il Made in Italy. E non parliamo esclusivamente dei settori tradizionali della cultura e dei beni storico-artistici, ma in generale dei 4 macro settori: industrie culturali propriamente dette (film, video, mass-media, videogiochi e software, musica, libri e stampa), industrie creative (architettura, comunicazione e branding, artigianato, design e produzione di stile), patrimonio storico-artistico architettonico (musei, biblioteche, archivi, siti archeologici e monumenti storici), e performing art e arti visive (rappresentazioni artistiche, divertimento, convegni e fiere). Per completare la ricerca è stata inoltre condotta anche un’indagine su tutta la filiera delle industrie culturali italiane, ovvero quei settori che non svolgono di per sé attività culturali, ma che sono comunque attivati dalla cultura.
Emergono dunque dati incoraggianti per questo segmento dell’economia nazionale che ha la forza di generare un vero e proprio effetto moltiplicatore. Sempre in base ai risultati della ricerca infatti, per ogni euro prodotto dalla cultura se ne attivano 1,67 in altri settori. Un riscontro, questo, che fa bene anche al mercato del lavoro: le industrie culturali, artistiche e creative infatti, danno occupazione al 5,8% dei lavoratori italiani e nell’arco del 2014 sono previste circa 33mila assunzioni ne settore per varie mansioni. Ma, la forza delle imprese culturali italiane consiste anche nel saper creare rete e basi economiche a prescindere dai fondi pubblici che continuano a scarseggiare: i rapporti con le aziende private infatti, attraverso partnership e sponsorizzazioni sono in netto aumento. E se poi aggiungiamo che cultura genera turismo, il potenziale cresce vertiginosamente.
Secondo il presidente della fondazione Symbola, Ermete Realacci, l’Italia può uscire dalla crisi e i tagli economici oltre che un errore valoriale, rappresentano una strada demenziale e perdente. La cultura è la lente d’ingrandimento attraverso cui il nostro Paese deve guardare al futuro e costruire il nostro vantaggio competitivo.
Parole incoraggianti e dati che fanno certamente piacere a giovani creativi, editori, siti culturali e associazioni. Ma, se si pensa alle tante saracinesche abbassate delle storiche librerie indipendenti da Nord a Sud, alle associazioni culturali con tanti progetti nel cassetto in attesa di finanziamenti, alle sale cinematografiche d’un tempo che hanno ceduto il passo ai “centri commerciali del cinema” e ai riflettori spenti dei piccoli teatri perle de nostro patrimonio culturale, ci si trova dinanzi ad una gigantesca contraddizione alimentata da lampanti esempi. Come sfruttare, dunque, questo potenziale? Come “spalmare” questo benessere poco apparente anche sulle piccole realtà nascenti e sulle storiche imprese che hanno collaborato alla crescita del nostro patrimonio culturale?