“Il tempo per le misure a supporto dell’economia è una variabile chiave. Più il tempo passa e più il costo che pagheremo sarà alto. Servono interventi veloci. Misure magari ridotte, ma con efficacia immediata”.
Lo ha dichiarato Fabio Pompei, amministratore delegato di Deloitte Italia, intervenendo questa mattina in diretta su Rai News, a ‘Studio 24’, nel commentare le attese del mondo delle imprese per il rilancio dell’economia.
Il network, che in Italia conta più di ottomila persone che lavorano con una presenza capillare sul territorio, dallo scoppio della crisi è stato in prima linea anche nell’emergenza sanitaria donando un milione di euro alla Protezione civile.
Pompei nell’anticipare i dati di una ricerca di Deloitte che sarà presentata dal network nelle prossime settimane ha annunciato che in Europa c’è maggiore preoccupazione per le conseguenze della crisi.
“Dallo studio realizzato intervistando i direttori finanziari sia di PMI che grandi aziende emerge – spiega Pompei – una differenza tra l’Europa e gli Stati Uniti in termini di aspettative sulla durata della crisi. Oltreoceano contano di poterne uscire al più tardi all’inizio del 2021, mentre i direttori finanziari europei sono maggiormente allarmati per gli impatti finanziari che questa crisi lascerà sul campo”.
“Da parte delle imprese – ha continuato Pompei – ci sono aspettative alte e vediamo intenzioni positive del Governo, ma come spesso è accaduto anche in passato la burocrazia crea ostacoli e rallentamenti. Sburocratizzare resta una priorità per l’Italia, un’esigenza dell’era pre Covid e che ora non è più rinviabile.
Le imprese, anche sul decreto in arrivo, hanno aspettative su un risultato che sia immediatamente efficace perché fin qui i soldi agli imprenditori sono arrivati in misura parziale, incluso quel prestito fino a 25mila euro con garanzia dello Stato, che è stato attivato da pochi, e anche la monetizzazione della cassa integrazione va a rilento. Si è parlato tanto di finanziamenti, di agevolare l’accesso al mercato del credito, ma la necessità ora sono anche i contributi a fondi perduto a favore di specifici settori e determinate fasce di aziende, altrimenti tante non saranno capaci di ripartire”.
Da Pompei poi un richiamo all’importanza di dotare il paese di infrastrutture digitali adeguate.
“Abbiamo assistito alla grande rivoluzione dello smartworking. Prima della pandemia nel settore privato solo mezzo milione di lavoratori lavorava da remoto, mentre ora nello stesso settore siamo a più di due milioni.
Adesso serve lo step successivo, vale a dire una banda larga più estesa, accessibile a tutti; una sicurezza informatica che abbia una pianificazione e una gestione verso qualsiasi tipo di rischio; e una cultura del lavoro da ripensare, visto che il lavoro agile porta a lavorare per obiettivi e non c’è più una verifica fisica di chi controlla l’attività.
Per favorire questo contesto bisogna spingere sulla trasformazione digitale anche nelle aziende medio-piccole e su una supply chain da ripensare perché la catena distributiva cambierà e tanti Paesi si stanno attivando a livello statale per far rientrare nei propri confini la filiera di produzioni strategiche”.