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Tamponi a secco: dagli USA un’ innovativa scoperta

Normalmente, un test diagnostico per il coronavirus passa attraverso quattro fasi: prima di tutto si raccoglie un campione di saliva e muco attraverso un cotton fioc passato nel naso o nella bocca del paziente (vedi video più sotto); il campione viene quindi conservato in una soluzione chimica e trasportato in laboratorio, dove viene rielaborato prima di essere analizzato; solo a questo punto viene estratto l’RNA virale di SARS-CoV-2.

Il nuovo metodo diagnostico elimina due passaggi: il campione non deve essere conservato in una soluzione chimica e nemmeno rielaborato, ma viene trasportato “a secco” e, una volta in laboratorio, il livello di RNA virale viene misurato utilizzando una soluzione chimica più facilmente reperibile. Una soluzione che – ci arriviamo più sotto – risolverebbe il problema dei realtivamente pochi tamponi che ancora si fanno (anche in Italia).

SPERANZA. Nonostante sia necessario testare il metodo su un maggior numero di persone per confermarne l’efficacia, secondo i ricercatori i primi risultati «sono incoraggianti e fanno ben sperare». Se tutto andrà per il verso giusto, sarà possibile utilizzare questi test per verificare la presenza di SARS-CoV-2 su un numero sempre maggiore di persone, riuscendo così a controllare i contagi da CoViD-19.

Il problema della mancanza dei reagenti è molto attuale anche in Italia, come segnala Il Post.

In Toscana, per esempio, sono arrivati dal governo 190.800 tamponi, ma senza i reagenti. Il problema, ha spiegato Invitalia [l’agenzia nazionale diretta dal commissario straordinario per l’emergenza da coronavirus Domenico Arcuri, a cui competono le misure di rifornimento di materiali e attrezzature sanitarie, Ndr], è che ogni laboratorio di analisi dei tamponi ha i suoi macchinari, e a macchinari diversi corrispondono reagenti chimici diversi: «di fatto gli approvvigionamenti sono di competenza regionale, perché è complicato comprare reagenti a livello nazionale per ogni macchinario diverso». Fin da marzo era emerso che il limite principale nel fare più test per il coronavirus non fossero i tamponi in sé, che non mancavano e non mancano, ma i reagenti chimici.

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