Otto film, un trionfo all’Oscar e al Golden Globe per “La grande bellezza”, 4 premi europei (EFA), 5 David di Donatello, 7 partecipazioni al festival di Cannes, 8 Nastri d’argento. Si può riassumere in questi numeri il percorso straordinario di Paolo Sorrentino, il regista che compie 50 anni. Tanto cinema ma anche tv di qualità. Un’eccellenza italiana che si è guadagnato un posto tra i grandi a livello internazionale, evidenzia Tgcom.
Cinema, serialità per il piiccolo schermo con “The Young Pope” e relativi seguiti, e persino letteratura, con prove da scrittore iniziate già nel 2010 con “Hanno tutti ragione” finalista al Premio Strega.
Come molti artisti Sorrentino ha un passato marcato da un trauma profondo: a 16 anni perde i genitori vittime di una fuga di gas. Al padre lo lega, tra tante altre cose, una passione viscerale per Maradona e la squadra della sua città. Eppure la sua anima internazionale emergerà lontano da Napoli. Ma alle sue radici sono legati gli esordi: “L’uomo in più” (2001) è profondamente intriso dello spirito autoctono e il successivo “Le conseguenze dell’amore” accompagna un oscuro travet del crimine di camorra sulla via di un singolare esilio, verso la Svizzera.
Nel cuore della rinascita napoletana degli anni 90 l’aspirante regista muove i primi passi: a Teatri Uniti con Mario Martone, sul set di “Il verificatore” con Stefano Incerti alla regia (fa l’ispettore di produzione), nel mondo del cortometraggio (“Un paradiso”, la sua prima prova), a bottega con Antonio Capuano per cui scrive il copione di “Polvere di Napoli”, sui set televisivi de “La squadra”. Per una seconda opera corta, “L’amore non ha confini” (1998) trova in Nicola Giuliano il produttore ideale. Con la Indigo (di Giuliano e Francesca Cima) realizzerà tutti i suoi progetti e la sera dell’Oscar dividerà il palcoscenico con gli amici Nicola e Toni (Servillo). Che è poi il suo doppio dall’altra parte della macchina da presa, protagonista di molte delle sue opere.
All’opera terza abbandoa i suoi territori tradizionali per una sorta di western nostrano, “L’amico di famiglia” con Fabrizio Bentivoglio, in cui si ritrovano altre due passioni dell’autore: quella per la musica e quella per il noir. Il 2008 è l’anno della svolta. Il suo ritratto psichedelico di Giulio Andreotti ne “Il Divo” gli porta un successo tanto inatteso quanto clamoroso (condito da polemiche) e il Premio della Giuria a Cannes. Per Sorrentino il film è anche il terreno d’incubazione della sua visione del disfacimento contemporaneo, quello stesso che proporrà, con espliciti rimandi alla “Dolce vita” di Fellini, nel film della celebrazione, “La grande bellezza” (2013). In mezzo ha dato spazio alla sua anima internazionale, convincendo Sean Penn ad assumere anch’egli (come Servillo) una maschera grottesca per il primo film in inglese, “This Must Be the Place” (2011).
Il successo planetario de “La grande bellezza” lo convince a continuare un personale sentiero felliniano con “Youth“. Un anno dopo, nel 2016, si lancerà nell’avventura televisiva con “The Young Pope” (presentato alla Mostra di Venezia e venduto in oltre 80 paesi). Lavoratore instancabile, mette in cantiere sia una seconda serie sempre di ambientazione vaticana (“The New Pope“) che il grande affresco berlusconiano “Loro“.
Schivo, poco social, capace di impegnarsi per le cause in cui crede , ama profondamente i suoi interpreti: “I grandi attori sono come i buoni registi: straordinari osservatori della realta’”. Nella vita privata è sposato con Daniela D’antonio e ha due figli: Anna e Carlo. Attualmente sta preparando il suo prossimo film in inglese, “Mob Girl” .