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È davvero un mondo libero?

Nell’immaginario collettivo probabilmente la nostra è una realtà costellata di libertà dove quest’ultima viene considerata fondamentale ma paradossalmente stiamo assistendo ad un progressivo deterioramento proprio della libertà globale.

A testimoniarlo l’ultimo rapporto di Freedom House, un’organizzazione non governativa internazionale che conduce attività di ricerca e sensibilizzazione su democrazia, libertà politiche e diritti umani. Attraverso delle pubblicazioni annuali dal titolo “Freedom in the world” vengono attuate delle classifiche di ogni Paese del mondo, compresi quelli non ufficialmente riconosciuti e i territori contesi, classificandoli come “Free, Partly free, Not free” (libero, parzialmente libero, non libero). Il 2019, come riportato da Freedom House, è stato il quattordicesimo anno consecutivo di declino della libertà globale. La discrepanza tra battute d’arresto e traguardi si è ampliata rispetto al 2018: le persone in 64 paesi hanno registrato un deperimento dei loro diritti politici e delle libertà civili. Solo in 37 si sono registrati dei miglioramenti. In cima alla classifica c’è la Svezia, che si conferma il Paese più libero del mondo, il peggiore, ad oggi, resta la Siria.

Secondo l’organizzazione internazionale, il peggioramento mondiale in termini di libertà civile e politica è da attribuire non solo ai dittatori delle zone più povere del pianeta, ma anche ai governi dei paesi più avanzati. In particolare, il dito è puntato contro l’India e gli Stati Uniti, accusati di essere “sempre più disposti a rompere le garanzie istituzionali e ignorare i diritti di critica e delle minoranze mentre perseguono i loro programmi populisti”.    Ma le limitazioni delle libertà personali e non solo sono tra le più disparate, basti pensare al fatto che esistono alcuni Paesi, come Dubai, la Malesia ma anche un Comune del liberissimo Messico, dove baciarsi in pubblico è proibito.  Poi vi è l’omosessualità illegale in più di 70 paesi in molti dei quali vengono attuati dei veri e propri atti persecutori nei confronti delle comunità gay, si pensi ad esempio alla Russia.  In Iran e Arabia Saudita in molti casi le donne sono costrette a sottostare agli ordini dei propri familiari e a non poter esprimere la propria personalità.        La pratica dell’aborto per le donne, vietata dalla legge per esempio a Malta o ancora la difficoltà nella libera attuazione da parte dei moltissimi obiettori di coscienza (in Italia si stima che siano il 70%) presenti nelle strutture sanitarie. Porte chiuse anche al divorzio, a partire dalle Filippine dove la legge lo vieta, passando poi per diversi paesi a maggioranza musulmana dove per una donna divorziare significa essere «disonorata». Fortemente limitata dai regimi totalitari e dalle dittature del Novecento, ancora oggi la libertà di espressione non è completamente riconosciuta nel mondo, spesso osteggiata per motivi politici, religiosi, culturali. Tuttavia, anche nelle democrazie in cui è pienamente riconosciuta, la libertà di espressione presenta dei limiti giuridici, generalmente indicati nelle costituzioni. E queste purtroppo sono solo alcune delle innumerevoli testimonianze di libertà mancate o ostacolate.

Dunque, siamo davvero così sicuri che la libertà sia parte integrante delle nostre vite? La risposta ovviamente implicherebbe il prendere in considerazione numerosi fattori ma come abbiamo visto viviamo in un mondo sempre meno libero. Se da una parte la libertà sembra essere in pericolo, dall’altro però vi sono comunque ingenti masse di manifestanti che lottano per il riconoscimento dei loro diritti, ribellandosi ad arcaiche forme mai superate di discriminazioni sociali, razziali, politiche e religiose. Questo, a mio avviso, dovrebbe essere un impegno riconosciuto universalmente al fine di costruire un mondo finalmente libero da odio, intolleranza e limitazioni del proprio essere.

 

A cura di Pina Russo

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