Attimi di confusione e paura, nella notte italiana, davanti alla Casa Bianca. Dei manifestanti hanno cercato di abbattere la statua di Andrew Jackson, il presidente americano responsabile del cosiddetto ‘sentiero delle lacrime’ (la deportazione forzata dei nativi americani dalle loro terre), idolo di Donald Trump. L’intervento delle forze dell’ordine è immediato: per cercare di calmare gli animi la polizia usa spray al peperoncino contro i 150-200 manifestanti presenti e forma un cordone per proteggere la statua e la Casa Bianca.
La statua di Jackson si trova a Lafayette Square, nei pressi dell’edificio presidenziale, da cui il Secret Service ha fatto uscire tutti i giornalisti. Cantando “Hey, Hey, Ho, Ho, Andrew Jackson’s got to go” (deve andarsene) i manifestanti hanno legato la statua con delle corde con l’obiettivo di abbatterla. Un gesto forte, a pochi passi dalla residenza del presidente che spinge la polizia a un intervento deciso: elicotteri iniziano a sorvolare l’area mentre gli agenti sul campo tentano di fermare i manifestanti. La statua di Jackson è uno dei bersagli della rabbia dei manifestanti che da quasi un mese invadono le strade americani per protestare per la morte di George Floyd il 25 maggio. Sono già finite nel mirino molte altre statue sparse negli Stati Uniti. L’ultima in ordine temporale è quella di Teddy Roosevelt che il Museo di Storia Naturale di New York rimuoverà dal suo ingresso davanti a Central Park. Polemiche da giorni travolgono anche le statue del generale sudista Robert Lee e quella di Cristoforo Colombo, considerate simboli del razzismo e del passato coloniale.