Un’occasione unica. Un momento in cui l’Italia può fare sentire la sua voce sulla scena internazionale e contribuire alla riflessione sul nuovo mondo che vogliamo costruire, grazie ai nostri valori, le nostre conoscenze e la nostra esperienza. Come ha sostenuto l’ex premier britannico Gordon Brown nel suo appello di inizio giugno , il G20, finora, è stato troppo timido nell’affrontare la crisi scatenata dal Covid19. Ma è proprio un evento come quello della pandemia, invece, che ha dimostrato l’inevitabile interdipendenza di tutti gli Stati. Pensare di poter risolvere da soli i problemi economici e politici di oggi è un’illusione: sui grandi temi non è possibile rinunciare a una governance globale. L’Italia lo sa bene e fin dal 1945 abbraccia con convinzione i valori della cooperazione e del dialogo tra Stati. Con la presidenza 2021 del G20 abbiamo l’occasione per dimostrarlo ancora una volta e per rafforzare questo spirito tra tutti i Paesi che ne fanno parte.
Lo scenario internazionale che ci troviamo di fronte, infatti, è più complesso che mai: il Covid-19 ha acuito le tensioni tra Usa e Cina, le elezioni negli Stati Uniti sono alle porte e nel Paese governato da Trump la tensione sociale ha raggiunto livelli di guardia. I Paesi dell’America Latina sono oggi travolti dall’emergenza sanitaria: i loro sistemi ospedalieri sono molto fragili e gli effetti sulla popolazione potrebbero essere gravissimi. Ignorare la difficoltà di questi Paesi nell’affrontare l’epidemia è miope: se il Covid19 continuerà a dilagare anche in un solo Paese del pianeta, nessuno potrà essere al sicuro. Di più, come richiesto da numerosi scienziati e leader politici di tutto il mondo , bisogna riflettere sull’opportunità di definire un diritto universale al vaccino per il Covid-19. Solo con una risposta globale si può risolvere una minaccia globale.
Ma oltre al dramma sanitario, ciò che ci attende è uno scenario di povertà crescente, le cui radici vanno ben al di là di questa emergenza globale. Secondo la Fao, la pandemia di Covid-19 potrebbe aumentare il numero di persone che soffrono di fame nel mondo ad oltre 250 milioni. Non stiamo parlando di sola malnutrizione: stiamo parlando di condizioni estreme, di persone che rischiano di morire di fame. Secondo l’Ilo (Organizzazione Internazionale del Lavoro), oltre un miliardo e mezzo di persone – circa la metà dell’intera forza lavoro nel mondo – rischia di perdere i mezzi di sussistenza a causa della pandemia. Bisogna intervenire subito. E bisogna ripensare le priorità da mettere al centro dell’agenda globale.
I leader di oggi che sono chiamati ad affrontare la situazione ne sono consapevoli: siamo a un punto di frattura storica. E dobbiamo sforzarci di trasformare quella che potrebbe essere la più grave crisi socio-economica dal 1929 in un’occasione per ripensare il mondo. Serve un cambio di passo e possiamo cogliere questa opportunità per ridisegnare un pianeta in cui l’innovazione si coniuga con una maggiore sostenibilità economica, sociale ed ambientale. Possiamo farlo: ma servono scelte coraggiose, che mantengano viva la fiducia che lega cittadini e istituzioni, settore pubblico e privato.
Infine, credo che la classe dirigente del nostro Paese dovrebbe usare questa occasione per dar spazio e valorizzare i settori nei quali rappresentiamo un’eccellenza riconosciuta nel mondo. E parlo ovviamente dell’istruzione e della cultura: leve di cambiamento uniche.
Iniziamo a progettare, a lavorare, a dare un volto alla nuova normalità in cui vogliamo vivere. Possiamo farlo. Dobbiamo farlo: non possiamo più aspettare.