L’Italia ha violato i diritti delle donne perché ha fatto insufficienti progressi misurabili nel promuovere uguali opportunità per quanto concerne una pari retribuzione». Non è una novità, ma adesso è certificata dal Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa. Per le donne italiane non ci sono aiuti sufficienti per poter avere le stesse opportunità degli uomini nel mercato del lavoro. La parità è lontana.
I punti dolenti sono più di uno. Prima di tutto le retribuzioni che sono costantemente più basse di quelle dei colleghi e poi il soffitto di cristallo, il limite che non riescono a superare per raggiungere i ruoli dirigenziali più alti.
Secondo il Gender Gap Report 2019 realizzato dall’Osservatorio JobPricing con Spring Professional, a parità di lavoro con un collega uomo, in Italia è come se una donna cominciasse a guadagnare dalla seconda metà di febbraio. Il divario è di 2.700 euro lordi, un 10% in più per gli uomini.
La dichiarazione del Comitato arriva dopo un reclamo presentato dall’ong University Women of Europe che contestava a 15 stati membri dell’orgaizzazione su 47 di non rispettare il diritto delle donne alla pari opportunità professionali.Oltre all’Italia la ricerca ha coinvolto Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Finlandia, Francia, Grecia, Irlanda, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovenia e Svezia. Alla fine solo quest’ultima è stata promossa. Tutti gli altri paesi violano in qualche modo i diritti delle donne.
Il problema non sta nelle legislazioni, ma nell’applicazione delle leggi. Sulla carta tutti riconoscono il diritto alla pari retribuzione per lo stesso tipo di lavoro. In realtà però questo non avviene e secondo il Comitato che chiede politiche per aiutare il raggiungimento della parità.
«Il divario retributivo tra donne e uomini è inaccettabile, eppure continua a rappresentare uno dei principali ostacoli al conseguimento di una reale uguaglianza nelle società moderne», ha detto Marija Pejcinovic Buric, segretario generale del Consiglio d’Europa. Non che i governi, quelli italiani compresi, non ne siano consapevoli, ma difficilmente le misure diventano concrete.
L’ultima proposta in Italia è il Family Act ed è un pacchetto di misure che comprende l’assegno universale per i figli, contributi per le rette di asili e nidi, congedo parentale più lungo e indennità integrativa per le mamme lavoratrici. Gli obiettivi dichiarati dal premier Conte dopo il varo del testo in consiglio dei ministri sono il sostegno alla genitorialità, il contrasto della denatalità, l’aiuto alla conciliazione famiglia-lavoro.