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Coronavirus: sale la preoccupazione per i nuovi focolai

Otto morti e 208 nuovi casi, a fronte di un ridottissimo numero di tamponi effettuati (circa 22mila, record negativo da fine marzo): sono i dati dell’ultimo bollettino sull’emergenza coronavirus in Italia riportati da Today.it. La fase più acuta della pandemia nel nostro Paese è stata superata, ma la battaglia è tutt’altro che vinta: a preoccupare, infatti, sono i piccoli focolai da Nord a Sud e i casi importati dall’estero.

I focolai però non devono spaventare, ha spiegato Andrea Crisanti, virologo e direttore del laboratorio di Microbiologia dell’Università di Padova: “Sono normali. Già ad inizio di aprile avevo detto che l’epidemia sarà costellata da tanti focolai e che bisogna avere la capacità di isolarli e controllarli. A questo punto aggiungo che probabilmente a ottobre-novembre saranno sicuramente più frequenti e di dimensioni maggiori. Tutto si basa sulla nostra capacità di reazione, sulla tempestività con la quale vengono identificati i focolai e sulle procedure che verranno applicate. La differenza sta tutta lì. Paradossalmente dipende da noi”.

Coronavirus, lo studio: intercettare un terzo degli asintomatici per spegnere i focolai

Isolare tutti i casi con sintomi, tuttavia, non basta ad evitare l’insorgere di un nuovo focolaio di coronavirus. Per fermare la “trasmissione silenziosa” di Covid-19 occorre intercettare e isolare una buona parte dei pazienti asintomatici o paucisintomatici (cioè con lievi sintomi). Sì, ma quanti? Almeno un terzo del totale. Sono le conclusioni di uno studio pubblicato su Pnas (Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America), una delle riviste scientifiche più note a livello internazionale.

Lo studio in questione delinea la strategia migliore per frenare la corsa di Sars-Cov-2 e i nuovi focolai. L’analisi della trasmissione di Covid-19 attribuisce un ruolo chiave alle cosiddette infezioni “silenziose” – quelle che colpiscono persone che si trovano nella fase presintomatica o che hanno infezioni asintomatiche – e suggerisce che persino l’isolamento di tutti i pazienti sintomatici potrebbe non bastare a sopprimere nuovi focolai. Almeno un terzo dei casi asintomatici – è la conclusione di questo studio – dovrebbe essere rilevato e isolato per ridurre il tasso di “attacco” al di sotto dell’1%, secondo il team di Alison P. Galvani, della Yale School of Public Health di New Haven.

L’incidenza degli asintomatici tra tutti gli infettati

I ricercatori spiegano: “Nel nostro studio abbiamo valutato il contributo della trasmissione presintomatica e asintomatica sulla base di recenti dati relativi all’infettività prima dell’insorgenza dei sintomi e all’incidenza degli asintomatici tra tutti gli infettati. Abbiamo scoperto così che la maggior parte dell’incidenza può essere attribuibile alla trasmissione silenziosa del virus, a causa di una combinazione dello stadio presintomatico e delle infezioni asintomatiche”. Di conseguenza, “anche se tutti i casi sintomatici venissero rilevati ed isolati, può comunque manifestarsi un vasto focolaio” di casi di Covid-19.

E la conclusione dello studio è la seguente: “Abbiamo ulteriormente quantificato l’effetto dell’isolamento delle infezioni silenziose in aggiunta ai casi sintomatici, scoprendo che dovrebbe essere isolato oltre un terzo delle infezioni silenziose per sopprimere un futuro focolaio”. Insomma, “i nostri risultati – conclude il team di ricercatori – indicano che l’isolamento basato sui sintomi deve essere integrato da una rapida tracciabilità dei contatti e da test che identificano i casi asintomatici e presintomatici, per poter rimuovere in sicurezza le attuali restrizioni e ridurre al minimo il rischio di una ripresa dell’epidemia”.

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