Le ragioni del successo del Pd sono molteplici e tutte insieme hanno contribuito al raggiungimento di un risultato storico che vede non solo primeggiare di gran lunga il partito rispetto ai suoi avversari, ma anche guadagnare più di 3 milioni di voti rispetto alle Europee del 2009 e ben 2,5 milioni di voti rispetto alle recenti elezioni politiche del 2013. Insomma, risultati notevoli! La ragione principale, tuttavia, è sicuramente legata alla leadership di Matteo Renzi che sta riuscendo ad avviare un processo di rinnovamento interno di cui il Pd sentiva francamente bisogno già da tempo. Il partito aveva finito per identificarsi eccessivamente col vecchio gruppo dirigente, perdendo la capacità di aprirsi in maniera sincera e convinta alle nuove idee provenienti dalla società… E queste sono cose che gli elettori percepiscono in maniera negativa. Come si può pensare che le stesse persone che erano già presenti nella svolta del PCI abbiano nel loro vocabolario le parole e i concetti per interpretare e rappresentare un mondo drasticamente cambiato?
Matteo Renzi è riuscito a scuotere il Pd accelerando un reale rinnovamento che passa sia dal ricambio dei quadri del partito, ma anche dall’interrogarsi su questioni più controverse
ma urgenti, come sul significato stesso di “sinistra”. Il suo carisma personale, ovviamente, gli sta rendendo tutto più facile. Gli elettori lo trovano credibile e di fronte a questa novità molti votanti di sinistra e di centro hanno reagito con entusiasmo dando il proprio voto sì al Pd, ma anche quale mezzo per manifestare approvazione verso Renzi. Ne è la prova l’analisi dei flussi elettorali elaborata dai ricercatori dell’Istituto Cattaneo, i quali hanno messo in evidenza come il Pd abbia attratto voti principalmente da Scelta Civica e in misura nettamente minore dall’ex PdL e M5S.
Insomma, gli italiani domandano un cambiamento di cui il Paese ha drammaticamente e improcrastinabilmente bisogno e premiano chi credono possa favorire una fase nuova. Questi soggetti attualmente sono Renzi e Grillo: se si sommano i voti dei partiti a loro legati ci si rende conto quanto questa istanza sia forte.
Ma perché gli elettori si sono così disaffezionati al centrodestra?
«Ci sono in gioco ragioni ‘strutturali’. Dobbiamo renderci conto che la storia del centrodestra italiano della ‘seconda Repubblica’ si sovrappone in grossa parte – in modo fatale – con la storia politica e personaledel suo leader. Berlusconi è stato ilprimo politico in Italia a trasformare inmodo sostanziale lo spazio politico operandouna sovrapposizione tra la sfera pubblicae quella privata. Voglio dire che lacapacità di Berlusconi di riscuotere consensoelettorale si è fondata costitutivamentesu una ‘narrazione’ in cui l’elemento personale(il successo imprenditoriale) è diventatofonte di legittimazione e credibilitàdell’uomo politico, quindi della figura pubblica.Agli occhi di una parte importante delsuo elettorato, il fattore strettamente personaleha sempre rappresentato un motivo diaffidabilità politica. Nel momento in cui lafigura privata di Berlusconi ha iniziato a decadere(per motivi anagrafici, morali e non ultimi processuali) anche la figura politicaha iniziato a indebolirsi e con essa ForzaItalia. Infatti, sebbene nel corso di vent’anniquesta forza politica abbia raccolto milionidi voti, abbia governato numerose realtà localientrando in contatto con le energie dellasocietà, la sua natura è sempre stata quelladi un’organizzazione fortemente gerarchica con al vertice un leader indiscusso che di fatto era anche, in senso stretto, un capo:colui che sì ascoltava chi lo circondava mache in ultima istanza era in grado di dettaresempre la propria linea (celebre e recente ful’improvvisa dichiarazione di fiducia di Berlusconial Governo Letta dopo che numerosi esponenti avevano già preannunciato il votocontrario… il partito, ovviamente, si adeguòal cambio di rotta del capo).
È per questo motivo che, come dicevo all’inizio, le cause del netto arretramento di Forza Italia penso siano più strutturali di singoli fattori minori che ci sono sempre stati. Diciamo che Berlusconi operava una sintesi delle differenze che animano il centrodestra e che con il suo declino tutte le contraddizioni sono esplose fragorosamente».
Il centrodestra ha quindi un problema di identità. Magari potrebbe attuare procedure care alla sinistra e avvalersi di slogan del Pd per catturare di nuovo elettori?
«Bella domanda! Le primarie sono state uno strumento importante nel centrosinistra, anche se in modo eccentrico rispetto agli altri contesti occidentali in cui sono state e sono usate. Infatti, non sono mai servite realmente per selezionare i leader, ma per legittimarli. Storicamente hanno sempre vinto i candidati che il gruppo dirigente voleva che vincessero (anche nella sfida Bersani-Renzi). Stessa cosa nelle ultime primarie: si sapeva già che avrebbe vinto Renzi, ma in questo caso la forte affluenza è servita al nuovo segretario per legittimarlo ad avviare un processo di rinnovamento della classe dirigente del partito, che non avrebbe dovuto essere una delle funzioni delle primarie. Ciò detto, è certo che nonostante le primarie ‘preconfezionate’, per così dire, il Pd con questo strumento ha introdotto nel sistema politico italiano un reale mezzo di partecipazione, aprendo un importante varco che non ha mancato di democratizzare lo scenario politico del centrosinistra (soprattutto in contesti meno alla ribalta dove è stato possibile operare una più genuina selezione dei candidati). Le idee sono semi piccoli ma destinate e diventare forti alberi se il terreno è fertile, e le primarie hanno introdotto un importate precedente nella politica italiana. Che lo stesso strumento possa servire oggi al centrodestra per selezionare un nuovo leader è una questione più complessa. Nonostante gli sforzi dei vari attori che animano quella parte politica, Berlusconi non è uno dei leader del centrodestra ma è il centrodestra, per così dire, e questo rende più problematica ogni ‘rottamazione’. Poi c’è il discorso della difficoltà ad accettare le primarie. Bobbio diceva che uno dei temi fondamentali in un sistema democratico è la democrazia interna ai partiti. Bene, se è vero che questo è un punto problematico in molti partiti italiani, è altrettanto vero che l’articolazione di Forza Italia su questo punto è particolarmente deficitaria, lasciando intravedere una difficile convergenza con la logica democratica delle primarie. In ogni caso, verosimilmente nel centrodestra si sono avviati dei processi più profondi che richiederanno tempi più lunghi per giungere a maturazione. Ma il tema più importante, dal mio punto di vista, non è tanto come il centrodestra selezionerà il proprio futuro leader, ma se a questo processo si accompagnerà la definizione di un’area politico-culturale chiara e riconoscibile. La logica di guerra civile degli ultimi due decenni ha contribuito in modo significativo a bloccare l’Italia mettendone in ginocchio non solo il tessuto economico, ma anche quello politico e civile, e mettendo in secondo piano quello che dovrebbe essere il tema principale su cui si confrontano/scontrano i partiti: le idee e la progettualità politica. A questo proposito mi torna in mente uno dei ‘padri’ della politica moderna. Il pensatore inglese del XVII secolo Thomas Hobbes, che nella sua più celebre opera diceva che gli uomini danno vita alla politica perché si rendono conto che senza l’ordine che da essa si emana si vivrebbe in un continuo stato di caos e di guerra, che lascia i Paesi in una condizione di insicurezza in cui non si investe più nel futuro. Ecco, a me sembra che in Italia la politica invece di contribuire a creare la pace abbia fatto di tutto per alimentare un clima di guerra dove, come diceva il nostro amico inglese, cresce il caos, e nel caos si perdono i riferimenti, quindi non c’è più né giusto, né sbagliato. La domanda che dovremmo porci è: perché si è cercato tanto ostinatamente questo clima di guerra? Con quale fine? La risposta ci porterebbe lontani, ma diciamo che quello che conta ora è che in Italia sembra si sia imboccata una rotta differente. Le spinte dal basso stanno obbligando il sistema politico a una innovazione forte. Credo che allo stato attuale non importi tanto il perché e il per come, basta che si prosegua ostinatamente la via del rinnovamento. In questo Grillo ha giocato un ruolo storico importante riuscendo a stimolare i partiti consolidati. Siamo ancora in una fase magmatica, ma i movimenti che si sono avviati sembrano farci intuire che la via intrapresa condurrà a un importante mutamento del sistema politico italiano».