Beirut, La scorsa notte, Beirut è stata ancora per una volta meta di disordini, tant’è che una violenta protesta antigovernativa è scoppiata nella zona del Parlamento della capitale libanese, a rendere pubblica la notizia è Bbc online, che riporta: «scontri tra decine di dimostranti e forze dell’ordine». La polizia, per disperdere i manifestanti scesi in strada per denunciare il malgoverno e la corruzione, ha fatto uso di gas nervini meglio conosciuti come lacrimogeni.
Dopo l’esplosione che ha provocato danni al momento incalcolabili, a circa 48 ore dalla terribile deflagrazione che martedì pomeriggio ha causato numerose vittime, al momento si contano almeno 157 morti e sarebbero oltre 5.000 feriti. La capitale, è avvolta da un’aria di rabbia e di dolore. Ruspe, gru, macchine per la movimentazione terra ed ogni ausilio idoneo alla rimozione delle macerie, lavorano senza sosta, si continua a cercare tra le macerie nella speranza di trovare superstiti. Secondo la Croce rossa libanese, mancano ancora all’appello un centinaio di persone. A coordinare le operazioni di ricerca nella zona del porto, ci sono soccorritori e militari, al lavoro da oltre 48 ore: «Stiamo facendo tutto il possibile perché crediamo possano ancora esserci persone vive intrappolate sotto le macerie, ma sinora abbiamo trovato solo resti di persone irriconoscibili, nonostante che alcuni Paesi stranieri stanno mandando soccorsi, ma potrebbe comunque essere troppo tardi per chi è intrappolato sotto le macerie». I familiari dei dispersi, nonostante le effimere speranze rimaste, non hanno mai smesso di sperare, restando vicino alla “ground zero” di Beirut, dichiarato off-limits da martedì. E’ da considerare anche l’emergenza sfollati. L’esplosione, ha lasciato senza casa oltre 300.000 persone. E tra queste, secondo le stime dell’Unicef, il fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, 80.000 sarebbero bambini, un dramma nel dramma. L’onda d’urto ha lasciato lungo la scia oltre morti e feriti anche danni a 12 strutture sanitarie primarie quali: centri di assistenza materna, neonatale e per le vaccinazioni, ciò sta rendendo ancora più complicata la cura delle migliaia di feriti. Violet Speek-Warnery, rappresentante Unicef in Libano ha dichiarato: «nelle ultime 24 ore, l’Unicef ha continuato a coordinarsi strettamente con le autorità e i partner sul campo per rispondere ai bisogni immediati delle famiglie colpite, concentrandosi sulla salute, l’acqua e il benessere dei bambini». Intanto, le indagini su quanto accaduto proseguono senza sosta. In questi giorni sono saliti a 16 le persone arrestate, tra cui c’è anche il direttore generale del porto, Hassan Koraytem. La magistratura, secondo fonti di stampa libanesi, ha inoltre disposto il congelamento dei conti di 7 persone, tra cui lo stesso direttore del porto e il capo della dogana libanese, Badri Daher. Le autorità, hanno interrogato più di venti funzionari portuali e doganali e altri coinvolti nei lavori di manutenzione del magazzino esploso. Il presidente francese, Emmanuel Macron, in un tweet postato in occasione della sua visita a Beirut ha dichiarato: «Ci sarà un prima e un dopo il 4 agosto 2020. Se il Libano si risveglia oggi sfinito e straziato, so che si risolleverà con tutto ciò che fa la sua forza e che ha fatto la sua forza durante il corso della sua storia. Ha le capacità di un rilancio. E lo dico nuovamente: noi ci saremo», il capo dell’Eliseo, ha continuato: «Sono qui per lanciare un’iniziativa politica per chiedere ai dirigenti libanesi di procedere con le riforme, un profondo cambiamento e la lotta alla corruzione». Infine ha annunciato anche una conferenza internazionale per raccogliere fondi per la ricostruzione e il rilancio di Beirut. Sarà «una conferenza internazionale di sostegno e assistenza a Beirut e alla popolazione libanese per mobilitare finanziamenti internazionali da parte di europei, americani e di tutti i Paesi della regione e oltre». Il presidente francese ha spiegato: «Ogni finanziamento raccolto sarà gestito con piena trasparenza». Fonti UE informano che alla videoconferenza di domenica 9 agosto, saranno presenti con vertici della comunità europea. Un appello accorato per la ricostruzione di Beirut è stato diffuso anche da S.E. Mounir Khairallah, vescovo di Batroun, nel nord del Libano. Sulle pagine di «CattolicaNews», organo d’informazione dell’Università cattolica del Sacro Cuore: «Noi libanesi, forti della nostra storia, dei nostri legami di amicizia con tanti Paesi e popoli nel mondo, della nostra fede, della nostra speranza, della nostra solidarietà e dei nostri valori comuni, noi siamo capaci di ricostruire Beirut per l’ennesima volta e di ricostruire il nostro caro Libano, come lo volevano i nostri padri, un Paese messaggio di libertà, di democrazia, di convivenza». Ancora una dura prova per questa nazione, che con senso di umiltà e compostezza ha iniziato un cammino di ricostruzione, la popolazione libanese è ben nota per la forza che esprime nelle dure prove che negli anni ha superato, oggi quando accaduto al porto di Beirut, ha sicuramente messo a dura prova l’intera nazione minandone le fondamenta, ma il paese dei cedri anche questa volta avrà la forza di rialzarsi e proseguire il suo cammino.
A cura di Raffaele Fattopace