Di Pierluigi Melillo
Dal trionfo alle Europee al mezzo flop alle amministrative. L’imprenditore Silvio Sarno, trascinato dalla passione per la politica fin dentro l’assemblea nazionale del Pd, guarda alle aride cifre elettorali con la praticità del capitano d’industria. «Ora il vero problema sarà gestire a livello territoriale questa sbornia elettorale», dice con tono preoccupato negli studi di Telenostra, emittente avellinese del circuito Lunaset.
Intanto, presidente Sarno, queste elezioni europee hanno consacrato la netta vittoria di Renzi.
«Guardi, credo che la valutazione debba essere fatta tenendo conto del dato nazionale e anche della circoscrizione a cui si fa riferimento. Certo, il Partito democratico è andato molto bene ma è anche vero che il Sud e le isole hanno segnato il passo».
E allora?
«C’è da partire da un dato: oggi ascriviamo giustamente a Renzi il merito di questo risultato largamente positivo. Però, una valutazione più attenta deve tenere conto di un altro fatto, ossia che a vincere sono stati gli italiani, quelli che alla fine senza alcuna indecisione, al momento del voto, hanno scelto tra Grillo e il Partito democratico».
Ma perché è preoccupato per la gestione della vittoria?
«Perché si rischia di non ragionare sul valore del voto e di coprire nello stesso tempo errori di dirigenze locali non all’altezza della situazione. Oggi, invece, dobbiamo soprattutto ringraziare gli italiani che hanno creato le condizioni per la nascita di un blocco di centro sinistra in cui anche la sinistra cosiddetta estrema può avere uno spazio, avendo superato lo sbarramento del quorum».
Ma nel Pd che vince, allora, cosa c’è che non va?
«Le ripeto: sono preoccupato più per la sbornia del risultato elettorale che per il risultato stesso. E questa preoccupazione aumenta nel vedere che il partito non è unito, basta andare a rivedere le varie v valutazioni sul voto che hanno espresso gli esponenti del partito democratico. E si capisce che non c’è stato un percorso che ha poi portato tutti insieme al risultato finale».
E il Pd ora cosa dovrebbe fare?
«Di sicuro va aperta una riflessione al nostro interno per capire se gli elettori hanno premiato il Pd perché hanno letto la difficoltà del paese nel contesto europeo oppure se vogliamo continuare a fare ipocritamente la parte di quelli che ce l’hanno fatta in un momento in cui è il paese che non riesce a superare la crisi».
Ma che cosa deve cambiare nella gestione del Partito democratico a livello locale?
«Ho sperimentato sul campo quant’è difficile entrare nelle dinamiche del partito. Sono stato tra i candidati alle primarie in una lista (Cuperlo, ndr.) molto più a sinistra rispetto a quello che oggi rappresenta il Pd di Renzi. E le posso dire che ho avuto sgambetti incredibili da chi, invece, immaginavo avesse l’interesse a rinnovare la classe dirigente del partito».
Per questo, allora, la gestione della vittoria rischia di essere un problema?
«In una serena analisi del voto bisognerebbe capire che hanno votato il Pd anche coloro che non sono sostenitori del centro sinistra. Tanti miei amici che alle politiche avevano votato per protesta per Grillo pensando di dare uno schiaffo al sistema, stavolta invece hanno detto: con il naso turato voteremo per il Pd perché non c’è un’alternativa. Altri, e sono tanti, non sono proprio andati a votare. In questo senso il voto per le Europee andava vissuto e gestito diversamente».
Quindi, ora il Pd che percorso dovrebbe avviare?
«Al di là del risultato esaltante, il lavoro vero da fare è quello di continuare nell’azione avviata da Renzi per rinnovare sul serio la classe dirigente del partito. Oggi la segreteria provinciale e regionale non possono esimersi dal fare valutazioni attente, scommettendo sul reale rinnovamento degli uomini e della politica».
Un voto dai due volti anche nella sua Irpinia, dove il Pd è affondato ad Ariano Irpino e si è frantumato a Montoro. Come lo spiega?
«Il Pd ad Ariano va ricostruito, è cosa nota, ma lì come a Montoro e in altri importanti comuni abbiamo dovuto registrare l’assoluta mancanza di una regia in grado di unire le differenti compagini che dentro e fuori il partito hanno dimostrato, ben prima della chiamata alle urne, di saper essere protagonisti nei rispettivi territori. Il Pd avrebbe dovuto porre alle fondamenta delle scelte che si è maldestramente ritrovato a compiere un metodo fondato su esperienza e competenza, autorevolezza e credibilità. Pare superfluo rimarcare che la strada scelta è stata un’altra».
Ora inizia la corsa per le regionali. Cosa si aspetta?
«Il mio impegno sarà quello di calmare i bollori di questa sbornia elettorale e lavorare sui contenuti: il vero tema è capire che prospettiva vogliono i partiti per la Campania al di là dei tatticismi».
Quindi, che fare?
«Bisogna lavorare sulle proposte e non sui candidati, sperando che Renzi acceleri sulle riforme prima che gli alleati possano riuscire a recuperare. Per altro, sarebbe opportuno pescare nuovi candidati anche attraverso le primarie per proporre il cambiamento. Ma le confesso che, alla luce di quello che è avvenuto a livello locale nel Pd, non nutro molte speranze».