E’ massima attenzione sui numeri in salita di casi di coronavirus. Quello che preoccupa non è tanto il numero totale di nuovi contagiati, che una percentuale tra tamponi fatti e positività accertate praticamente costante, ma piuttosto quello dei casi seri che richiedono in ricovero in terapia intensiva. Mercoledì si è sfondata quota 100 per la prima volta da metà giugno, arrivando a 109 pazienti, con un incremento di 42 rispetto solo a sei giorni fa.
Non siamo ancora a un dato che possa far scattare l’allarme, ma che sicuramente invita alla prudenza. La curva ha infatti avuto un’impennata evidente negli ultimi giorni, associata all’aumento dei casi totali. Se da giugno a luglio le terapie intensive si sono costantemente svuotate, arrivando al numero di 38 totali, da quel momento hanno iniziato a risalire. Prima lentamente, con pochi nuovi ricoverati giornalieri, e poi con un’incidenza sempre maggiore, fino ad arrivare all’ultima settimana, con un’accelerazione che può essere messa in relazione all’aumento delle scorse settimane dei casi totali, quando si è iniziato a superare i mille contagi giornalieri.
“L’aumento dei ricoveri in rianimazione si registra in media 2 o 3 settimane dopo quello dei contagi – spiega alla “Stampa” Antonino Giarratano, vicepresidente della società di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva, è quasi certo dunque che la curva continuerà a crescere da qui alla fine del mese senza che questo scateni un panico ingiustificato. E anche se al momento il numero dei ricoverati in intensiva è superiore a quello del 29 febbraio (105), ovvero subito prima del propagarsi dell’epidemia, lo scenario complessivo è molto diverso.
Le Regioni più colpite: Dei 26.754 casi attivi al 1 settembre, sottolinea la Fondazione Gimbe, il 50,2% si concentra in tre Regioni: Lombardia (7.082), Lazio (3.285), Emilia-Romagna (3.061). Un ulteriore 41,9% si distribuisce tra Veneto (2.460), Campania (2.292), Toscana (1.581), Piemonte (1.464), Sicilia (1.152), Puglia (860), Sardegna (837), Liguria (560). I rimanenti 2.120 casi (7,9%) si collocano nelle restanti 8 Regioni e 2 Province autonome con un range che varia dai 30 della Valle d’Aosta ai 406 dell’Abruzzo.