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Torta Caprese. Dolce cintura nera di immaginazione, grazie di resistere

Quando lasci Roma per Capri passi in tre ore da una zona del mondo a un’altra. È come se passassi un oceano. Un salto che normalmente ti richiede dodici ore di aereo. C’è una trasformazione così radicale del paesaggio, della orografia, di tutto, che all’improvviso passi da una dimensione a un’altra. E quella in cui passi, quando arrivi a Capri, è la dimensione del mito. Poi questo mito è stato sporcato, degradato, quel che vuole. Ma nonostante tutto… se Dio non avesse fatto Capri, quanto imperfetta sarebbe stata la sua opera!

Pensateci miei cari lettori, l’isola di Capri è uno dei punti magnetici dell’universo, dove ogni cosa si sposa alla perfezione, lì, dove trovi sempre l’azzurro, pur se non è lo stesso azzurro, mai. Com’è possibile che una torta al cioccolato dall’aspetto dimesso, quasi austero, come la torta caprese, abbia finito per simboleggiare una parte consistente o, comunque, caloricamente rilevante dell’anima di un luogo plateale e sgargiante come Capri?

E’ quantomeno curioso che il dolce più rappresentativo sia quello che meno di tutti “fa Capri”,pare sia nato da un errore: un disco al cioccolato, la cui massa piatta e scura è interrotta qua e là da una scheggia di mandorla tritata. La paternità  di questa torta è da attribuire ad un importante chef degli anni 20, Carmine Di Fiore, che creò questo dolce casualmente nel suo laboratorio di pasticceria sull’isola di Capri.

La vicenda vuole che il cuoco, mentre era intento alla creazione di una torta al gusto di mandorla, destinata ad una clientela molto esigente, malavitosi che si trovavano sull’isola, per la fretta o per la preoccupazione, dimenticò nella preparazione del dolce, di inserire un’ingrediente fondamentale ovvero la farina. Quello che doveva preannunciarsi come un disastro soprattutto per le sorti del povero chef,  divenne invece un vero e proprio tripudio. I tre malavitosi infatti apprezzarono così tanto questa torta che vollero a tutti i costi la ricetta. Da quel momento in poi inizia la scalata verso il successo di questo dolce divenuto ormai un cult della pasticceria partenopea molto amato e la cui ricetta viene tramandata nel tempo. Sbagliando si impara, o meglio ancora potremmo dire in questo caso sbagliando s’inventa! Ma non sembra la sola, sono molte le leggende sull’origine della torta caprese.

Quasi tutte concordano sul  non farla nascere in pasticceria, ma nella cucina di qualche villa dal nome mitteleuropeo, cullata da un soffio di cosmopolitismo ma nutrita sostanziosamente di ingredienti locali. Una delle meno accreditate e più verosimili (con buona pace di quella coi sicari di Al Capone) comincia a metà degli anni Quaranta con Jolanda (madre della Brunella di Terrazza Brunella), grande raccoglitrice di mandorle nel parco di Villa Vismara, di cui era custode insieme al marito. Una dama della diplomazia russa, conosciuta come “La Principessa”, ospite della villa, le domandò un dolce che le ricordasse sapori dell’infanzia distante e aristocratica. Le mandorle c’erano, gli Alleati avevano da poco introdotto le tavolette di cioccolata, e la torta fu fatta.

Non ci sono decorazioni di caprese sbagliate: le torte sono spesso istoriate come arti ingessati. Gli ornamenti più interessanti sono a forma del centrotavola di pizzo che ha fatto da setaccio al momento della loro esecuzione. I pasticceri più canonici non addobbano affatto. Se proprio dovete decorare una torta di mandorle, invece del pur molto diffuso copy — lapalissiano e, francamente, un po’ sospetto — “Torta Caprese”, scegliete di farvi ricordare per aver saputo aspettare l’ultimo momento e aver scritto t’amo sul gâteau.

Di tante cose “alla caprese”, dai pantaloni all’insalata, la torta è l’unico in grado di ricongiungere Capri a un passato in cui era l’isola più greca del Tirreno, misterica ma a portata di mano (superate le correnti e domati i venti), straniera e napoletana, insidiosa ma accogliente. È un dolce a sfioro, un’infinity cake in cui la volta del cielo e le briciole in terra costituiscono un unico fluire, accorciando le distanze tra la Capri palese e quella recondita, quella elegantissima e quella popolarissima. Per questo il suo interno deve essere sempre umido e mai secco. La caprese non è una torta elaborata, non è fatta di diversi strati con più consistenze: ha un impasto grossolano che si gira tutto insieme. Ma ogni boccone è una storia. E, adesso, anche se non vedete niente, vi passa tutta Capri davanti.

 

 

 

 

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