Torna, con l’apertura delle scuole, il dibattito sul consumo e tipologia della merenda, abitudine alimentare che sarà celebrata il 17 settembre con la “Giornata Mondiale della Merenda”. L’abitudine ha le sue radici nella civiltà contadina di inizio Novecento quando la merenda era considerata come un pasto che si otteneva come ricompensa di merito per il lavoro svolto a casa o nei campi, da qui l’origine del suo nome che deriva dal latino “merere”. Oggi, il rito della merenda, passata negli anni nella sua proposta da un pasto salato a un pasto dolce e in un formato tascabile e monoporzione, trova il suo massimo punto di celebrazione sui social con un “tripudio di torte e brioche alla crema che appagano molto di più la vista e il palato della coscienza” nonostante si sia affermata negli anni sempre più la linea salutare.
Dati alla mano i ricercati riportano che sui social gli hashtag #merenda (oltre un milione di post) e #merendaitaliana (oltre 250 mila) su Instagram mostrano una merenda succulenta, mentre TikTok (hashtag #merenda e #merendatime) stimola ricette e challenge quasi esclusivamente a base di biscotti e merendine industriali. Un trend di promozione che secondo gli analisti contraddice la tendenza che si affermata con lo “snack salutare”, dopo le statistiche nazionali in merito alla popolazione sovrappeso. Da un punto di vista dei numeri viene segnalato che è consumata dal 38% degli italiani, secondo una ricerca Doxa-Aidepi. I maggiori fruitori sono i bambini, con il 97% di loro che la consuma abitualmente nella fascia pomeridiana, secondo una ricerca dell’Ospedale San Paolo di Milano e Spes.