“L’obesità è una malattia, non ne faccio uno stile di vita. Ma ho imparato ad accertarmi, conosco il mio valore e so che va oltre la mia fisicità, per questo promuovo su Instagram un messaggio di rispetto e inclusione rivolto a tutti, a prescindere da peso, taglia, sesso ed età”. Contro il body shaming e il cyberbullismo, “e i danni che provocano su persone fragili” ecco la ricetta di Cinzia Tommasi. Ha le idee chiare e un entusiasmo coinvolgente la 30enne architetto milanese, da due anni cinzia.in.wonderland su Instagram. Di (seconda) professione è bodypositive blogger. “Non semplicemente fashion blogger – precisa a Tgcom24. – Perché trasmetto messaggi positivi e rispondendo a tutti i miei 11mila follower a volte mi trovo anche a indossare le vesti della psicologa, pur non avendone le competenze. Ma aiutare il prossimo, come d’altronde la moda, sono passioni che mi accompagnano fin da bambina”.
Come nasce il suo impegno di bodypositive blogger?
“La mia pagina su Instagram due anni fa è nata per dimostrare che con una taglia superiore agli standard che la moda italiana impone ci si può vestire bene e si può avere stile. L’incontro successivo con la modella curvy Laura Brioschi mi ha reso un’attivista nel campo, aderendo alla sua onlus BodypositiveCatwalk. Così ho potuto estendere il mio messaggio di inclusività non solo a me stessa ma a livello europeo, arrivando fino a New York”.
In che modo?
“Nei nostri eventi sfiliamo in lingerie e costumi basic. Spogliandoci dei pregiudizi della società, promuoviamo così il rispetto per tutte le persone, senza distinzioni di taglia, età, orientamento sessuale. Gli eventi dell’associazione sono stati fermati dal Covid, ma ad ottobre, in piazza Duomo a Milano, eravamo 300 modelle curvy a sfilare davanti a un migliaio di presenti”.
Tutto nasce dall’esperienza personale?
“Sono in sovrappeso fin da piccola. So che il mio corpo non è clinicamente sano, anche se non ho problemi con il cibo, faccio attività fisica e cerco di mangiar bene. Ma il mio carattere esuberante, che mi porta a voler stare sempre al centro dell’attenzione, unito alla mia passione per la moda, mi hanno fatto intraprendere questa nuova strada, che corre parallelamente a quella accademica di architetto. Mi piacciono da sempre le cose ricercate, da bambina sognavo di fare la stilista e disegnavo abiti, sono molto creativa, e rifiuto il fatto che la moda italiana ponga attenzione fino alla taglia 46/48. Per me che porto la 52/54 per 175 centimetri di altezza vuol dire essere estromessa dal piacere di un pomeriggio di shopping con le amiche. E infatti sono costretta a comprare solo online. Ma non possiamo limitarci o angosciarci per la nostra fisicità”.
Su Instagram si espone anche agli attacchi?
“Non parlo di salute, non dico che “grasso è bello”, né l’ingozzarmi mi appartiene. Per questo respingo al mittente commenti di chi mi attacca su ciò, in particolare donne. Gli hater uomini si limitano invece alle emoticon di disgusto. Ma sono temprata; questi attacchi vacui mi scivolano addosso, perché solo io posso sapere perché sono così e giudicarmi. Ricordo un messaggio che mi ferì particolarmente all’inizio: ‘Da una così grassa non ci si può aspettare cervello’. E invece con la mia vita professionale dimostro esattamente il contrario e diffondo il messaggio che nessuno è definibile in base al proprio corpo e che anche le oversize possono realizzarsi nella vita. Basta non chiudersi in se stessi e darla vinta alle critiche negative non costruttive”:
Chi sono i suoi follower?
“Le più assidue sono donne nelle fasce d’età 18-24/24-35. Ma ci sono anche signore mature e con figli. Mi seguono e contattano anche uomini: fidanzati che mi raccontano della propria ragazza con problemi di peso che non sanno come aiutare, ma anche tante persone discriminate, a prescindere dal peso. E io mi rivolgo a tutti”.
Riesce a gestire la sua vita e quella sui social?
“Sono un po’ iperattiva e penso che se ti piace quello che fai, non ti stanchi mai. Rispondo a tutti, a ogni singolo commento, a ogni messaggio”.
Cosa la colpisce di più in questa attività?
“Quanto male e sofferenza possano generare gli altri con una battuta, un sorrisino rivolto all’aspetto fisico altrui. E spesso questo tipo di attacchi non arriva da sconosciuti, ma dalla famiglia. E se è una madre a farlo, magari quotidianamente, l’effetto sulla figlia è devastante. Alle giovanissime consiglio di parlare, di parlarne apertamente anche a casa”.
Impedimenti da coronavirus a parte, quali programmi per il futuro?
“Scrivere un libro resta nei miei sogni. Più realizzabile quello di rendere una mia vecchia giacca una tinsel jacket per i miei 30 anni, il prossimo mese. Ho già acquistato le frange da mettere su e seguirò un tutorial. Grazie alla diffusione del mio profilo, impostato sul fashion, poi, ho già ricevuto l’invito da un brand per sfilare a New York a febbraio 2021. Vedremo, intanto continuo ad aiutare gli altri trasmettendo positività e consapevolezza di sé”.