Food

Mi mangio l’arte (più o meno)

Il confine tra opera d’arte e cibo di alta ristorazione si assottiglia sempre di più: la domanda, miei cari lettori, che  dobbiamo porci è “Mangeresti mai un piatto brutto?” Se lo fa la Nonna probabilmente lo mangerei! Se non mi comunica alcuna emozione no.

Probabilmente sulla faccia del pianeta non è rimasto un solo individuo disposto a negare che l’enogastronomia sia un’arte. Viviamo in un’epoca in cui il cibo è glamour: in TV, sulle pagine patinate dei magazine, sugli scaffali delle librerie e soprattutto sui Social spopolano fotografie di piatti meravigliosi, così belle e raffinate al punto di far venire l’acquolina in bocca solo a guardarle.
E’ incredibile come negli ultimi anni l’arte dell’impiattamento si sia evoluta così velocemente, creando così nuove discipline come il Food Design, il Food Styling e la Food Photography degne di essere oggetto di una miriade di corsi e master nelle migliori scuole di design e di cucina.

Lo stato dell’arte in Italia è fertile, sempre. Idem il mondo food dopo il lock down, che stabilizza nell’incertezza i nuovi modi per continuare a sedurre papille. Pensate all’Arte culinaria partenopea. Napoli, è una città, benché attanagliata da innumerevoli problematiche di varia natura, dalle mille risorse, tra cui oltre alle bellezze naturali, annovera l’arte della cucina, forse unica al mondo. Lo scrittore Florio Agnico, a tal proposito, nella sua opera sul poeta latino Tito Livio, afferma che non solo d’Italia, ma di tutto il mondo, la provincia più bella è Napoli, poiché in nessun’altra località, il cielo è così azzurro, così  temperato, il clima è così mite che fioriscono per ben due volte gli alberi, ma soprattutto, così bene, non si mangia da nessuna parte.

Grazie a questa fantastica descrizione l’arte culinaria partenopea non poteva che ascendere ai più alti onori, e la cucina italiana, dappertutto celebrata e magnificata, nonché invidiata da tutti deve la sua fama, non tanto ai pur buonissimi  tortellini emiliani, o agli ottimi risotti alla milanese, oppure  alle tante altre prelibatezze regionali, ma in modo particolare  alla pizza, agli spaghetti, alla pastiera, alle sfogliatelle, al babà ed ai tipici prodotti dell’arte culinaria partenopea, divenuta all’unanimità ambasciatrice della gastronomia italiana nel mondo. Questa tendenza vale sicuramente in tutto in Mondo ma in Italia in particolare l’arte culinaria è sempre stata un fiore all’occhiello del nostro Bel Paese.  Ci piace mangiare, e mangiare bene, e ci piace altrettanto cucinare. Probabilmente per questo da noi nascono con una frequenza sorprendente decine di attività riguardanti il settore food & beverage: dai bar alle pizzerie, dai ristoranti passando per tutte le sfumature di un settore estremamente vario. Locande, Trattorie, Smokehouse, bar, Sushi bar, Hamburgerie, Steak House, gelaterie, pasticcerie: l’elenco potrebbe essere infinito. C’è chi ama il dolce e chi preferisce il salato, ma praticamente a tutti (o quasi) piace mangiare. Non basta però avere la passione per la tavola per diventare imprenditori di successo, è infatti necessario studio, impegno, passione e preparazione. E perché no, un po’ di soldi per poter avviare un’attività.

Ma anche questo potrebbe non bastare. Oltre al manico è necessario anche l’arnese: anche il più bravo cuoco, pizzaiolo o pasticciere, poco potrebbe in mancanza di una attrezzatura adatta. Tendenzialmente il gusto può seguire la forma e la forma può seguire il gusto.  Un piatto però è un qualcosa attraverso il quale lo chef comunica un’emozione. Ragione per cui non si tratta solo della realizzazione di uno studio fatto a monte su carta.  Il piatto è come una tela bianca e lo chef è come un artista che ha l’obiettivo di renderlo bello ma anche buono.
La missione del buon impiattamento è stupire con effetti speciali, attraverso l’effetto “wow”. La conoscenza e la passione per le arti visive (come pittura, scultura, fotografia e design) può sicuramente ispirare l’ideazione di un piatto ed anche il modo in cui fotografarlo.  Non si mangia più tanto per necessità e quello che cerca un cliente quando va a cena in un ristorante di un certo livello è una vera e propria esperienza culinaria.  Ci deve essere un coinvolgimento a 360 gradi dove la parte visiva e la parte del gusto si intrecciano così da creare un’esperienza multi sensoriale, delle vibrazioni particolari. Come quando si guarda un quadro o si va ad un concerto: il piatto deve trasmettere delle emozioni. Perché, in fondo la vera arte non ha bisogno di proclami e si compie in silenzio.

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