Si è svolto alla Casa Circondariale “Pasquale Mandato” di Secondigliano, a Napoli, il seminario dal titolo “Polo Universitario in Carcere: Diritto allo studio per costruire il futuro”, voluto da Samuele Ciambriello, garante delle persone private della libertà della Regione Campania. I lavori sono stati aperti da Giulia Russo, direttrice del Centro Penitenziario che ha ricordato brevemente le tappe che hanno portato alla costituzione del Polo Universitario Penitenziario regionale per i detenuti della Campania inaugurato il 19 giugno 2018 proprio presso il Centro Penitenziario “Pasquale Mandato”, e sottolineato i buoni risultati finora ottenuti in termini di iscrizioni ai corsi da parte dei detenuti. Ai saluti di Giulia Russo ha fatto seguito l’intervento del garante Ciambriello che ha illustrato con dati alla mano la situazione in Europa, in Italia e in Campania, menzionato gli aspetti critici legati alla scarsità dei fondi, degli spazi fisici dove fare lezione e degli strumenti necessari allo scopo, e sottolineato il fatto che in alcune regioni dell’Italia meridionale (Puglia, Sicilia, Basilicata, Molise) non risultano ristretti iscritti ai corsi universitari.Attualmente in Italia si garantisce il diritto allo studio universitario in 75 istituti penitenziari su 190. Sono 841 i detenuti che studiano in carcere e che frequentano corsi di laurea in 27 diversi atenei. A questi numeri bisogna aggiungere le istanze di immatricolazione per il 2020-2021 che sono in corso di verifica da parte del Dap. Questi i dati diffusi dal garante campano dei detenuti Samuele Ciambriello durante un incontro nel carcere napoletano di Secondigliano con alcuni dei reclusi che studiano per accedere a un titolo di laurea. Ma la situazione non e’ omogenea in tutte le aree del Paese. Ci sono sei regioni italiane nelle quali non ci sono detenuti iscritti a corsi di laurea. Si tratta di Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Puglia, Sicilia, Basilicata e Molise. L’universita’ con il maggior numero di iscritti e’ quella di Bologna (74 detenuti, di cui 10 donne) seguita dalla Federico II di Napoli. Il tema e’ stato affrontato dal sottosegretario alla Giustizia Andrea Giorgis, convinto che “l’esperienza, che in alcuni territori come questo rappresenta una eccellenza, deve essere diffusa in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale”
Per Antonio Fullone, Provveditore dell’amministrazione penitenziaria della Regione Campania, quella dell’istituzione del polo universitario è stata una scelta di lungimiranza, e la crescita dell’interesse da parte dei detenuti dà ragione ai promotori dell’iniziativa. A suo avviso il rapporto carcere-università è destinato a crescere, a consolidarsi e ad avere un futuro certo perché i ristretti hanno bisogno di formazione per un inserimento sociale concreto. Adriana Pangia, Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Napoli, l’iscrizione e la frequenza dei corsi universitari da parte dei detenuti interessati è una trasmissione di positività ad altri detenuti. Tali attività non possono che riempire il vuoto della detenzione, meglio ancora se le lauree sono professionalizzanti.
Stefano Anastasia, Portavoce della conferenza nazionale dei garanti territoriali e garante per le regioni Lazio e Umbria ha affermato che, al di là dell’aspetto orientativo, in termini di formazione, i detenuti hanno bisogno di conoscenza, ha pertanto sostenuto la necessità di biblioteche e di fare un passo avanti dal punto di vista tecnologico per un più efficace consolidamento dell’esperienza. Margherita Di Giglio, Magistrato di Sorveglianza, ha sottolineato l’equivalenza fra sapere e libertà e posto l’accento sulla necessità di sopravvivenza interiore dei detenuti, cosa che si può raggiungere con la cultura. Per Marella Santangelo, membro del Consiglio Direttivo della CNUPP, è necessario che l’attività dell’insegnamento nelle carceri esca dalla sfera, pur lodevole, del volontariato per entrare in una dimensione professionale che dia a questo ambito struttura e prospettive più chiare. Franco Prina, Presidente della CNUPP ha dal canto suo evidenziato il fatto che privare una persona della libertà non può significare privarla di diritti come quello alla sanità e allo studio che ha, quest’ultimo, una funzione emancipante.
Una funzione testimoniata da tre studenti che sono intervenuti nel corso del seminario. Aniello, studente di Scienze Politiche ha spiegato come lo studio abbia permesso a lui e ad altri detenuti di impiegare meglio il loro tempo e iniziare un percorso di rinnovamento, Diego, iscritto a Economia e Commercio ha confermato il valore di questo percorso e ringraziato Ciambriello e tutti i promotori dell’iniziativa legata al rapporto carcere-università. Raffaele, anch’egli studente di Economia e Commercio ha affermato che affrontare gli studi universitari gli ha permesso di conoscere cose e persone nuove e ha chiesto alle istituzioni un maggiore impegno per assicurare un futuro concreto alla didattica in carcere.
Le conclusioni sono state del Sottosegretario di Stato per la Giustizia Andrea Giorgis e del Ministro dell’Università e della Ricerca Gaetano Manfredi. Per il sottosegretario l’attivazione dei corsi universitari negli istituti di pena è un modo per attuare il principio costituzionale del pieno sviluppo della persona. Giorgis ha sottolineato il fatto che tutte le istituzioni devono partecipare a questo impegno, ha citato l’articolo 27 della Costituzione che parla di funzione rieducativa della pena e si è riferito allo studio come strumento fondamentale per il raggiungimento dell’obiettivo in questione. Giorgis ha anche evidenziato la necessità di dar luogo a investimenti in strutture materiali e immateriali in questo settore. Il ministro Manfredi ha definito “bellissimo” l’esempio di Secondigliano e si è trovato d’accordo nel sostenere il principio del passaggio dal volontariato al professionismo. Anche per il ministro è necessario un piano di investimento in questo settore dai punti di vista delle strutture e del personale docente, considerando la formazione come agente di emancipazione sociale. Manfredi si è quindi impegnato, da ministro, a dare il suo contributo per rendere sistemica questa esperienza e ha ringraziato gli agenti della Polizia Penitenziaria per il loro lavoro. Presenti all’incontro magistrati,docenti e Pietro Ioia, garante napoletano dei detenuti. Abbracci e libertà il saluto finale del garante Ciambriello.