Mercati globali e tecnologia digitale arrecano grandi benefici alla società, ma sono anche utilizzati dalla criminalità economica internazionale e transnazionale (mafie, evasione e frode fiscali, corruzione, riciclaggio, finanziamento del terrorismo) per allungare i tentacoli in Europa e nel mondo. Si impone perciò una armonizzazione normativa e un maggiore coordinamento internazionale di magistrature e polizie che devono superare i frequenti ostacoli – veri buchi neri – frapposti dalla politica accomodante di alcuni Paesi per una questione di costi/benefici, sia pure contrariamente alle risultanze tecniche avallate dagli stessi; e la costituzione di nuclei specializzati supportati dalle più moderne tecnologie per rendere più efficace la legalità di contrasto con una cooperazione globalizzata internazionale, che parta dal GAFI – Gruppo d’azione finanziaria internazionale e dalle FIU nazionali – Financial Intelligence Unit.
Riflessioni e suggerimenti sono giunti dal quarto convegno di studi sul tema organizzato da Banca d’Italia di Milano e dall’Associazione per lo Studio dei Problemi del Credito. E, a questo proposito, va giustamente riconosciuto il merito del direttore milanese della Banca d’Italia Giuseppe Sopranzetti di avere aperto i portoni dell’austero palazzo di piazza Cordusio alla società civile svelando realtà, che coinvolgono tutti, finora riservate agli addetti ai lavori. Al convegno-webinar ”Spunti di riflessione per una legalità di contrasto alla criminalità economica internazionale”, presentato e concluso da Sopranzetti, hanno partecipato – in ordine di intervento – Ercole P. Pellicanò, presidente ANSPC; Federico Cafiero de Raho, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo; Filippo Cocuccio, direttore generale ANSPC moderatore della ‘tavola rotonda’ con Claudio Clemente, direttore UIF; Fabrizio De Pasquale, procuratore aggiunto a Milano e magistrato di riferimento in Italia; Giuseppe Vicanolo, Generale di C.A. comandante della Guardia di Finanza Nordoccidentale; Donato Masciandaro, Ordinario di Economia nell’Università Bocconi di Milano.
Dal convegno sono giunti anche dati preoccupanti, secondo i quali i crimini economici in Italia sfiorano il 12% del Pil, oltre 210 miliardi.
Le mafie si sono evolute col tempo, passando dal controllo del territorio al mondo degli affari, ma non hanno cambiato l’obiettivo: infiltrare l’economia sana, appropriarsi di attività economiche, aggiudicarsi risorse pubbliche (cosa avverrà con il Recovery Fund?). Loro supporter una volta erano individui con coppola e lupara e dalla parlata pittoresca, oggi sono professionisti elegantemente vestiti, laureati, dall’inglese fluente: avvocati, commercialisti, mediatori internazionali. Come si evidenzia dalle SOS – segnalazioni di operazioni sospette, all’UIF-Unità di intelligence finanziaria italiana per il contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo presso la Banca d’Italia, nel 2019 sono giunte, dai soggetti tenuti all’obbligo (tra i quali, banche, società finanziarie e fiduciarie), 105.739 segnalazioni: dai notai 5.074, ma soltanto 48 dagli avvocati e 327 dai commercialisti.
La diffusione del fenomeno è diventata tale da radicarsi anche in tranquille cittadine di provincia: a Forlì un piccolo personaggio aveva impiantato una rete di riciclaggio – criptovalute in cambio di contante di provenienza illegale – che arrivava fin negli Usa, in Gran Bretagna, in Asia.
E’ evidente che la lotta andrebbe combattuta a livello globale con la collaborazione di tutti i Paesi: ma ce ne sono alcuni – e non certo solo i più arretrati – che sono piuttosto restii ad offrire piena collaborazione. Così le mafie, che hanno radici nel nostro Paese, sviluppano tronchi e copiose fronde altrove. I Paesi in questione sono molto collaborativi nel concedere rogatorie per reati comuni e per terrorismo, ma non per reati finanziari; così come sono solleciti ad attuare embarghi contro Paesi che non rispettano i diritti umani, cosa giusta; ma non è mai successo che sia stato attuato un embargo nei confronti di un ‘paradiso fiscale’.
L’Italia è tra i Paesi che hanno sviluppato i più efficaci sistemi contro la criminalità economica consentendo, per citare, di colpire con la confisca del profitto o dell’equivalente, le proprietà non solo frutto di acquisti con denaro ‘sporco’, ma anche di acquisti sproporzionati al reddito.