Pietro Parisi è entrato nelle case degli italiani grazie allo spazio “La cucina senza spreco” all’interno di “Mi manda Rai3”. Con la sua genuinità e semplicità si è guadagnato l’appellativo di Cuoco Contadino ma in pochi conoscono la sua formazione di tutto rispetto dietro la sua cucina casareccia e genuina.
Fin da giovane, Pietro ha avuto la possibilità di imparare da “mostri sacri” della cucina internazionale come Alain Ducasse e Gualtiero Marchesi, oltre a vantare prestigiose esperienze europee e negli Emirati Arabi (è stato chef nel ristorante del hotel più lussuoso del mondo, il Burj al Arab di Dubai) fino al 2005 quando torna finalmente in Campania per aprire il suo ristorante: “Era Ora”, che esprime quanto fosse desiderato questo ritorno nella sua terra.
Un ritorno che però diventa subito amaro perché è’ durante questo periodo che Pietro subisce a più riprese richieste di pizzo e atti vandalici contro la sua famiglia e il suo locale. Da quel momento, come racconta anche nel suo libro, intraprende una vera e propria metamorfosi: decide di mettersi a dieta riuscendo a perdere più di cento chili grazie alla sua cucina (argomento per me di grande interesse professionale ma di cui approfondiremo un’altra volta), sintomo di un cambio di rotta fatto anche di nuove aperture con format sempre diversi ma sempre incentrati sulle sue origini.
La chiusura dei ristoranti dello scorso marzo e la possibilità reale che tutto ciò potesse accadere ancora hanno portato lo chef a reinventarsi ancora una volta. Pietro lancia, quindi, il suo nuovo E-commerce offrendo ai suoi seguaci tantissimi prodotti della sua terra, lavorati direttamente dalla sua squadra.
In queste settimane si è reso protagonista di una bellissima iniziativa: ecco l’intervista di FoodClub.it.
Ciao Pietro, hai dimostrato più volte nella tua carriera di saperti reinventare nelle avversità. Quale è il tuo segreto ?
Non ho segreti, affronto ogni situazione nello stesso modo in cui affronto il lavoro: ci metto anima, sentimenti e tutto me stesso. Forse il segreto è quello di aver sempre lavorato senza mai porre limiti al mio ruolo: ho diretto tra le migliori brigate d’Europa e allo stesso tempo mi sono ritrovato a fare il lavapiatti per aiutare la mia brigata durante molti servizi impegnativi. Questa intraprendenza ha costruito e rafforzato nel tempo il mio modus operandi: laddove tutti si piangono addosso e non vedono via d’uscita, io provo a non fermarmi, cimentandomi in qualsiasi attività possa permettermi di salvare tutto quanto ho creato e costruito negli anni e che stavo seriamente rischiando di perdere.
Ti sei reinventato con un’attività di delivery dei tuoi prodotti. La gente ha risposto benissimo dimostrandro di amare i tuoi prodotti, cosa hanno cosi di speciale?
Sto andando come un treno e lo dico con grande umiltà. La delivery mi sta facendo lavorare molto più di quanto non facesse il ristorante. Le tradizioni non tradiscono mai, tutto ciò che fa ricordare famiglia e ricordi non tradisce mai. L’importante è ripagare chi ripone la fiducia in noi con un prodotto vero e sincero in cui si senta davvero quel tocco di genuinità. Quando ho deciso di salvare i miei ragazzi e le mie attività potevo scegliere di intraprendere due diverse vie: puntare a tutto ciò che mi avevano insegnato i grandi maestri in giro per il mondo oppure optare su colei che alla fine determina ogni mia scelta quotidiana, la mia vera maestra di vita: mia nonna. Devo a lei se quotidianamente , da Dubai a New York, da Milano a Barcellona, qualcuno metterà sulla tavola un prodotto firmato Pietro Parisi. Tutto ciò che viene preparato passa solo da me e dalla mia brigata; anche il confezionamento e le etichette vengono preparati da noi. Seguiamo ogni singola operazione fino al completamento, fino a prodotto finito.
Quest’anno proporrai anche tu il panettone, che legami hai con questo dolce e questa tradizione?
Sai bene che il panettone non rientra nella nostra tradizione, la mia famiglia addirittura non ne ha mai avuti ma non per questioni economiche, tutt’altro. Piuttosto che avere un prodotto confezionato ed industriale, preferivamo avere i dolci nostri, preparati da noi. C’erano pastiere, c’erano roccocò e struffoli; al massimo c’era un disco di pasta di pane farcito, quello era il mio panettone ed il mio ricordo felice del natale: la pizza di scarole.
Se tutti gli chef e i pasticcieri nostrani si sono cimentati in questa ricetta è anche perché adesso c’è uno studio maggiore sulla cottura, sull’impasto e sulla lievitazione. Tanti si lanciano in questo mondo perché affascina, ma necessita di tanto olio di gomito. Io con i lievitati mi sono sempre divertito. Già da piccolo, a 6 anni, mi divertivo nella pasticceria di famiglia, una passione coltivata e maturata negli anni. Lanciarmi in questa nuova avventura è stato davvero stuzzicante e motivante, ma dovevo realizzare qualcosa che fosse degno di nota.
Come dicevamo questo Panettone è speciale, raccontacelo.
Il mio panettone oltre alla tecnica acquisita negli anni avrà un cuore e un’anima: senza nulla togliere agli altri, il mio sarà speciale. Lo preparo insieme ai ragazzi di Nisida (ne abbiamo parlato qui), offrendo loro un’occasione di riscatto, e nel mio piccolo mi sono concesso la soddisfazione di ampliare il mio personale bagaglio di esperienza di vita. A loro insegno ad affrontare ogni singolo giorno con il duro lavoro e cerco di trasmettergli il vero sentimento che rende nobile l’uomo, il lavoro! Perché alzarsi ogni mattina e affrontare la vita per portare a casa un tozzo di pane rende quel tozzo di pane molto più importante di una vita sfarzosa costruita con violenza e sofferenza. E’ il lavoratore il vero re. E’ dura, è difficile, ma quando poi vedi i loro occhi pieni di gioia ad ogni sfornata ti rigeneri e sei pronto a ripartire. Insieme ai ragazzi ci occupiamo di tutto il percorso -dall’impasto alla confezione- per offrire un prodotto speciale da mettere sulle tavole di Natale.
E’ complesso ipotizzare il 2021, tu però hai tanta esperienza. Qual é il tuo consiglio per tutti quei ragazzi che ritrovandosi con la cucina chiusa sentono di fallire?
Il mio passato non è stato semplice. Le mie spalle forti sono frutto di fatti spiacevoli, di avventure lavorative in giro per il mondo e soprattutto di origini contadine. Ho avuto momenti di gloria mediatica ma non mi sono mai sentito superstar. Questo mi ha consentito di salvarmi il culo e soprattutto di salvarlo a tutti coloro che da sempre hanno collaborato con me.
Provare ad immaginare il prossimo anno è davvero difficile. Tutti noi avevamo sogni e progetti, obiettivi e traguardi da raggiungere. Come dopo un terremoto tutto è crollato giù. Quindi, per quanto difficile, tra quelle macerie bisogna scavare dentro di se per tirare fuori la creatività: quella darà la forza di tornare a credere in noi stessi e ai nostri progetti.
Sicuramente abbiamo una fantastica arma a nostra disposizione: il Web. Il web è molto meritocratico e consente a tutti di avere la vetrina giusta per mostrare il proprio progetto e il proprio lavoro. Il 28 ottobre mi sono trovato con le spalle al muro, i ristoranti erano pronti ad essere chiusi di nuovo, mi è bastato proporre su facebook un buccacciello di una mia specialità e, come d’incanto, da ogni parte del mondo qualcuno ne voleva provare uno. oggi quella richiesta si è moltiplicata, lo fa quotidianamente, e io ne sono molto orgoglioso. Vuol dire che ho trasmesso il mio pensiero, che la gente lo ha capito.