Minori a rischio, disagio minorile, devianza, microcriminalità.Bisognerebbe, secondo il mio punto di vista, innanzitutto selezionarli questi minori, non farne di tutta un’erba un fascio come accade oggigiorno: ci sono quelli che evadono l’obbligo scolastico, quelli che vivono conflitti in famiglia, che vivono nel sottosviluppo economico e sociale, vittime di vuoti culturali, di diritti negati, di politiche deboli. Ci sono minori che passano dalla devianza alla microcriminalità,senza salvagente. Adolescenti a metà, a volte con la morte nel cuore.
In Campania ci sono 5.000 minori tra i 12 e i 18 anni, che, ogni anno, vengono fermati, identificati, riaffidati ai genitori, denunciati, condotti in una comunità o sottoposti alla misura della messa alla prova.
Numerosi sono i casi a rischio di devianza, di abbandono, di povertà, educativa, culturale, educativa. Quest’anno sono stati 250 i minori impegnati in percorsi rieducativi, 125 sono destinati all’affidamento in comunità e 70 sono accolti nei centri di accoglienza.Ad oggi , nelle carceri per minorenni di Nisida si registrano 42 ristretti, ad Airola 32 ristretti.Tra Napoli e provincia, ci sono 593.036 minori, nello specifico nel Napoletano, si contano 172.304 minori cioè il 17,8% della popolazione. La domanda sorge spontanea: Cosa si fa per una effettiva tutela dei minori? I minori presi in carico dagli Uffici di Servizio Sociale per la prima volta nel 2020 sono 315, quelli collocati nelle 72 comunità convenzionate sono 115 tra minori e giovani adulti, infine frequentano il Centro Diurno Polifunzionale di Nisida e quello di Santa Maria Capua Vetere, 58 tra minori e giovani adulti.
Voglio dirvi alcune cose, sicuramente provvisorie e parziali, che ho capito a partire dalla mia esperienza, sia come operatore del privato sociale che come garante campano dei detenuti, del fenomeno sociale delle cosiddette “baby gang”. Adolescenti a metà, con un blackout cognitivo, una totale assenza di ispirazioni valoriali, incapaci di riconoscere la risonanza emotiva dei loro gesti.La risposta che spesso la politica dà è cruda: sicurezza in carcere (dicono), senza prendere in considerazione che vi è bisogno di organizzare risposte, di prevenire. Abbassiamo l’età punibile,gridano altri. Altri ancora se ne dimenticano, delegano volontariato e Chiesa ad aiutarli, a farli ritrovare.
A questi ragazzi più attori sociali possono aiutarli a percepirsi come persone in grado di mettersi in gioco, ritrovarsi, senza passare ad un livello criminale superiore. Scuole aperte di pomeriggio, parrocchie accoglienti, educazione civica, strutture sportive aiutano e possono e devono essere la soluzione. Maestri di strada, educative territoriali per recuperarli e farli ripartire.Ripartire dalle povertà economiche, educative,affettive, culturali, partendo anche dai loro sogni e dalle loro emozioni.
Ripartire dalle periferie. Investire sulla scuola, sulla formazione professionale, sul lavoro, sulla dignità del lavoro. Occorre investire però su una nuova classe dirigente a livello politico che non viva di politica, ma per la politica, che riparta dalle diseguaglianze, dalle povertà,dai conflitti sociali, che riparta dalle periferie, dai nostri adolescenti,dai nostri giovani. Il loro futuro è qui e adesso.