Economia e Welfare

Come funziona, se funziona, il mercato delle scarpe vintage

La scarpa vintage più costosa – escludendo il mercato delle sneakers, altra categoria con un mercato a sé stante – è stata battuta all’asta in Francia la settimana scorsa, al prezzo di 43.740 euro. Più che il modello, una décolleté con tacco squadrato di 5 cm, o il tessuto di cui si componeva, pelle e seta, a far lievitare il prezzo, con lo stupore persino delle casa d’aste Osenat Versailles, che aveva puntato, come base di partenza, sui 10 mila euro, è stato il suo originale proprietario, nientepopodimeno che la regina di Francia Maria Antonietta. La sovrana con i piedi di fata – la calzatura è perfetta per un piede numero 36 – vide le sue scarpe, come gran parte del suo guardaroba, consegnati, dopo la sua infausta decapitazione, alle cameriere più vicine: nel caso specifico arrivarono ad un’amica intima di Madame Campan, prima cameriera della regina, i cui eredi le hanno conservate fino ai nostri giorni.

A eccezione però di questo prezioso lascito della storia, per cui qualche collezionista era disposto a pagare una lauta cifra, non si può certamente parlare di Rinascimento delle calzature vintage. Se a settembre Lyst ha monitorato gli acquisti stabilendo un +104% nelle ricerche delle categorie “seconda mano” e “moda vintage“, le ricerche mensili dedicate alle scarpe usate sono salite del 29%. Peccato però che la ricerca si focalizzi maggiormente sulle sneakers – che corrono, letteralmente, su un altro mercato, interessato ad acquistare e rivendere poco dopo, per trarne profitto, e quindi focalizzandosi su modelli abbastanza recenti – dalle Yeezy passando per le Off White, Balenciaga e Dior, la cui colab con Nike in edizione limitata di 15mila pezzi è andata sold out in pochissimo. Una difficoltà raccontata anche da chi, con il vintage e con l’usato, lavora tutti i giorni. «In effetti non è un buon momento per le scarpe che non siano sneaker» ammette Laura Donadi, fondatrice di Give and Take, il primo second-hand nato a Milano nel 2009. «Già da un paio d’anni, complice la potenza dello streetwear, vendere scarpe col tacco, o anche elegante, era divenuto più difficile, ma adesso pare davvero finita l’era delle Pigalle di Louboutin». Nello store, che ritira calzature nuove o usate molto poco, rimangono quindi sugli scaffali i tacchi a spillo, anche per via di un momento storico nel quale non ci sono occasioni di sfoggiarli. «La nostra scarpiera si costruisce su calzature anche di poche stagioni fa, frutto di regali “sbagliati”. A funzionare sono i tronchetti con tacco squadrato, gli ankle boots, e anche gli stivali texani, di cui stiamo testimoniando un insospettabile ritorno. Ad acquistarli non sono solo le giovani madri ma anche signore che poi li sdrammatizzano con dei jeans e un blazer navy». A spingere verso l’acquisto del second hand è, anche, indubbiamente, secondo Donadi, una questione economica. «In un momento nel quale si cerca di risparmiare, senza che a pagarne le spese finali sia la qualità dell’acquisto, comprare a 120 euro un paio di tronchetti di Isabel Marant che di base partono dai 650 euro, è ritenuto accettabile, e anzi auspicabile».

Per quanto riguarda il mercato del vintage, quello che scava davvero nel passato, arrivando fino agli Anni 20, 30 e 40, la questione si fa complessa per motivi diversi. A spiegarlo è Cecilia Di Lorenzo, fondatrice di Lambrate 20134 e co-fondatrice di Madame Pauline, altre due istituzioni meneghine dell’abbigliamento e accessori pre-loved. «Ne ho comprate qualche paia perché erano davvero degne di nota, ma saranno una decina» spiega. «Di base servono per fare ricerca, anche perché le mie clienti, che comprano da me un vestito Anni 40, preferiscono abbinarlo a una calzatura più contemporanea, magari una Prada anche con tacco 12». Non sono solo le motivazioni stilistiche a rendere difficile la compravendita di scarpe che arrivano, seppur in perfette condizioni, da quasi un secolo fa. «Negli anni 20, 30 e 40» spiega Di Lorenzo «le misure di calotta cranica, mani e piedi erano diverse, e la media della taglia di calzature era 34-35. Difficile trovare oggi, che in media le donne sfoggiano estremità numero 38-39, qualcuna che entri in quei modelli».

 

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