Cultura

PANDEMIA, come sta cambiando il cinema?

Festival cancellati, sale chiuse, riprese oramai ferme: la pandemia ha travolto anche la cinematografia, costringendo cambiamenti che persisteranno nel tempo.

In questo forte momento di crisi, i film, paradossalmente parlando, sembrano essersi affermati come un punto di riferimento di vitale importanza, pronti a intrattenere miliardi di persone costrette a restare tra le mura domestiche. Con la chiusura delle sale cinematografiche in relativamente pochi mesi, lo streaming è diventato l’unico mezzo principale per vederli. La pandemia, in questo modo, ha da un lato drasticamente velocizzato cambiamenti che erano però già in atto, favorendo un modello di distribuzione più accessibile e vicino ai bisogni delle persone, però sul fronte opposto rischia fortemente di danneggiare le piccole e indipendenti realtà rispetto a quei grandi colossi commerciali che, al contrario, dominano il mercato.

Una pagina Wikipedia, è stata dedicata a quei film impattati dalla pandemia: parliamo di una lista di pellicole la cui uscita è stata spostata o, addirittura, cancellata, e di produzioni sospese o rimandate. Un’interruzione così drastica della cinematografia non è stata vissuta neanche durante le due guerre mondiali, dunque il quadro risulta devastante. Secondo le ultime stime, il box office mondiale è passato dal record di 42 miliardi di dollari dell’anno scorso a poco più di 16 miliardi quest’anno, e solo in Italia il danno per il comparto dell’audiovisivo ha raggiunto i 100 milioni di euro mensili. Inoltre, nel nostro paese, un numero che spazia che varia dai 300 mila e i 380 mila di addetti dello spettacolo e della cultura si sono trovati senza lavoro durante la prima ondata avutasi nel periodo primaverile.

I film, ora, sono in streaming

i cinema sono un’essenziale industria che rappresenta il meglio che il talento e la creatività americana hanno da offrire. Ora, però, temiamo per il loro futuro”.

Queste le parole di una lettera firmata da registi del calibro di James Cameron, Clint Eastwood e Martin Scorsese insieme ai proprietari delle sale cinematografiche statunitensi. Questa lettera, supplica i leader del Congresso americano di salvare i cinema che altrimenti “potrebbero non sopravvivere alla pandemia”. Era infatti dal 1998 che negli Stati Uniti, la cui industria cinematografica è la più grande del mondo, non si registravano numeri così bassi al box office. Il fine settimana più “nero” è stato quello tra il 13 e il 15 Marzo ma la situazione è ancora ben lontana dall’essersi normalizzata.

Anche il box office italiano ha subito onerose perdite: parliamo di cifre oltre il 70-75 % tra gennaio e marzo 2020 rispetto allo stesso periodo ma dell’anno precedente. In questo scenario, le principali piattaforme di video on demand (vod), cioè di streaming su richiesta, come  Netflix, Amazon Prime, Apple TV+ e Disney+, sono diventate praticamente le uniche fonti di cinema (vi sono anche servizi analoghi le cui dimensioni, però, sono molto più ridotte).

La loro crescita è avvenuta parallelamente alla chiusura dei cinema che, in alcuni casi, come ad esempio quello di Regal cinemas, la seconda rete di sale più grande degli Usa, è diventata permanente. “Benché condividiamo e nutriamo una certa tristezza e nostalgia per questo avvenimento, sono sicuro che le persone abbiano provato le stesse emozioni quando le automobili hanno sostituito i carri trainati da cavalli”, questo il commento pungente dell’investitore e filantropo Daniel Loeb. Un cambiamento, dunque, che viene associato alle logiche del “progresso”, in primis quello economico: un caso similare è quello alla base della scelta targata Disney, tra i principali player del cinema mondiale, di riorganizzarsi per puntare principalmente sullo streaming l’onda del successo di Disney+, il quale ha raggiunto oltre 70 milioni di abbonati a solo un anno di vita, superando di gran lunga le aspettative aziendali.

Anche i festival si spostano online

Proprio come l’industria cinematografica, anche i festival sono stati travolti come un fulmine a ciel sereno dalla pandemia. Molti hanno obbligatoriamente dovuto cancellare le loro edizioni 2020, come quelli di Pechino, Praga, Instabul e Tribeca. Altri, come il Festival di Cannes, sono stati rimandati e altri ancora si sono tenuti ma in versioni ridotte, come è successo a Toronto e a Venezia. Una tendenza, dunque, che va a discapito dei film d’autore, per cui il circuito dei festival è un veicolo importante per accedere ai premi e a maggiore visibilità.

Altre rassegne si sono spostate online. Il Bfi London film festival (Lff), ad esempio, si è tenuto a ottobre con un’edizione ibrida in cui alcuni film erano proiettati normalmente nelle sale e altri accessibili in formato digitale insieme a contenuti speciali, come le prestazioni dei registi. La digitalizzazione  ha dato impulso anche a un discorso più ampio sulla sostenibilità degli eventi cinematografici.

Un nuovo cinema?

Anche nel suo momento di più grande crisi, il cinema si è confermato uno dei veicoli principali di contatto tra le persone, l’arte e la cultura, quale strumento di aggregazione – non necessariamente fisica – estremamente importante in un periodo storico come questo.

Stiamo soffrendo tantissimo, è vero, ma abbiamo l’opportunità di sperimentare e poter così raggiungere un pubblico molto più ampio” – Philip Knatchbull, amministratore delegato della piattaforma vod Curzon home cinema.

Se la digitalizzazione del consumo di film e la necessità di ripensare il modo in cui questi vengono creati sono le principali conseguenze della pandemia, in parallelo molte parti della filiera stanno lavorando insieme per superare le difficoltà. Per la prima volta in Italia, tutto il mondo del cinema si è unito sotto il cappello di Movie-ment: associazioni, distributori, produttori, esercenti e istituzioni insieme per “rilanciare il cinema come forma di intrattenimento, culturale e sociale, attiva tutto l’anno”.

I distributori di film d’autore italiani insieme a circa 150 cinema indipendenti hanno firmato una lettera aperta per il sostegno all’esercizio cinematografico indipendente italiano, che come nel resto del mondo rischia di essere penalizzato rispetto ai grandi colossi. “Vogliamo approfittare di questa sospensione per progettare insieme un futuro del cinema plurale, sostenibile, equoe se “il cinema spesso è l’unico avamposto culturale di una comunità e il più facilmente fruibile, traversale a tutte le età e fasi sociali, un luogo dove le emozioni sono amplificate dalla visione condivisa” allora i molti esercenti e lavoratori, che hanno aderito all’appello, respingono la possibilità che siano le piattaforme streaming e non le sale a diventare la principale casa dei film. “Nessun altro posto, reale o virtuale che sia, dovrebbe essere chiamato cinema”.

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