Economia e Welfare

Di Maio, la crisi di governo è ora inspiegabile. Zingaretti: ‘Un appello al buon senso’

“Il Pd continua a chiedere un rilancio di governo ma una cosa è chiedere di rafforzarlo un’altra è farlo cadere. Il Pd ha promosso il rilancio ma rilancio non è mandare a casa il governo o provocare una crisi che il 99% italiani non capisce.

(S-D) Il segretario del Pd Nicola Zingaretti, il premier Gouseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio in occasione della chiusura della campagna elettorale delle elezioni regionali, Narni, 25 ottobre 2019.
ANSA/MATTEO CROCCHIONI

E’ un grave errore politico e io lancio un appello al buon senso”, dice il segretario del Pd Nicola Zingaretti a Sky Tg24 commentando le tensioni nella maggioranza.

“Una crisi di governo è inspiegabile. Non solo perche’ siamo nel bel mezzo di una pandemia e dobbiamo fare il decreto ristori. Ma anche perche’ questo è l’anno in cui l’Italia presiederà il G20 e in Italia ci sarà la conferenza globale sulla salute”. Lo dice il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ad Agorà su Raitre. “La crisi non interessa agli italiani ma neanche all’estero”, sottolinea. “Il Mes non è un tema ideologico ma un prestito a delle condizioni così difficili e così complicate che nessun Paese europeo lo ha chiesto”, aggiunge Di Maio. “Sul reddito di cittadinanza sfido chiunque a dire che non sia stato un pilastro di questa crisi”, dice ancora. “Se qualcuno lo vuole togliere deve spiegarlo a quei tre milioni di italiani che lo hanno ricevuto”. “Si cita Mario Draghi sempre quando il governo è in fibrillazione e quindi viene utilizzato a volte come oggetto contundente contro Conte o contro altri”, osserva il ministro degli Esteri. “Il presidente Mario Draghi non merita di finire nel dibattito solo quando c’è da accoppare qualche politico”. “Io il vice premier l’ho già fatto, conosco il valore di quella carica. La si sta descrivendo come la panacea di tutti i mali ma non è così. Ho rifiutato due volte di fare il presidente del Consiglio. In questo momento non ci interessano i giochi di Palazzo, stiamo pensando agli italiani”, prosegue.  “Siamo vaccinati alle crisi”, assicura Di Maio.

Intanto il capo politico del M5S Vito Crimi definisce un “Tradimento agli italiani” la possibilità che i ministri di Italia Viva escano dal governo. “Mi sembra un’ipotesi impensabile, sarebbe un tradimento verso gli italiani nel momento più difficile. Stiamo lavorando e facendo molto e tante cose ci sono da fare. Le persone ci chiedono risposte, hanno bisogno di aiuto e che le istituzioni si facciano carico dei loro problemi, compiendo fino in fondo loro dovere. Chiamarsi fuori ora sarebbe di fatto un sabotaggio ai danni del Paese” sottolinea Crimi, in un colloquio con l’ANSA rispondendo in merito all’eventualità che nel Cdm di stasera Iv ritiri la sua delegazione al governo. “Se Renzi si rende colpevole del ritiro dei suoi ministri, con lui e Italia Viva non potrà esserci un altro governo”, assicura il senatore. “Se mi aspetto che il Recovery Plan questa sera vada in porto? Non vedo perché non dovrebbe essere così visto che è il frutto di un lavoro condiviso da tutti. Il Consiglio dei ministri di questa sera è una bella notizia, stiamo per approvare il recovery Plan. È la dimostrazione che stiamo lavorando e procedendo speditamente, non solo per il presente ma anche per il nostro futuro”, dichiara Crimi.

Il Recovery plan viene “messo in salvo” in Consiglio dei ministri, poi Teresa Bellanova ed Elena Bonetti aprono la crisi di governo con le loro dimissioni. Non è un esito ancora scritto, ma lo scenario della rottura, che inizia a circolare nella tarda mattinata di lunedì. Sono gli stessi momenti in cui Giuseppe Conte, all’uscita da un bar nel centro di Roma, annuncia al Tg3 l’approvazione del Piano di rilancio e resilienza in Cdm martedì sera: “Dobbiamo correre, lavoriamo per costruire”, dice smantellando l’accusa renziana di immobilismo. Rischia di non bastare. Matteo Renzi rilancia la richiesta di prendere il Mes, continua a lamentare l’assenza di risposte da parte del premier. Se le ministre davvero si dimetteranno, la sfida con Conte potrebbe spostarsi in Parlamento: il premier ha sempre detto che in caso di crisi andrà a verificare alle Camere se ha una maggioranza. Non sembra aver cambiato idea. L’offerta sul tavolo per la ricomposizione è ancora quella di un patto di legislatura, come fortemente chiesto dal Pd, e un corposo rimpasto. Iv chiede però una “discontinuità” nel merito e nel metodo che dovrebbe passare da dimissioni del premier per dare vita a un Conte ter. Una richiesta finora respinta al mittente dal capo del governo. A sera Goffredo Bettini, che continua a tenere aperto un canale tra Renzi e Conte, osserva: “Renzi punta i piedi, ora non ha le idee chiare”. Ma dice di più, il dirigente Pd, e mentre ritiene poco praticabile l’ipotesi di sostegno a Conte di una parte di “responsabili”, definisce “non un’eresia” ragionare di un sostegno alla maggioranza della parte più dialogante di FI. Possibile? Finora gli azzurri lo hanno escluso ma se si aprisse la crisi, molto dipenderebbe dalle mosse del Pd, osservano dal centrodestra. Non siamo ancora a quel punto. I Dem lavorano per quella verifica che loro stessi invocano da mesi: sarebbe “folle” per Renzi rompere adesso, dice un deputato dopo un’assemblea del gruppo che conferma sostegno alla linea del segretario. L’unica certezza sembra essere per ora l’approvazione del Recovery plan in Cdm e l’invio del piano alle Camere. Il passaggio è frutto della moral suasion del Quirinale. La posta in gioco è troppo alta, per metterla a rischio nell’ambito di una verifica di governo. Al testo, atteso nella tarda serata, lavora per tutto il weekend e per l’intera giornata il ministro Roberto Gualtieri con i colleghi Enzo Amendola e Peppe Provenzano. “La bozza ancora non c’è, sono stufa”, sbotta nel pomeriggio Teresa Bellanova. Ma i renziani sminano il passaggio del Recovery: aspettano di leggere il testo e saranno in Cdm senza ostacolarne l’approvazione, spiega Ettore Rosato. Il che vuol dire un sì esplicito o una “astensione”. Del resto il Cdm potrebbe limitarsi a discutere e acquisire il testo, senza una votazione formale. E il testo, osserva una fonte Dem, è cambiato tanto (con più fondi alla sanità e all’agricoltura) che per Renzi è difficile votare contro. Nella “road map” tracciata da Conte in asse col Pd, a quel punto il Recovery andrebbe alle Camere per un’approvazione rapida (una settimana o forse due). E si aprirebbe il tavolo per il programma di legislatura. Questo schema potrebbe essere però rotto dalle dimissioni delle ministre renziane. Perché come dice Renzi, non tutte le risposte possono essere contenute nel Recovery, ma lì deve essere chiara la visione, dal Mes alle infrastrutture, alla giustizia. E finora, osservano da Iv, nessuna risposta è arrivata. Bellanova ne fa una questione di “correttezza” istituzionale del premier. E spiega che sul programma di legislatura, così come sul Recovery, senza risposte lei è pronta a lasciare. Se ciò accadesse dopo il Consiglio dei ministri, secondo alcuni Conte potrebbe salire al Quirinale e poi aprire un tentativo estremo di dar vita a un Conte ter. Continuano a farsi diverse ipotesi, da un sottosegretario alla presidenza del Consiglio per il Pd a due ministeri di peso per Maria Elena Boschi ed Ettore Rosato. Renzi esclude un suo ingresso in squadra, ma anche di quello si parla. Sempre che si riesca a stabilire un canale di comunicazione. Se, come sembra nelle ultime ore, resterà una voragine tra il premier e i renziani, lo scenario più probabile appare quello della sfida in Aula. A quel punto, dice un ministro ‘contiano’, Renzi dovrà assurmersi la responsabilità di aprire la crisi di governo mentre c’è da approvare un nuovo scostamento di bilancio, un nuovo decreto Covid e da prolungare lo stato di emergenza, con la terza ondata di contagi che incombe. Lo spettro è ancora quello del voto anticipato, anche se Renzi invia ai suoi deputati una proiezione secondo cui al Pd non converrebbe, perché tutti i collegi andrebbero al centrodestra. La scommessa dei renziani, se i “responsabili” o un pezzo di Fi non arriveranno a sostenere Conte, è un governo a guida Pd o le larghe intese, con Cartabia o Draghi premier. Ma a quel punto tutto dipenderebbe non solo dai Dem, anche dai Cinque stelle, per i quali Conte sembra ora essere unico punto di equilibrio.

Intanto è stata inviata a tutti i ministri la nuova bozza del Recovery Plan rielaborata all’esito del confronto con le forze di maggioranza sulla base delle varie osservazioni critiche formulate.  E il Consiglio dei Ministri è fissato per stasera martedì 12 gennaio alle ore 21.30.

– Arriva Piano Recovery,più fondi a scuola e digitale. Per la svolta dell’Italia.Nelle riforme taglio Irpef e giustizia Un piano in 171 pagine, 6 missioni, 47 linee di intervento e 4 tabelle: arriva la bozza del Piano Recovery che, inviata ai partiti dal Mef e da Palazzo Chigi, approderà oggi al Consiglio dei Ministri. Il documento promette di spendere subito, nel 2021, 25 miliardi di euro per gli obiettivi individuati e aumenta le risorse per i due importanti capitoli di istruzione e digitale. Ai 222,9 miliardi (144,2 per nuovi interventi) previsti imbarcando anche i fondi per la coesione, vengono poi aggiunti i soldi della programmazione di bilancio 2021-26. Il totale sale così 310 miliardi. Una massa enorme dalla quale il governo si aspetta una “svolta per l’Italia nella programmazione e attuazione degli investimenti” per un Paese che intende essere “protagonista del rinascimento europeo”.

Tre sono gli assi strategici del progetto – digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale – ma tre sono alcune priorità trasversali a molti progetti sui quali il governo intende porre l’attenzione: le donne, i giovani, il Sud. Ovviamente un posto primario ha la sanità, alla quale vanno quasi 20 miliardi di interventi, 19,72 per l’esattezza. Rispetto alla prima stesura i cambiamenti sono molti, ma anche se si guarda al documento di confronto tra partiti di qualche giorno fa si scopre che aumentano le risorse per il capitolo istruzione e ricerca (da 27,91 a 28,49 miliardi) e quelle per la digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura (da 45,86 a 46,18 miliardi).

Non cambiano le somme cumulate degli altri capitoli: 68,9 miliardi per la Rivoluzione Verde e Transizione ecologica, 31,98 miliardi per le infrastrutture per una mobilità sostenibile, 21,28 miliardi per l’inclusione e la coesione. Attenzione anche all’agricoltura, cara alla ministra Bellanova che guida all’interno del governo le posizioni di pungolo di Italia Viva. Difficile scorporare la cifra in un capitolo che parla anche di fonti energetiche come l’idrogeno, che ammonta in totale a 6,3 miliardi, a dire il vero gli stessi previsti nella prima bozza. Ma il piano prevede comunque di “rendere la filiera agroalimentare sostenibile, preservandone la competitività. Implementare pienamente il paradigma dell’economia circolare”. Altrettanto importante per Italia Viva anche il capitolo famiglia che compare con oltre 30 miliardi della programmazione di bilancio al 2026, volti a finanziare l’assegno unico a partire da quest’anno. Rimane tutta da sciogliere invece la questione della governance. Nel testo solo poche righe. “Il Governo, sulla base delle linee guida europee per l’attuazione del Piano, – si legge – presenterà al Parlamento un modello di governance che identifichi la responsabilità della realizzazione del Piano, garantisca il coordinamento con i Ministri competenti a livello nazionale e gli altri livelli di governo, monitori i progressi di avanzamento della spesa”. Viene invece indicato il contesto nel quale il governo utilizzerà le risorse che serviranno a rilanciare la crescita. Il Pnrr verrà accompagnato da una serie di riforme per “rafforzare l’ambiente imprenditoriale, ridurre gli oneri burocratici e rimuovere i vincoli che hanno rallentato gli investimenti”.

In particolare la riforma della giustizia e quella dell’Irpef con “la riduzione delle aliquote effettive sui redditi da lavoro, dipendente ed autonomo, in particolare per i contribuenti con reddito basso e medio-basso, in modo da aumentare il tasso di occupazione, ridurre il lavoro sommerso e incentivare l’occupazione delle donne e dei giovani”.

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