La prima ad essere epurata è stata una coppia di gatti. La Disney, nel 2019 alle prese con il live-action di Lilli e il Vagabondo, ha deciso allora di cancellare dalla storia e dal film i malefici siamesi. «Discriminazione razziale nei confronti degli asiatici», ha spiegato il colosso, che mesi più tardi ha sentito l’urgenza di sanare altri (e presunti) errori del passato.
La Disney, più volte accusata di aver idealizzato una parte di realtà per poter giocare sui luoghi comuni associati ad altre, ha voluto bloccare la visione di alcuni tra i suoi film più iconici, sottolinea VanityFair. Peter Pan, Dumbo, Gli Aristogatti. I titoli, eliminati dalla sezione di Disney+ dedicata ai bambini, sono stati rimaneggiati di modo tale che, seppur disponibili nella sezione per adulti, possano avvisare gli spettatori dei pericoli insiti nella trama. «Questo programma include rappresentazioni negative e/o denigra popolazione e culture. Questi stereotipi erano sbagliati allora e lo sono ancora. Piuttosto che rimuovere questo contenuto, vogliamo riconoscerne l’impatto dannoso, imparare da esso e stimolare il dibattito per creare insieme un futuro più inclusivo», si legge ora nell’avvertenza che precede i titoli di testa dei film, rivalutati alla luce della morale odierna. Una morale posticcia, in nome della quale Hollywood si è data al revisionismo storico.
Gli Aristogatti, secondo la Disney, avrebbero offeso gravemente gli asiatici, offrendo una caricatura sgradevole di Shun Gon, il siamese con denti spioventi, gli occhi a mandorla e le bacchette. Peter Pan avrebbe tradito i nativi americani, definendo Giglio Tigrato e la sua tribù «pellerossa». Dumbo avrebbe riso degli schiavi afroamericani, e i corvi, nel loro cinguettare, avrebbero fatto loro il verso. «E quando poi veniamo pagati, buttiamo via tutti i nostri soldi», cantavano gli amici alati dell’elefantino, demonizzati dal politically correct al punto da essere stati presi come esempio dannoso per i più piccoli.
La Disney, con il capo cosparso di cenere, si è scusata allora per le proprie pietre miliari, spiegando come abbiano veicolato «stereotipi dannosi». Gli stessi, ritrovati in Robinson nell’Isola dei Corsari, film del 1960 cui è stato riservato lo stesso destino infausto dei cartoni sopra citati. La pellicola, giudicata inadatta al tempo presente, è stata rimossa dalla sezione dedicata agli spettatori più giovani, senza che nessuno, però, si chiedesse quale effetto possa scaturire dalla negazione, cieca e forsennata, del passato. Gli errori, se così li si vuole definire, commessi negli anni precedenti dovrebbero avere una funzione critica, educativa. Starsene in bella mostra, così che, guardandoli, li si possa riconoscere come tali, imparare e andare avanti, migliori. Cancellarli, fingendo che non siano mai esistiti, che non ci sia stato un prima e un dopo, una cultura strettamente connessa al sostrato storico e sociale della quale è stata figlia, è quanto di più pericoloso ci possa essere. Perché l’uomo del domani è la risultante di quanto successo ieri, e la storia, per poter svolgere il proprio ruolo ed essere maestra, ha un bisogno disperato delle proprie dimensioni temporali.