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Il Piano Europeo di lotta contro il cancro danneggia la promozione di vini e salumi?

SCONGIURATO IL RISCHIO DI UN’ETICHETTA CHE INDICHI IL VINO COME FATTORE DI RISCHIO AL PARI DELLE SIGARETTE, IL SETTORE VINICOLO RESTA IN ALLARME PER LE INDICAZIONI DEL PIANO EUROPEO DI LOTTA CONTRO IL CANCRO, CHE RISCHIANO DI PENALIZZARE ANCHE IL COMPARTO DEI SALUMI.

Nell’ultimo anno, l’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia ha finito per monopolizzare l’attenzione, facendo passare in secondo piano anche le grandi battaglie che, da tempo, la medicina combatte contro mali aggressivi e largamente diffusi. Nel 2020in Europa, si sono ammalate di tumore 2,7 milioni di persone: 1,3 milioni di loro hanno perso la vita. Sono questi i dati presentati in sede di confronto sull’Europe’s Beating Cancer Plan (il Piano Europeo di lotta contro il cancro) dalla commissaria alla salute dell’Unione Europea Stella Kyriakides. La Commissione stima che senza un intervento tempestivo i casi di tumore aumenteranno del 24% entro il 2035, facendo del cancro la prima causa di morte nell’UE. E per questo l’incontro di Bruxelles insiste sulla necessità di elaborare un piano di prevenzione efficace, a partire dalla riduzione di fattori di rischio come il fumo, il consumo dannoso di alcol, l’obesità, la mancanza di attività fisica, l’esposizione all’inquinamento, alle sostanze cancerogene e alle radiazioni. Lo spettro di concause evocate dal documento di prevenzione è ampio e diversificato, e chiarisce quanto sia complesso il lavoro di contenimento dei rischi a fronte di uno stile di vita che ci vede tutti, ogni giorno, alle prese con uno e più di questi fattori. Nel definire la strategia per i prossimi anni, dunque, l’UE evidenzia quattro aree di intervento, finanziando l’azione preventiva con 4 miliardi di euro.

Oltre ai miglioramenti prettamente legati a screening, trattamenti sanitari e sostegno al paziente in fase di cura e gestione del post malattia, il piano della Commissione interviene su un ambito specifico di prevenzione, che passa per il rinnovamento del sistema di etichettatura dei prodotti alimentari ritenuti fattori di rischio. Proposta, questa, che non manca di suscitare dibattito. L’UE propone infatti “un’etichettatura nutrizionale obbligatoria e armonizzata nella parte anteriore della confezione per consentire ai consumatori di fare scelte alimentari informate, sane e sostenibili”; e si dice pronta a offrire il proprio sostegno agli Stati membri nel favorire “i loro sforzi sulla riformulazione e sull’attuazione di politiche efficaci per ridurre la commercializzazione di prodotti alimentari malsani”. A questo proposito, inoltre, “la Commissione sta intraprendendo una revisione della politica di promozione dei prodotti agricoli, nell’ottica di potenziare il proprio contributo alla produzione e al consumo sostenibili, e in linea con il passaggio a una dieta con più verdura, meno carni rosse e lavorate e altri alimenti legati al rischio di cancro, più frutta e verdura”. Queste dichiarazioni d’intenti hanno messo in allarme due settori dell’industria enogastronomica che rischiano di essere penalizzati.

Il mondo enologico, innanzitutto, in agitazione fino a pochi minuti prima di conoscere il testo presentato a Bruxelles nella giornata del 3 febbraio, per il timore che un bicchiere di vino possa essere considerato alla stregua di una sigaretta con etichette che inducono all’allarmismo, e finirebbero per danneggiare un settore già in forte difficoltà per la pandemia. Ci ha pensato Margaritis Schinas, vicepresidente della Commissione UE, a scongiurare il rischio: “L’Ue non ha intenzione di proibire il vino, né di etichettarlo come una sostanza tossica, perché fa parte dello stile di vita europeo”. Ma la Commissione si impegna comunque a collaborare con gli Stati menbri per limitare marketing e pubblicità online sul vino, per ridurre l’esposizione dei giovani alla promozione dell’alcol. E si parla ancora di avvisi sui rischi per la salute in etichetta, ma a partire dal 2023. Eppure, “nel documento della Commissione Ue si parte da un assunto erroneo, ovvero che qualsiasi consumo di alcol sia dannoso, senza tenere conto della quantità consumata o delle condizioni in cui si realizza il consumo. È inconfutabile che un consumo eccessivo di alcol, qualsiasi sia la bevanda in questione, sia nocivo per la salute, ma non è tuttavia corretto considerare che il consumo moderato di vino, durante i pasti, rappresenti un pericolo per la salute” sottolineano le associazioni di categoria italiane (da Uiv a Federvini, a Federdoc e Assoenologi), preoccupate di una demonizzazione tout court del vino.

E non tardano neppure le critiche dell’Associazione industriali delle carni e dei salumi, a tutela di un comparto, quello di carni rosse e trasformate, che pure resta nell’occhio del ciclone, destinato com’è, secondo quanto fa intuire il documento ufficiale, a scontare la cancellazione dei fondi europei per la promozione del settore, come sottolinea il passaggio sui prodotti agroalimentari considerati fattori di rischio. “Anche la scienza è unanime nel dire che non è il prodotto in sé a essere pericoloso, ma la quantità che se ne assume”, sottolinea Nicola Levoni, presidente di Assica. Sulla stessa posizione è Coldiretti: “L’equilibrio nutrizionale va ricercato tra i diversi cibi consumati nella dieta giornaliera e non certo condannando lo specifico prodotto. La norcineria italiana è un settore di punta dell’agroalimentare nazionale, grazie al lavoro di 100.000 persone tra allevamento, trasformazione, trasporto e distribuzione con un fatturato che vale 20 miliardi di euro. Così tante piccole tipicità tradizionali che hanno bisogno di sostegni per farsi conoscere sul mercato rischiano di essere condannate all’estinzione”.

Il tema centrale, dunque, resta il dibattito sull’eccesso: condannare l’abuso anziché il semplice consumo risulta un passaggio fondamentale da tenere in considerazione nel pianificare finanziamenti e limitazioni. E le associazioni di categoria chiedono ora un chiarimento su questo snodo.

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