Dopo il via libera M5s al governo Draghi, cade l’ultimo ostacolo alla formazione dell’esecutivo guidato dall’ex presidente Bce. Il premier incaricato ha il quadro completo e può chiudere il
puzzle della squadra di governo. Cresce l’attesa dei partiti, ma timing e lista dei ministri restano nelle mani del professore. Potrebbe salire al Colle per sciogliere la riserva già oggi ma
anche domani.
E sembra ormai chiaro che solo allora le forze politiche che lo sostengono sapranno se i loro desiderata sono stati accolti o meno. Forse martedì al Senato e mercoledì a Montecitorio il voto di fiducia. M5s: su Rousseau il 59,3% per il Sì a Draghi. Di Battista: “Mi faccio da parte”
“Abbiamo indicato con grande chiarezza quali sono i nostri progetti, le nostre idee, i nostri valori al professor Draghi, ora aspettiamo e ci rimettiamo nelle mani del professor Draghi e del presidente Mattarella per quella che sarà la squadra di governo. La cosa positiva è che il Pd unito è in campo per sostenere questa nuova sfida”. Così il segretario Pd Nicola Zingaretti.
“Il Pd non ha avanzato alcuna rosa di nomi per la composizione del Governo. Come ho detto ieri, ci rimettiamo al rispetto dell’articolo 92 della Costituzione che conferisce al Presidente della Repubblica e al Presidente incaricato questo compito. Un’ ipotesi sulla quale c’è l’unanimità della direzione nel corso della quale abbiamo suggerito dei criteri per la squadra: qualità, pluralismo politico, differenza di genere”, ha detto Zingaretti.
Coesione. E’ la parola che Mario Draghi pone al centro, nella formazione del suo governo. E’ coesione sociale, ma anche coesione delle forze che sosterranno l’azione dell’esecutivo. Solo con la coesione – è il ragionamento – si può dare corpo a decisioni coraggiose nel Paese. Ed è questa la ragione per cui i partiti della larghissima maggioranza confidano che il premier incaricato terrà conto delle loro sensibilità, nella scelta dei ministri. Ma sceglierà Draghi, come da sue prerogative costituzionali.
Lo farà dopo aver ponderato ogni scelta, senza mosse frettolose. E non è affatto detto che sciolga già nelle prossime ore, come i partiti si aspettano, la riserva: potrebbe salire al Quirinale venerdì sera o prendersi ancora due giorni di tempo per comporre la lista e poi giurare con i suoi ministri entro la settimana. Prendersi tutto il tempo necessario, è l’indicazione che sarebbe arrivata anche dal Colle. Con il consiglio di non aprire contrattazioni con i partiti ma comporre, dopo attento ascolto, la squadra di più alto profilo da consegnargli al momento dello scioglimento della riserva. L’ex presidente della Bce lavora tutto il giorno senza rompere la regola del silenzio che osserva dal momento in cui ha ricevuto l’incarico, tra la sua casa romana e la Camera. A sera i ‘luogotenenti’ dei partiti si sentono tra loro e appurano che nessuno è stato ufficialmente contattato. Circola voce di un colloquio tra Draghi e Conte e aumentano i rumors di un possibile ingresso del premier uscente nel governo, da ministro degli Esteri o superministro della Transizione ecologica. E’ questa la prima giornata dedicata da Draghi alla composizione della squadra, insieme alla prosecuzione del lavoro sul programma, in vista del discorso sulla fiducia in Parlamento, che si ipotizza possa essere fissato per martedì (se non lunedì) al Senato e il giorno dopo alla Camera.
I cardini sono stati indicati dall’ex presidente Bce nell’intervento al Quirinale dopo aver ricevuto l’incarico e dettagliati nelle consultazioni. Il primo punto è l’uscita dall’emergenza Covid, a partire dall’accelerazione della campagna di vaccinazione sul modello inglese. Solo così si potrà avviare la “lenta” ripresa. Draghi pone al centro dell’azione del suo nascente esecutivo i giovani. Per dar loro una prospettiva di futuro, è cruciale il rilancio dell’economia – ha spiegato agli interlocutori – attraverso il Recovery plan. L’impegno è non alzare le tasse e rilanciare il tessuro produttivo, non puntare solo sui sussidi, ma anche non smantellare il reddito di cittadinanza. E intanto porre al centro di tutte le politiche l’ambiente. Il ministero per la Transizione ecologica, caldeggiato da Beppe Grillo e annunciato alle associazioni ambientaliste, è già oggetto misterioso e ambito da diversi partiti. Per la sua guida viene citato l’ex ministro, apprezzato dai Cinque stelle, Enrico Giovannini, ma anche Catia Bastioli, amministratore delegato di Novamont. Non si esclude però il un ‘superministro’ politico come il premier uscente Conte o lo spacchettamento delle deleghe, dallo sviluppo economico all’ambiente, tra diversi viceministri. Si discute già anche delle ambite deleghe all’Economia, ministero per il quale viene ancora considerato ‘in pole’ Daniele Franco, direttore generale di Bankitalia: si fanno i nomi di Ernesto Maria Ruffini per la riforma del fisco e poi di figure politiche esperte, come il leghista Massimo Garavaglia, nelle caselle di viceministri e sottosegretari. Negli ambienti politici c’è grande agitazione tra chi aspira a entrare al governo, anche da ‘semplice’ sottosegretario.
In giornata si diffonde la voce che Draghi abbia chiesto informalmente alle segreterie di inviare una ‘shortlist’ di candidati tra cui scegliere. Ma su possibili rose di candidati non c’è alcuna conferma e viene smentita, in ambienti vicini al premier incaricato, l’attendibilità di gran parte delle ipotesi circolate negli ultimi giorni. Sarà Draghi a chiamare i ministri, a ridosso della chiusura della lista. La presenza di donne si annuncia consistente. E c’è chi ipotizza che alla fine ai tecnici nel governo vadano deleghe di peso, ma che numericamente i politici possano essere di più. Continua a circolare l’ipotesi che i ministri di partito siano dodici: tre al M5s, due ciascuno a Pd, Fi e Lega, uno a Leu, Iv e Misto. Quanto ai nomi, si citano Giancarlo Giorgetti e Riccardo Molinari o Giulia Bongiorno per la Lega, Luigi Di Maio e Stefano Patuanelli per il M5s (‘fuori quota’, eventualmente, il premier Giuseppe Conte), per il Pd sarebbero in lizza Andrea Orlando, Dario Franceschini e Lorenzo Guerini (difficile l’ingresso del segretario Nicola Zingaretti, anche perché potrebbe chiedere poi di entrare Matteo Salvini). In Fi si citano Antonio Tajani e Anna Maria Bernini, per Leu Roberto Speranza, per Iv Teresa Bellanova. Resisteranno questi nomi alla prova di Draghi? Difficile dire. Così come non confermati sono i nomi dei possibili tecnici al governo. Circola con insistenza l’ipotesi di Carlo Cottarelli alla Pa, Marta Cartabia alla Giustizia, Luciana Lamorgese all’Interno, Rocco Bellantone alla Salute, Elisabetta Belloni agli Esteri.