Questo è uno dei due parchi nazionali della Campania e costituisce sicuramente la punta di diamante del sistema regionale delle aree protette non solo per la sua estensione ma anche per la sua biodiversità e la grande varietà di paesaggio che va dalla costa alla collina alla montagna.
Come parco terrestre, è il secondo d’Italia dopo il Pollino ma con la recente creazione delle 2 aree marine protette – di Castellabate e Punta Infreschi-Masseta – ad esso connesse è ormai la prima area protetta del Paese; ha, inoltre, il numero di gran lunga maggiore di comuni e paesi che ne fanno un unicum nel panorama internazionale. La qualità e il pregio di questo territorio sono testimoniati dai prestigiosi e vari riconoscimenti che si è guadagnato: Patrimonio dell’Umanità; Riserva di Biosfera (in quanto custodisce oltre metà della biodiversità italiana) e ultimamente riconosciuto, sempre dall’UNESCO per la Dieta Mediterranea come bene immateriale dell’Umanità, intesa non solo come alimentazione ma stile e qualità di vita; di recente è entrato a far parte della rete internazionale dei GEO-Parks la cui varietà e monumentalità va dal Flysh del Cilento al grandioso sistema ipogeico (Pertosa e Castecivita) che attraversa trasversalmente l’intero territorio dall’interno alla costa, etc.
A questi riconoscimenti si aggiungono quelli annuali delle Bandiere Blu della Comunità Europea e le Vele di Legambiente che premiano il nostro mare e la sua qualità come tra i più puliti d’Italia. Insomma questo territorio ha tutti i numeri che possono rappresentare la chance per dar vita a un modello di sviluppo – come si usa ancora dire – sostenibile e duraturo, non omologato, autocentrato e autopropulsivo che ne sappia esaltare unicità ed originalità anche verso modelli che oggi vengono definiti di decrescita e resilienza in un’epoca che deve trovare nuove strade che la permanente crisi economica e i cambiamenti climatici impongono sempre più imperiosamente come scelte di vita e di civiltà che non ammettono attese e rinvii.
Molte sono le realizzazioni, le attività e le iniziative dell’ente parco in questi anni di esistenza a livello sia locale che regionale, nazionale ed europeo e internazionale e molte sono le attività indotte e nate grazie ad esso più di quanto non si dica o ci sia percezione e consapevolezza. Il parco è servito a ridare identità e centralità a un territorio e una popolazione marginali e periferici nella geografia fisica e politica della regione, un’identità e una unità che si erano disperse da tempo in frammentazioni locali e municipalistiche.
Il maggiore rischio dell’unità territoriale raggiunta e dell’identità ritrovata è rappresentato dai punti di debolezza che in genere sono dati dal fatto che comunque è un ente con una sua burocrazia che si è aggiunta a quelle già esistenti come ultimo e decisivo anello in qualità di ente sovraordinato e che lo espongono agli occhi dei cittadini e degli altri enti soprattutto come portatore di un ulteriore vincolo che grava nella vita amministrativa ed economica delle comunità locali.
Altro punto di debolezza è dato dalla caratterizzazione sempre più politica e lottizzata della sua gestione che lo fanno sempre più assomigliare a un qualsiasi altro ente o a un carrozzone politico-clientelare e non a un ente di nuova generazione che ha da gestire un’area protetta e i suoi delicati equilibri con la popolazione e le attività antropiche Le aree protette, dall’esperienza finora fatta, hanno bisogno di una necessaria autonomia e stabilità di gestione che non sia compromessa e di fatto vanificata dal carattere politico delle nomine che col cambiare dei quadri politici nazionali, regionali e territoriali finiscono col rompere il carattere di autonomia e continuità programmatica, culturale e politico-gestionale di cui questi enti hanno bisogno pur senza negare le istanze politiche e locali ma senza pregiudicarne la dimensione nazionale e transgenerazionale.
Alcuni parchi hanno saputo aggiungere ai fondi ordinari quelli europei che hanno consentito il raggiungimento di obiettivi straordinari difficili però da trasformare in realtà durature.
La Regione Campania pur avendo una delle più alte percentuali di aree protette non è capace ancora di destinare dei fondi propri non sa fare di esse la punta di diamante di una nuova politica rivolta alla valorizzazione anche economico-occupazionale e turistica.
Nella stessa utilizzazione dei cospicui fondi europei ha segnato ritardi inammissibili quando non una incapacità di spesa. Per superare questo impasse, il Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni per la complessità del suo territorio e per il delicato equilibrio tra natura, paesaggio e attività antropiche che finora ha saputo sostanzialmente preservare deve avere la capacità di andare anche oltre i suoi stessi obiettivi di stretta competenza sapendo indicare all’intero territorio e alle sue rappresentanze istituzionali e politiche mete e obiettivi che siano coerenti con essa sapendone preservare e valorizzare nel contempo le immense e incomparabili risorse disponibili che possono trasformare un territorio da mediamente povero in un territorio ricco e felice.