Oggi Papa Francesco inizierà la sua prima visita ufficiale dall’inizio della pandemia da Covid-19, che durerà quattro giorni durante i quali girerà l’Iraq da Nord a Sud. Non si tratta certamente di un viaggio privo di rischi, soprattutto considerato l’andamento della pandemia, che attualmente provoca ancora cinquemila nuovi contagi al giorno, con picchi che sono paragonabili a quelli altissimi registrati alla fine dello scorso anno.
Il Papa incontrerà i perseguitati cattolici di rito siriaco, visiterò Najaf, uno dei siti più importanti per i musulmani sciiti e si recherà nel paese dove nacque Abramo, figura sacra non solo per il Cristianesimo ma anche per l’ebraismo e l’Islam.
Non si tratta certamente di una scelta casuale: per l’Iraq-territorio di guerre costanti- è la prima visita di un pontefice e Papa Francesco durante il suo mandato ha abituato i fedeli a visite in luoghi assai remoti e meno sicuri di quelli che avevano scelto i suoi predecessori. Basti pensare a Cuba, alla Repubblica Centrafricana, al Kenya, alla Bolivia, e ora 700 Km e decine di visite in una terra instabile come l’Iraq.
Il pontefice ha dichiarato di essere Il pastore della gente che soffre, dunque la visita che è stata rimandata da oltre un anno a causa della pandemia, non può aspettare oltre.
“Il Papa si reca in una terra tormentata e disastrata dall’umana insipienza e lacerata da atavici odi e rancori in cui la gente comune soffre e pena e muore. Va a portare un’ondata di pace e di serenità che possono scaturire dal reciproco perdono nella riscoperta della fede in Dio, il solo capace di far scaturire la pace”: che sia questo il sentire comune.
A cura di Giusy Santella