“Siamo giornalisti, abbiamo un’enorme responsabilità, che è semplicemente quella di fare il nostro dovere, per informare. Oggi più che mai serve un’informazione indipendente, autonoma e libera, perché i cittadini, grazie all’informazione e alla cultura, potranno scegliere da che parte stare. Ecco perché questo Paese non ha bisogno di eroi ma di cittadini e di giornalisti, quindi, che facciano il proprio dovere”.
Autore del libro edito da Solferino, “Un morto ogni tanto. La mia battaglia contro la mafia invisibile”, Paolo Borrometi ha raccontato la sua esperienza a Castel dell’Ovo, nell’ambito dell’iniziativa organizzata da Banco Bpm e Fondazione Tosi.
Ragusano, classe 1983, presidente di “Articolo 21”, giornalista in prima linea, costretto a vivere sotto scorta, Borrometi rifugge l’etichetta di eroe. La sua una denuncia su un fenomeno ritenuto in declino ma in realtà più pervasivo di sempre, da combattere attraverso la conoscenza del nemico.
“Vivo con una spalla menomata, a seguito di un’aggressione, con quattro condanne a morte da quattro clan diversi e un attentato scoperto grazie alle Forze dell’Ordine e alla magistratura di Catania appena un anno fa. Eppure continuo a raccontare, perché la legalità non è un concetto astratto ma qualcosa da ricercare nella quotidianità. Non c’è solo la mafia da sconfiggere ma anche la cultura mafiosa, che scambia il diritto con il favore, la raccomandazione, quelle “culture” che noi dobbiamo denunciare e che ogni cittadino dovrebbe rifiutare”.
Impegno e testimonianza, senza drammatizzare né mitizzare, senza cedere alla paura. Nella città di Giancarlo Siani, Borrometi chiarisce di essere “contro certe narrazioni che vedono solamente il male. Non sono stato lasciato solo dalle istituzioni dello Stato. Se ci sono degli eroi in questo Paese, sono coloro i quali portano la divisa. Va esaltata la squadra Stato, che ha funzionato in silenzio. Lo Stato mi ha salvato la vita e questo lo rivendico con assoluta forza”.
Non specula sul dolore subito, non c’è volontà narcisistica nelle sue inchieste. L’intervento dell’ex Procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, avvalora l’esempio di lotta e resistenza incarnato da Borrometi: vicinanza effettiva e condivisione di pensiero. “Le mafie sono state sconfitte, quando lo Stato ha fatto lo Stato (allusione al clan dei Casalesi, completamente decapitato e distrutto), serve rafforzare la cooperazione internazionale e ripristinare la commissione antimafia del Parlamento europeo, per sensibilizzare gli altri paesi sul tema delle mafie, non un problema italiano soltanto ma mondiale”, annuncia il neo eletto a Bruxelles. “Globalizzazione, disarmonie legislative, l’incrocio tra offerta e domanda dei servizi criminali (estorsione, droga, voto di scambio, traffico illecito di rifiuti, riciclaggio) e soprattutto la mancata attuazione dei principi della Costituzione i fattori di forza delle mafie. Fondamentale mettere al centro i diritti dei cittadini (lavoro, ambiente, sanità, giustizia), attuare la Costituzione è la vera sfida e la più grande azione antimafia che si possa immaginare, una priorità assoluta con il necessario impegno finanziario, organizzativo e politico”, avverte Roberti. “Felice il paese che non ha bisogno di eroi”, cita la “Vita di Galileo” di Bertolt Brecht, Umberto Ambrosoli, figlio dell’indimenticato Giorgio Ambrosoli e presidente Banca Aletti, che focalizza la sua riflessione sul senso del dovere e la centralità del rispetto delle regole anche dinanzi ai tanti bivi della vita. Particolare attenzione verrà rivolta alle periferie di Napoli con il progetto “Dolcenera”, sostenuto da Banco Bpm e presentato da Federico Tosi, per il recupero dei ragazzi e il loro reinserimento sociale in impianti sportivi, agevolando la ricerca del lavoro. Hanno partecipato all’incontro il prefetto di Napoli, Carmela Pagano, il generale di corpo d’armata Ignazio Gibilaro, a capo del comando interregionale dell’Italia meridionale della Guardia di Finanza, ex comandante dello SCICO, che da giovane capitano 26enne guidò la squadra che conduceva le indagini bancarie per il pool antimafia. “Un ricordo del cuore e della professione: quattro anni di lavoro con i giudici istruttori Falcone, Caponnetto e altri”.
E poi il mondo dello sport con le sue segmentazioni: le Fiamme Oro, il pugile Vincenzo Picardi, bronzo alle Olimpiadi di Pechino 2008, il tecnico della Nazionale italiana giovanile di judo Raffaele Parlati, gli atleti della Nippon Club di Ponticelli, Luca Marmo del Kodokan, Elio Otena, patron della Capri-Napoli, il maestro Gianni Maddaloni con i ragazzi della Star Judo Club di Scampia, il plurititolato campione di kickboxing Francesco Iaconangelo con il suo coach Fulvio Panarella, il pallanuotista e capitano della Campolongo Hospital Rari Nantes Salerno Andrea Scotti Galletta, Federico Calvino, della piscina Galante di Scampia, Roberto Di Lorenzo, presidente Vivi Basket e Antonio Piccolo, presidente della scuola calcio Arci Scampia, Antonio Corbo (Repubblica Napoli), Leandro Del Gaudio (Il Mattino), Alessandro Fattore e Maurizio Castagna della Fondazione Cristiano Tosi. “Le mafie non verranno mai sconfitte solo dalle brillanti Forze dell’Ordine e dalla magistratura ma dall’impegno di ognuno di noi, quindi bisogna fare il proprio dovere e leggere, perché ci rende liberi. L’articolo 21 della Costituzione non è il solo diritto del giornalista di informare ma il diritto del cittadino ad essere informato”.
Il ricavato del libro andrà in beneficenza.