Napoli e provincia, per la presenza di due distinti vulcani, sono ricchissime di acque termali che, a seconda della composizione, sono dotate di prodigiose virtù curative per le più svariate patologie, un grandioso patrimonio sottoutilizzato che potrebbe trasformarsi in una grande risorsa economica(fig. 1).
Sin dal medioevo Pozzuoli e Baia, per la caratteristica peculiarità delle loro acque, ad uso della balneoterapia, vennero alla cronaca attraverso una sorta di “Guida” che costituiva non solo una localizzazione delle fonti naturali ed attive che esistevano in quel tempo nel territorio flegreo ma, soprattutto, ne indicava l’utilità nei rimedi per combattere qualsiasi genere di dolore. Il testo, che è considerato tuttora un valore documentale della medicina medioevale, sia per le scienze che per la terminologia e la pratica attuativa, è il codice pergamenaceo “De balneis Puteolanis” attribuito a Pietro Anzolino da Eboli, un chierico della corte di re Manfredi, forse medico, testo che si fa risalire alla scuola medica campana operante tra il 1258 ed il 1266, che già prima di questa pubblicazione godeva di una notevole fama. Il prezioso codice, che comunque ha subito nel tempo la mutilazione di diciotto carte miniate descriventi trenta bagni, è conservato in pochissimi esemplari in alcune biblioteche tra le quali la Biblioteca Angelica di Roma, dove abbiamo potuto consultarlo con grande interesse. In esso sono descritte una serie di terme, molte delle quali non ancora esaurite.
Facendo tesoro di un articolo di Aurelio De Rose, contenuto nel suo libro “Neapolis aneddotica e memoria, gli antichi bagni termali e i loro benefici”, partiamo dal Balneum Sudatorium, oggi conosciuto come Stufe di San Germano, inglobate nell’omonimo hotel posto all’inizio della via Domiziana, frequentato un tempo dai giocatori delle squadre di calcio ospiti, per incontrare il Napoli, che ne sfruttano, attraverso l’abbondante sudorazione, la capacità di liberare il corpo dalle tossine.
Continuiamo: il Balneum Plagae, sue Balneorum, ovvero l’odierna Bagnoli, posto alle falde del monte Olibano, le cui acque curavano qualsiasi morbo; Balneum Sulphatara(fig. 2 ), presso l’omonimo monte che oggi ha solo il cratere attivo ed allora curava la sterilità delle donne; Balneum Bullae, in località Pisciarelli ad Agnano, con le acque in ebollizione che tra gli altri suoi pregi aveva quello di curare la vista; Balneum Petrae, nella località che ancora oggi è detta La Pietra, che annullava calcoli e giovava alla vescica ed al cuore; Balneum Calatura, alle pendici del monte Olibano, utile sia alle cure della pelle che ai polmoni, oltre che alla mente;Balneum S.Anastasie, presso la località Cappuccini tra Bagnoli e Pozzuoli, la cui sorgente, oggi assorbita dal mare, curava gli arti rinnovando la forza del corpo;Balneum Cantarellus, presso il Tempio di Serapide a Pozzuoli, oggi non più esistente, che cancellava le ulcere della pelle e giovava agli artritici; Balneum Tripergula(fig. 3 ), presso il lago d’Averno, utile a chi soffriva di iperidrosi (sudore) e debolezza del corpo.
La punta che chiude il golfo di Baia dalla parte di Pozzuoli è nota come Punta Epitaffio, perché poco distante da qui, presso le attuali Stufe di Nerone, il vicerè spagnolo don Pedro d’Aragona volle fosse posta un’iscrizione nella quale si elogiavano le proprietà terapeutiche dei sudatorii.
In mare, presso questa punta, esistono inabissati i resti di due complessi monumentali: una villa che fu dei Pisoni ed un insieme di edifici che dalla cima di Punta Epitaffio si distendevano fino alla riva antica del mare, di cui resta un ninfeo straordinario(fig. 4).
La tradizione letteraria e la suggestione popolare legarono l’impianto termale più singolare del territorio al nome dell’imperatore. Il sudatorio di Tritoli(fig. 5 ) così anche era noto, doveva essere parte di un grandioso complesso termale che sorgeva su tre livelli: dal mare, fino ad oltre metà dell’altura dell’ altura.
Il primo livello è oggi sommerso, ma oggi come allora, tuttavia, il calore continua a sprigionarsi da una falda sotterranea e, convogliato in due cunicoli, raggiunge le stanze che ancora rispettano l’originaria disposizione.
Anche i resti dell’antico Bagno di Tritoli sono stati identificati dov’è l’attuale chiesa di San Filippo. Il Balneum Trituli era caro ai Romani, ma raggiunse la massima notorietà nel Medioevo. “Qui dicono fossero tante statue di stucco che dimostravano con l’attitudini, a che giovasse quel Bagno. Si racconta che i medici salernitani, vedendo che i malati più non ricorrevano a loro, ma ai bagni, partiti da da Salerno con ferri e venuti a Tritola avessero rotto le statue e guaste le iscrizioni”(Parrino 1709).
Poco distante doveva esserci il Balneum Silvianae, anche esso citato da Pietro da Eboli.
Oggi il moderno complesso termale delle Stufe di Nerone testimonia dopo 20000 anni la continuità col passato, il cui spirito esala ancora da questa terra, tra i vapori dei sudaticci naturali che agli antichi parvero “la virtù miracolosa delle terme”(Amedeo Maiuri).
Incastonate nello splendido scenario dei Campi Flegrei, le Stufe di Nerone(fig. da 6 a 10) sono le terme in Campania conosciute fin dai tempi antichi per la cura e per il relax. Le acque termali che sgorgano alla temperatura di 80°C sono ricche di preziosi elementi minerali necessari al corpo per rimanere in tono ed elasticità; ma sono anche riconosciute ottime alleate per la cura di reumatismi, artrosi, per la riabilitazione…
L’ampio parco termale con le sorgenti naturali, le palme, gli ulivi, le pergole, permettono di vivere una piacevole giornata di relax all’aperto, intervallando una sauna, un idromassaggio nella piscina termale nella zona calda.
Una esperienza ai limiti dell’estasi che va ripetuta più volte, quasi all’infinito.