Ad Aleppo si continua a vivere di morte. Le bombe, barili arrugginiti pieni di chiodi, o al fosforo, cadono sulle case diventate prigioni, sugli ospedali pieni di gente ferita, sui medici, sulle scuole, sui mercati, sui nascondigli di civili che invocano pietà di fronte al duello insanguinato del potere. I colpi di fuoco dei cecchini si scagliano a terra come fulmini impazziti, ingoiando ogni cosa per poi sputarla tra detriti e disperazione.
In uno scenario da apocalisse indisturbato, spunta però, una storia di eroismo e umanità che racconta di uomini comuni. Sono i “Caschi Bianchi”, collegati alla cosiddetta Difesa civile siriana, attivi dal 2013. Panettieri, insegnati, ingegneri, operai: sono i civili che aiutano i civili.
Scavano a mani nude, senza sosta, di notte, di giorno, sempre, alla ricerca di una voce, di un pianto, di un gemito. Tirano fuori corpi intrappolati in mura sgretolate. Alcuni sono vivi, altri non più. Alcuni sono piccoli, altri, spesso, piccolissimi. Ad oggi, sono più di 60.000 le vite salvate dai White Helmets. Rischiano, e talvolta non ce la fanno, come Khaled Omar, morto mesi fa durante un attentato.
Questo è solo uno dei tanti video che circolano sulle pagine social in grado di collegarci al mondo dell’orrore. L’uomo, dopo aver tratto in salvo la neonata, coperta da polvere e sangue, si abbandona ad un pianto disperato.
CANDIDATI AL NOBEL PER LA PACE.Sono 130 le organizzazioni da tutto il mondo che hanno sostenuto la nomina dei Caschi bianchi al Premio nobel per la pace. I vincitori saranno annunciati il 7 ottobre prossimo.