Dopo la recente restrizione presa dal governo talebano per il burqa per le donne, “Lavoro, Libertà, Diritti”: sono stati gli slogan intonati dalle donne, che a gran voce sono tornate a farsi sentire a Kabul. Piegate da fame, crisi economica, assenza di diritti e di prospettive, dozzine di afghane sono tornate in piazza nella capitale per protestare contro il regime dei talebani, al potere da agosto.
Le immagini della loro rabbia sono state diffuse dalla tv afghana Tolo News (semi-indipendente) e rilanciate dalla France Presse, fra i pochi media occidentali a mantenere una presenza costante nel Paese. Le manifestazioni sono state accolte con colpi di arma da fuoco sparati in aria dai membri delle forze di sicurezza talebane, per fortuna non ci sono stati feriti. Le proteste si sono svolte in due separati luoghi e momenti, la prima ha visto come protagoniste donne scese in piazza per chiedere la fine delle esecuzioni extra-giudiziarie di cui il nuovo regime si è reso protagonista da quando è al potere. Da considerare che ad oggi si contano più di 100, secondo un report congiunto di Nazioni Unite, Amnesty International e Human Rights Watch, i giovani uomini uccisi da quando c’è stato il cambio di potere, in buona parte ex membri delle forze di sicurezza afgane, nonostante le rassicurazioni date dai talebani sul fatto che non ci sarebbe stata nessuna vendetta contro chi li aveva combattuti.
Non meno importante è stata la seconda protesta che aveva come tema il mancato rispetto del diritto al lavoro e all’educazione per la popolazione di sesso femminile, nonostante le rassicurazioni dei talebani, mirate ad assicurarsi il ritorno degli aiuti internazionali nel Paese piegato da freddo e crisi economica, la maggior parte delle studentesse afghane sono ancora a casa, così come la totalità delle donne che lavoravano sotto il precedente governo, non è consentito per loro gli uffici governativi, partite le organizzazioni internazionali, a migliaia sono rimaste a casa senza mezzi di sostentamento e chiedono aiuto per poter lasciare il Paese. Cosa che al momento risulta difficilissima.
La dottoressa Clelia Nobile, Psicologa Clinica ed esperta in criminologia, in una dichiarazione:
«Con il ritorno del regime talebano, purtroppo, si assiste ad un deterioramento della condizione femminile in Afghanistan. Migliaia di donne vedono svanire anni di lotta e sacrifici per la loro emancipazione e tutela. Inizialmente, attraverso il portavoce dei capi talebani, questi avevano mostrato apertura verso la conservazione dello status della donna nel mondo del lavoro, nelle scuole e nella società ma, ad oggi, purtroppo, queste promesse non si sono dimostrate vere, facendo ripiombare le donne, ancora una volta, nel dramma della sopraffazione e della sottomissione all’autorità maschile, ancorati all’idea della donna secondo la cultura del fondamentalismo islamico».
Anche l’attivista Samira Hamidi, in un tweet rilanciato centinaia di volte «I talebani stanno mostrano la loro vera faccia hanno imposto restrizioni sulle donne una dopo l’altra. I loro recenti editti mostrano chiaramente che seguono la stessa strada già percorsa nel 1996 quando le donne e le ragazze non erano considerate parte della società».
A cura di: RaffaeleFattopace