Si è svolto l’11 marzo, presso il prestigioso Convitto Nazionale G. Bruno di Maddaloni (CE), “La via crucis di Aldo Moro”, un convegno di studi in memoria del Presidente della Democrazia Cristiana rapito dalle Brigate Rosse il 16 marzo 1978.
Sono intervenuti il Rettore del Convitto Prof. Michele Vigliotti; l’attore Pierluigi Tortora; l’Onorevole Camilla Sgambato, componente della Commissione Istruzione e Cultura della Camera dei Deputati e l’Onorevole Gero Grassi, membro della Commissione Parlamentare d’inchiesta sul rapimento e la morte di Aldo Moro.
Assente, per impegni ministeriali, Monsignor Giovanni D’Alise, Vescovo della Diocesi di Caserta, che in un messaggio si è detto vicino a quanti si impegnano per la legalità e la giustizia e lottano contro la corruzione. Parole queste che risuonano quantomai significative visto il terremoto politico vissuto dalla città il 7 marzo a seguito dell’arresto, tra gli altri, del Sindaco Rosa De Lucia, accusata proprio di corruzione, tentata induzione indebita e peculato in concorso.
“Anche se in questi giorni si sono dimessi tutti i consiglieri comunali di maggioranza – ha dichiarato il Rettore Vigliotti – abbiamo deciso di svolgere ugualmente il convegno, ritenendolo un’importante occasione di riflessione per gli studenti”. Oltre a Moro, di cui ha sottolineato la perseveranza e la grande lezione di bene comune – il Professore ricorda Bachelet e i giudici uccisi dalla criminalità organizzata e cita Borsellino: “Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”.
Accolta con calore la proiezione in anteprima del cortometraggio “Il caso Moro” di Felice D’Andrea, trasposizione di una delle lettere più famose del politico italiano interpretato dall’attore Pierluigi Tortora, presente in sala.
A seguire il toccante e partecipato discorso dell’On.le Grassi, che ha illustrato ai giovani studenti le conquiste di Moro – da quando, giurista, si batté contro lo Statuto Albertino per l’uguaglianza del diritto all’istruzione fino alla realizzazione di Non è mai troppo tardi, il programma Rai che ha contribuito significativamente all’alfabetizzazione di circa 3 milioni di italiani – fino a una ricostruzione particolareggiata del rapimento e del ritrovamento del corpo di Moro. “Il 16 marzo avevo meno di 20 anni, quando lo ritrovarono ne sentivo 80: quei 55 giorni ci invecchiarono per la paura e per l’incertezza di quello che il futuro ci avrebbe riservato”, ha dichiarato Grassi.
L’Onorevole, che da anni si batte affinché sia fatta chiarezza sul caso Moro, non ha risparmiato nomi e cognomi: ecco che i titoli degli articoli di Mino Pecorelli, l’errore di sottovalutazione del generale Bozzo, le minacce da parte del Segretario di Stato americano sono tessere di un mosaico complesso e ancora poco chiaro che coinvolge affiliati della P2 e della Banda della Magliana così come membri dei Carabinieri e della Polizia di Stato, rinforzando quel concetto – espresso da Carlo Bo – di “delitto d’abbandono” in cui risulta arduo trovare innocenti.
“Questa problematica non appartiene al passato ma a noi, all’Italia di oggi. Il mio scopo non è resuscitare un cadavere, ma dargli giustizia e assicurare ai giovani un Paese più civile e democratico” ha affermato Grassi, concludendo il suo intervento citando una lettera in cui Moro afferma di essere stato ucciso tre volte, dichiarazione a cui ha fatto eco quella dell’On.le Sgambato: “iniziative come questa sono importanti per far sì che Aldo Moro non muoia per la quarta volta”.