Cultura

ALLA GALLERIA TOLEDO, A NAPOLI, LA COMPAGNIA DI TEATRO STABILE D’INNOVAZIONE, PRESENTA “MISURA PER MISURA” DI WILLIAM SHAKESPEARE

Un nuovo allestimento si aggiunge alla rosa delle produzioni di Galleria Toledo, che negli ultimi anni ha scelto di dare risalto all’opera di William Shakespeare, realizzando un imponente progetto, che ha inteso portare in scena cinque “plays” dal vasto repertorio shakespeariano. Dal 15 al 23 marzo, in occasione del compimento dei 500 anni dalla morte dell’Autore, si è scelto di accedere alla messinscena di MISURA PER MISURA, testo tra i più complessi e trasgressivi, collocato a mezzo fra commedia e dramma, e più precisamente “dark comedy”, com’è solita essere definita dalla critica. Un percorso registico seguito con il consueto rigore, che con lucidità affronta nuovamente un testo affascinante, e ci riporta programmaticamente, già dallo stesso titolo, alla qualità dei pesi e alle misure, con cui l’autore, procede a valutare, in un intreccio complesso e intricato, la non facilmente calcolabile “summa” dei comportamenti umani posti su una bilancia etica che oscilla tra virtù e vizi, attribuendo precisi valori di giudizio alle azioni guidate dalla, non sempre limpida, coscienza individuale dei personaggi. 
“Opera d’incredibile contemporaneità, non solo nel tracciato della materia che il racconto scenico sviluppa; anche nell’andamento della struttura drammaturgica e nella libertà linguistica, assolutamente aderente ai temi posti in campo.
“…Shakespeare ci lascia senza fiato dal punto di vista della morale, e sconcertati da quello dell’immaginazione, come se volesse porre fine alla commedia stessa spingendola oltre tutti i limiti possibili, oltre la farsa, ben oltre la satira e forse l’ironia più cruda. Il termine comicità… non ci è di alcuna utilità quando cerchiamo di caratterizzare Misura per Misura, un dramma così amaro e feroce da non avere simili…” (Harold Bloom, SHAKESPEARE l’invenzione dell’uomo)
Ampio, vivacissimo, composito, soprattutto sfacciato, l’universo che dà vita a una Vienna fuori dalle regole e dissennata. Ogni personaggio è un abisso di interiorità, tanto profonda e oscura da rendersi imperscrutabile anche all’occhio dello spettatore più scaltro. Come accedere, allora, alla coscienza di ciascuno di essi? Se ciò non è consentito, in dipendenza del tratteggio stesso che ne fa l’autore, come riproporli nel corpo della messinscena? Gli attori riusciranno a fare propria quella opacità – poiché questo è il tratto dominante che li accompagna- che il citato Bloom denuncia, quasi ciascun personaggio si autorappresentasse “attraverso uno schermo opaco”?
E’ questa la grande scommessa della regia, cui si augura faccia indispensabile riscontro la generosità degli attori.
La storia prende spunto con il volontario allontanamento di Vincenzo, Duca di Vienna, dalla carica che gli è propria, e il conseguente affido di ogni potere all’irreprensibile Angelo, che con la gravità del suo intendere la gestione della giustizia secondo ispirazioni sostanzialmente puritane, si pensa possa ricondurre il popolo alla contenutezza dei costumi, e al rispetto delle leggi. Il plot è condotto dalla vicenda di Claudio – condannato a morte per avere resa incinta Giulietta sua sposa segreta- e l’intervento della di lui sorella Isabella, “eroina casta e apocalittica”, la cui bellezza accende d’incontenuta passione Angelo: ecco dunque il sovvertimento morale, anche di colui che della morale avrebbe dovuto essere custode, con la ricattatoria richiesta di prestazione carnale. Ma al primitivo puritanesimo di Angelo, ormai da lui tradito nei fatti, corrisponde nella ragazza una ben più radicata interpretazione della propria illibatezza – essendo essa tra l’altro più predisposta al chiostro che alla vita mondana – così che, nella tessitura di controverse soluzioni, Vincenzo è costretto a riprendere il ruolo che il titolo gli affida, per portare a salvezza Claudio, e non solo, con finale di nozze riparatrici.
Tutt’intorno un popolo di prostitute, ruffiani, sedicenti operatori del sesso illecito –molto gustosamente messo a fuoco- che alla rozza e sfrontata sopraffazione delle regole affida il proprio “tirare a campare”, con sedimentato scavalcamento di ogni confine etico e giuridico; né vengono sottolineati con minore brillantezza il degrado e l’inconsistente competenza della burocrazia, di cui l’eccellente Gomito si fa testimone grazie anche alla dotazione linguistica che gli è conferita, irresistibile per comicità e suggestioni del carattere.”

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