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ANCORA TROPPI SUICIDI, IL CARCERE AL TEMPO DEL COVID L’ALLARME DEL GARANTE CIAMBRIELLO: “LE GALERE SERVONO A TOGLIERE LA LIBERTÀ, NON LA VITA”

L’emergenza coronavirus ha pesato enormemente sulla già precaria situazione delle carceri in Campania. Dall’inizio dell’anno fino ad oggi in Italia si sono registrati 21 suicidi. Tre suicidi in Campania, dal 27 febbraio a oggi.

Le galere servono a togliere la libertà, non la vita. Ogni suicidiodichiara il Garante regionale dei detenuti Samuele Ciambrielloha una risposta diversa ma comunque propone sicuramente delle domande: le sintesi esplicative non funzionano per spiegare gesti di disperazione così gravi. La scelta di una persona di togliersi una vita non deve mai, da nessuno, essere strumentalizzata. Mi colpisce il fatto che tra gli ultimi suicidi in Italia ci siano persone che avevano appena fatto ingresso in istituto ed erano state collocate in isolamento sanitario   precauzionale.   Dietro   una   scelta   suicidaria   può   esserci   solitudine, disagio psichico,trattamento sommario con psicofarmaci, assenza di speranza, disperazione per il processo o la condanna, abusi. Non è possibile ricondurre a una la motivazione“.

Il 27 febbraio Dario, 38 anni, si impiccia nel carcere di Secondigliano; il 5 aprile Emil, rumeno di 32 anni, si impicca nel carcere di Aversa e, infine, il 5 maggio Lamine, di origine algerine, 28 anni, si è suicidato per asfissia nel carcere di Santa Maria Capua Vetere.

Non   si   può   morire   di   carcere   in   carcere.   Invito   le   istituzioni   ai   vari   livelli,  Ministero  della   Giustizia,   gli operatori   del   privato   sociale,  ad   una   riflessione   perché   accanto   alla   precarietà   endemica   del   carcere   si stanno aggiungendo vulnerabilità e disagi, in questo periodo di Covid. In questo senso occorre prevedere un incremento di figure sociali, sostanziali, altro che un concorso per soli 95 educatori in tutta Italia. Sarebbe opportuno prevedere l’inserimento di un numero maggiore di figure assistenziali e sociali attraverso basi concorsuali più ampie, dando la possibilità a donne e uomini capaci di poter portare il loro contributo professionale a chi, in carcere, si sente solo e abbandonato. Bisogna andare oltre l’attuazione di quel protocollo anti-suicidario che si applica in condizioni normali ma non dà buoni risultati”, così conclude il Garante dei detenuti della Campania Samuele Ciambriello.

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