Cultura

ANTICHE TRADIZIONI IN UN MARE DI STORIA E DI BELLEZZA

La bellezza del golfo di Napoli è accresciuta dalle stupende isole che gli fanno da corona: Capri, Ischia e Procida, in rigoroso ordine alfabetico. Una romana, l’altra greca, le prime due gareggiano per bellezza, monumenti e cucina. Due gemelle diverse, amate in egual misura da vip e turisti mordi e fuggi, con le loro attrazioni celebri in tutto il mondo, in grado di calamitare fiumane di visitatori, dalla Grotta Azzurra a Villa Jovis, dalle terme Poseidon ai giardini della Mortella, senza dimenticare l’incanto di Procida con l’Oasi di Vivara, dove il tempo sembra essersi fermato.

Napoli, senza le sue isole che la contornano e lo stretto legame che ogni giorno si rinnova, non sarebbe la stessa, privata di quella preziosa corona di gemme che la circonda; distinte per la loro diversa conformazione in “virgiliane” quelle flegree, tufacee ed “omeriche” quelle della costiera sorrentina, “dolomitica” Capri.

Gli abitanti delle isole presentano caratteristiche comuni, influenzate dal mare che li delimita, il quale determina anche un particolare sviluppo dell’economia, della vita sociale, delle tradizioni civili e religiose.

Nel microcosmo isolano assume un ruolo trainante la formazione scolastica di matrice marinaresca con prevalenza di istituti nautici e professionali marittimi, i culti religiosi indirizzati alla venerazione di santi in qualunque modo legati alle acque, come San Francesco di Paola o Santa Restituta, le tradizioni popolari, con processioni caratterizzate da parziali percorsi tra le onde, come per la festa di San Vito, mentre le chiese sono piene di ex voto e quadretti d’argomento marinaro, ma, soprattutto, le attività commerciali ed artigianali, prima di essere soppiantate dalle attività turistiche, ruotano quasi tutte intorno al mare, dall’armamento navale alla pesca.

Ogni isolano subisce un’attrazione fatale con il proprio scoglio e, se deve recarsi sulla terraferma per acquisti od altre incombenze, non vede l’ora di tornare a casa ed è attaccato alla sua isola più che un cittadino alla sua città o un paesano alla sua cittadina.

Festa di S. Restituta

Ischia, prima dei Romani, era colonia greca e più tardi è stata interessata dai flussi turistici, specialmente tedeschi. Tra i turisti affezionati un posto di rilievo è occupato dalla cancelliera Angela Merkel, da decenni habituè dell’isola, da quando, in quel di Sant’Angelo, prendeva il sole “nature”: oggi, dopo aver pagato regolarmente il biglietto dell’aliscafo, va a cenare a casa dell’amico Jacono, il maitre licenziato dall’albergo in cui trascorre da anni le sue vacanze, ancora in grado di preparare per lei ed il marito gustosi manicaretti.

Rimanendo in ambito gastronomico, si può andare ad Ischia o a Capri anche soltanto per gustare le prelibatezze della tradizione culinaria partenopea, dalla spigola al calamaro, dai timballi di maccheroni al ragù fino alle deliziose pastiere, mentre Ischia è famosa per il coniglio, cotto lentamente nel coccio secondo svariati modi al punto che ogni casa crede di essere l’unica titolare della vera ed unica ricetta, tramandata da generazioni.

Anche Ischia, isola verde per eccellenza, ha i suoi trionfi di bouganville e gelsomini. Che dire dei giardini Poseidon dove le vasche si susseguono a picco sul mare e si passa dal tiepido amniotico al caldo vulcanico ed al fresco dolce, mollemente adagiati nell’acqua termale su cui galleggiano petali di rose? E se proprio volete un tocco di chic, abbiamo ancora il giardino della Mortella, il giardino del raffinato sir William Walton, musicista e gaudente, davvero splendido. In alto sul mare di Forio, è un delicato e metamorfico delirio di piante tropicali che nella terra calda prosperano felici, mescolando orchidee rarissime a palme arcane: pochi passi in mezzo a questi tropici mediterranei e ci si trova in un altro mondo, in un’epoca in cui la bellezza si trasformava in musica della realtà.

Ischia durante l’estate raggiunge i 500.000 abitanti e lungo le sue coste si muovono migliaia di natanti, dal gozzo dell’impiegato o del piccolo commerciante alle lussuose imbarcazioni da nababbo, lunghe decine di metri e cariche di donne tenebrose ed affascinanti. E, nonostante la grande confusione e l’inevitabile aumento dell’inquinamento, ci sarebbe da rallegrarsi, segno che l’economia, principalmente quella sommersa, non va così male come vogliono convincerci i nostri amati governanti ideatori della prossima severa finanziaria.

Le feste religiose sulle isole offrono spesso uno spettacolo toccante: la processione per le acque della statua del santo che si celebra. Questo accade anche a Lacco Ameno in occasione di una delle feste più grandiose dell’isola: la festa di Santa Restituta.

Oltre che per il significato religioso, la Festa di Santa Restituta, a Lacco Ameno, è importante perché sancisce l’inizio della bella stagione sull’isola d’Ischia. Non l’inizio della stagione turistica, che per convenzione coincide con l’avvento della Pasqua, ma proprio l’inizio dell’estate. Insomma, mare, sole, spiagge e tutto l’immaginario tradizionalmente associato a una località balneare. Del resto, maggio è il mese ideale per visitare Ischia. Le giornate si allungano, le temperature aumentano gradualmente e ancora non c’è la calca di luglio e agosto.

Ma torniamo alla festa di Santa Restituta. Uno dei momenti più importanti delle celebrazioni – il clou dei festeggiamenti è il 16, 17 e 18 maggio – è la rappresentazione dello sbarco della martire tunisina sulla spiaggia di San Montano. Leggenda vuole che il corpo esanime della santa sia approdato sulle coste di Lacco Ameno dopo esser miracolosamente scampata al fuoco che i romani le avevano “riservato” per punizione. Santa Restituta, infatti, è una dei 49 martiri di Abitina, i cristiani processati e giustiziati nel 304 in Tunisia per non aver rinunciato alla loro fede; e assai venerati, per questo, dalla Chiesa cattolica.

Sempre secondo la leggenda, subito dopo lo sbarco, sulla spiaggia di San Montano fiorirono migliaia di gigli bianchi, da quel momento associati alla venerazione della santa divenuta in seguito patrona di Lacco Ameno. Figura centrale del racconto è anche una donna del posto – Lucina, il nome – che, avvertita in sogno della presenza, sulla spiaggia, della martire africana, si assicurò di darne degna sepoltura ai piedi della collina di Monte Vico, proprio dove oggi sorge la Chiesa di Santa Restituta.

Leggenda o no, è un fatto che sotto la cripta della basilica, negli anni ’50 del secolo scorso furono rinvenuti diversi reperti attestanti la presenza in loco di un antico cimitero paleocristiano, a conferma della profondità della fede sull’isola d’Ischia.

Merita una visita anche la chiesa, secondo alcuni la più bella dell’isola. Si trova al termine del corso Angelo Rizzoli, di fianco all’attuale municipio costruito dai frati Carmelitani. Pianta rettangolare, navata unica e soffitto cassettonato, la chiesa è piena di ex voto dedicati alla Santa, cui del resto era assai devoto anche il poeta francese Alphonse De Lamartine, uno degli ospiti illustri di Casamicciola, che nell’agosto del 1844 le dedicò addirittura una poesia, dal titolo emblematico, “Il Giglio di Santa Restituta”.

L’appuntamento, perciò, è per la sera del 16 maggio, quando sulla spiaggia di San Montano viene rievocata l’epopea di Santa Restituta. Da non perdere anche la processione via mare e i spettacolari fuochi pirotecnici dell’ultimo giorno, a chiusura della manifestazione.

Festa di San Vito

San Vito è il santo patrono del comune di Forio d’Ischia e sono dedicati alle feste ed alle celebrazioni religiose ben 4 giorni.

Per l’occasione tutto il paese e’ in festa perché questa ricorrenza è molto sentita dagli abitanti del comune e non solo. Sono tantissimi i turisti che si riversano nelle strade in questi giorni. La festa è caratterizzata da due momenti che ne formano un unico cuore. Il tradizionale omaggio culturale dei fedeli al santo patrono in tutta una serie di momenti religiosi e la tradizionale fiera nel centro e lungo la marina, arricchita da tutta una serie di concerti e momenti bandistici. I festeggiamenti si hanno dal 10 al 17 di Giugno.

Il 14 di giugno si celebrano le messe, in serata, nel piazzale di San Vito vi si ha la rappresentazione storica tradizionale della vita del patrono e del suo legame col comune. Il 15 di giugno, giorno di San Vito, si celebrano messe in continuazione, ed in mattinata una banda musicale gira per le strade cittadine. Nel pomeriggio la statua è portata in processione per le strade di Forio e sul porto verso le ore 18.00 un primo spettacolo di fuochi pirotecnici. Il 16 nel pomeriggio, il Santo e’ portato in processione via mare con la commemorazione dei caduti con la partecipazione dell’A.N.M.I. e dell’associazione pescatori  San Vito di Forio.

Al rientro benedizione eucaristica e successivamente in piazza Municipio un nuovo concerto. La conclusione dei festeggiamenti è caratterizzata da una famosa ed attesa esibizione di spettacolari fuochi pirotecnici, che ha inizio alle ore 00.30 circa.

La festa di San Vito, che cade alla metà del mese di giugno, è molto sentita dagli abitanti di Forio d’Ischia, che ogni anno portano in processione per le strade del Comune la bella statua.

La scultura di San Vito è in rame e argento e venne disegnata dallo scultore Giuseppe Sanmartino (autore anche del Cristo Velato presente a Napoli nella cappella San Severo) e colata da due orafi napoletani nel 1787 (ma il culto del Santo è molto più antico). L’opera di rivestimento di oro della statua fu finanziata addirittura attraverso una tassa su tutte le caraffe di vino vendute nelle osterie.

Vito era un giovane cristiano forse di origine siciliana, che durante le persecuzioni dell’imperatore Diocleziano fu martirizzato per non aver voluto rinnegare la propria fede. La statua di San Vito lo raffigura, quindi, come un ragazzo che porta la palma del martirio; accanto a lui sono seduti un cane ed un leone, tradizionalmente associati a questo Santo, mentre il grappolo d’uva fra le mani, lo collega specificamente all’isola.

Il cane è il simbolo che indica la protezione del Santo contro malattie neurologiche, come per esempio quella che popolarmente viene chiamata “Ballo di San Vito”. Si racconta che San Vito guarì dalla malattia (l’epilessia) il figlio dell’imperatore Diocleziano.

Il leone sta a ricordare presumibilmente uno dei martiri che San Vito subì: fu dato in pasto ai leoni, ma essi lo risparmiarono rimanendo mansueti.

Veniamo al grappolo d’uva: nell’Ottocento i vigneti ischitani furono colpiti da gravissimi attacchi di crittogama, un fungo che distruggeva le piante. L’economia di tutta l’isola, e di Forio in particolar modo (poiché in questa zona la superficie coltivata a vite era assai estesa), fu messa in grave crisi.

Naturale che i contadini e le loro famiglie chiedessero aiuto al Santo patrono: la leggenda dice che una barca carica di zolfo, il rimedio che salvò i vigneti ischitani, fu fermata al largo di Forio proprio da S. Vito, che pagò la salvifica sostanza con un anello che apparteneva alla sua statua. In realtà, lo zolfo arrivò sì via mare, ma portato dai tre fratelli Sanfilippo, provenienti dalle Eolie (dove si trova zolfo in grande quantità) e furono essi a farlo conoscere ai disperati vignaioli ischitani.

Tuttavia, il suggestivo racconto dell’aiuto recato da San Vito ai suoi fedeli è più che mai vivo nelle famiglie foriane, al punto che durante la festa si usa adornarne la statua con grappoli d’uva appena raccolti, ancora acerbi essendo il mese di giugno, ma irrorati di zolfo, come tuttora si usa nelle vigne isolane.

La Festa a mare agli scogli di Sant’Anna è la più importante sagra estiva dell’isola d’Ischia. Si svolge la sera del 26 luglio a partire dalle 21 ad Ischia Ponte, che un tempo si chiamava il Borgo di Celsa, nello scenario della  baia di Cartaromana con una sfilata di barche allegoriche, l’incendio simulato del Castello Aragonese ed ancora con uno straordinario spettacolo di fuochi d’artificio che si possono vedere anche dalla vicina isola di Procida e da quella più lontana di Capri.

Vi assistono migliaia di turisti e di isolani seduti sugli scogli del pontile aragonese o nelle barche che a centinaia si posteggiano in questo meraviglioso specchio d’acqua dove la natura si confonde con la storia e non sai chi prevale.

La festa nacque nel 1932 per iniziativa di un gruppetto di amici. Racconta nelle sue memorie, Michelangelo Patalano, uno dei promotori che “avevamo notato negli anni precedenti che la sera del 26 luglio parecchie barche di pescatori con a bordo le famiglie si recavano a recitare il Rosario davanti alla chiesetta di S. Anna dopo di che si consumava a mare una cena a base di coniglio e di melanzane alla parmigiana e pensammo di formare un comitato per una sfilata di barche addobbate e lampade sulle colline di Campagnano e di Soronzano”. Patalano ed i suoi amici non immaginavano che stavano portando alla luce antiche tradizioni e consuetudini, memorie legate ai luoghi e alla loro storia. Nel corso degli anni sono cambiati i temi delle barche addobbate – dalla canzoni napoletane alle antiche tradizioni isolane – ma è rimasto sempre lo stesso spirito.

“La baia di Cartaromana è uno specchio d’acqua, dove nel tempo gli Ischitani hanno trasposto in segni di espressività rituale il ciclo intero della loro vita: la nascita, con la processione delle partorienti alla chiesetta di Sant’Anna, la condivisione del pasto a mare nelle sere d’estate, che è la consuetudine da cui ha avuto origine l’idea di addobbare le imbarcazioni, sviluppatasi poi negli anni fino a definirsi nella sfilata delle barche allegoriche, e ancora l’addio alla vita, con la consuetudine del funerale per mare, che aveva nel cimitero colerico di Sant’Anna il suo approdo e che ispirò ad Arnold Böcklin il suo dipinto più famoso, L’isola dei morti”.

La Festa si svolge nel “cielo” di una città sommersa, l’antico porto romano di Aenaria, già noto dalle fonti letterarie e storiche, e i cui resti archeologici sono stati scoperti grazie alle recenti campagne di scavo.

Come ogni Festa, l’evento, nel suo svolgimento, recupera ed esalta la trama di relazioni spaziali e simboliche dei luoghi: il legame tra la Torre di Sant’Anna, meglio nota come Torre di Michelangelo, e il Castello Aragonese come contrapposizione della Villa rinascimentale al contesto fortemente urbanizzato dell’insediamento sull’Insula minor, il rapporto tra la collina di Soronzano e il Castello Aragonese come tra rilievi che si fronteggiano, l’alterità fortemente simbolica della Chiesetta di Sant’Anna e del cimitero rispetto al Borgo di Celsa, la natura liminare degli scogli di Cartaromana” continua Ronga.

Da tempo si vuole porre particolare attenzione al rapporto tra la città sommersa di Aenaria e la baia con le sue pregevolezze storico-artistiche, sia attraverso la realizzazione di itinerari culturali che nei giorni precedenti alla celebrazione della Festa consentano di visitare i luoghi (visite guidate, sistema di pannelli informativi, incontri culturali e spettacoli), sia disegnando nella struttura narrativa stessa dell’evento un percorso che promuova la diffusione e la conoscenza del sito archeologico.

La Festa si caratterizza per la sfilata delle barche allegoriche. Sono macchine sceniche galleggianti che s’ispirano a temi legati all’isola. Artisti, scrittori, musicisti e studiosi, che hanno frequentato l’isola e l’hanno raccontata nelle loro opere sono gli autori dei temi delle barche. Grazie ai loro scritti, appositamente elaborati per le barche allegoriche, queste personalità del mondo della cultura e dell’arte diventano testimoni, ultimi viaggiatori sulle orme del Grand Tour. Sono stati scelti quattro autori che hanno scritto di Ischia Vinicio Capossela, Erri De Luca, Elio Marchegiani e Andrej Longo ai quali dovranno ispirarsi i costruttori delle 4 barche in gara mentre ci saranno altre tre barche fuori concorso.
“Le barche allegoriche sono realizzate da gruppi di artigiani, carpentieri e artisti, che rappresentano identità locali fortemente caratterizzate, “isole” riconoscibili per storia, tradizioni ed economia, lungo un percorso dal mare alla montagna carico di suggestioni storiche e letterarie, sulle tracce dei fuochi accesi anticamente in onore di Sant’Anna, dalla cima dell’Epomeo fino alla baia di Cartaromana”.

La sfilata delle barche allegoriche è una competizione. Una giuria, composta da esperti nel campo artistico, scenografico e architettonico, giudica e premia le barche stilando una classifica, in base alla quale i gruppi partecipanti ricevono un rimborso spese per la realizzazione della macchina scenica.

Ad aprire questo anno la serata del 26 luglio  ci sarà una sfilata di alcune barche allegoriche fuori concorso. Saranno installazioni galleggianti che illustreranno aspetti della storia della Festa, richiamando quelle tradizioni che nel corso degli anni hanno dato origine alla sfilata delle barche allegoriche. Le  strutture, inoltre, rievocheranno anche l’evoluzione storica della barca allegorica: dal gozzo alla zattera.

Le installazioni artistiche saranno collocate nei giorni precedenti alla sfilata (a partire da mercoledì 23 luglio) a Piazzale Aragonese e a Piazzale delle Alghe, disegnando, con l’ausilio di pannelli e didascalie, un percorso che illustrerà anche l’evoluzione della barca allegorica nella sua struttura portante, dal gozzo alla zattera. Saranno poi calate in mare nel pomeriggio del 26 luglio, realizzando un rituale di grande suggestione.

L’evento si conclude sempre con lo spettacolo di fuochi che coinvolge tutta la baia. Le numerose “lampetelle” poste sugli scogli di Sant’Anna, sui bastioni del Castello aragonese, sui merli della Torre di Sant’Anna, sui balconi del Borgo, disegnano una cornice scenografica di grande suggestione. Lo spettacolo dei fuochi e l’incendio simulato del Castello aragonese recuperano la memoria del cannoneggiamento dell’antica città sullo scoglio da parte degli Inglesi sulla collina di Soronzano agli inizi dell’Ottocento. E’ questo un momento spettacolare, tradizionalmente atteso dal pubblico che si assiepa sugli scogli e sulle imbarcazioni intorno allo specchio d’acqua della baia, che trasforma l’isolotto del Castello in una macchina scenica galleggiante, la più grande e poetica delle barche allegoriche.

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