“L’elezione di Mattarella è stato il momento migliore dell’ultima fase politica”. Ecco perché è dalla sala di via Alibert a Roma, dove il PD lo aveva candidato al Quirinale per acclamazione, che Area Riformista ha voluto lanciare la sfida interna al renzismo dal titolo “L’Italia che vogliamo, il PD che vogliamo”.
“Crediamo nell’Italia, nel Paese, nel PD e questa giornata vuole segnare una ripartenza – ha esordito Roberto Speranza, promotore della manifestazione che in qualche modo lo ha proposto come figura attorno alla quale costruire l’alternativa a Matteo Renzi. L’Europa, mai cosi debole eppure indispensabile, divisa e miope, ma necessaria di fronte alle sfide di questo tempo, è stata il punto di partenza del suo ragionamento. “Da profondo europeista ho difficoltà a spiegare gli immigrati aggrappati agli scogli di Ventimiglia a un giovane di sedici anni. E noi dove ci collochiamo?”. Da qui l’appello a Renzi a essere più deciso nel sostenere il cambiamento delle regole in Europa e che passa anche attraverso la costruzione di famiglie politiche veramente includenti.
“Qualche giorno fa c’è stata una riunione importante del Pse, ma nessuno lo sapeva”. Al centro di tutto il rapporto tra il PD e l’Italia. “A forza di invocare gufi, stiamo diventando struzzi – ha puntualizzato Speranza – Era stato Reichlin a parlare di partito della nazione per la prima volta, ma deve esserci coincidenza di destino tra PD e nazione perché veramente si realizzi”. Poi la precisazione: “Il PD deve cambiare e noi vogliamo cambiarlo dall’interno“. Anche un accenno all’Enciclica di papa Francesco su cui “dovrebbe fondarsi l’orizzonte vero delle forze progressiste nel mondo”, nella sua lunga relazione. Forze che non hanno paura della parola sinistra.
“Ho detto a Renzi che parlare male della sinistra significa segare l’albero su cui lui è seduto“. Nell’Italia e nel PD che vogliono Roberto Speranza e Area Riformista c’è un filo rosso che unisce e non divide e che parte dal lavoro e passa per la scuola ad esempio. “Sulla legge elettorale abbiamo iniziato dicendo che le riforme si fanno insieme e abbiamo chiuso con 61 persone della maggioranza che votavano contro” – ha sottolineato l’ex capogruppo dei democratici a Montecitorio che ha continuato: “Dobbiamo costruire attorno alle riforme consenso e fare riforme di qualità, obiettivo cui il PD dovrebbe tendere e a oggi non raggiunto. Di quelle dimissioni non mi sono pentito perché penso che a 36 anni le idee debbano venire prima delle poltrone”. E ancora: “Se non cambia la legge elettorale va cambiato l’impianto istituzionale perché non si può affiancare a una Camera dominata da un solo partito, un Senato di nominati”.
L’idea di società che Speranza ha in mente è inclusiva, che se trova risorse le mette sul pezzo di società che non ce la fa più con misure di sostegno al reddito. “A oggi è stata realizzata una secessione morbida che conserva il tricolore e costruisce una diversa qualità della cittadinanza tra Nord e Sud”. È anche una società dove ci si batte per la legalità; dove si dice la verità sugli immigrati. “Non possiamo inseguire su questi temi, ma dobbiamo marcare una differenza. Ridare peso alle autonomie territoriali a partire dai Comuni amministrati da veri eroi civili”.
Poi il finale: “I territori rischiano di essere sommatoria di comitati elettorali. Io farei meno primarie per organismi di partito e più per i candidati a essere eletti. In Parlamento in questi mesi sono aumentati i renziani. Ho rispetto per tutti, ma noi ci teniamo la nostra dignità e coerenza che però non bastano più. Dobbiamo dire con forza che il PD non è solo Renzi”. Segue un lungo applauso con la sala di Area Riformista che ancora prima degli interventi illustri dei vari Reichlin, Epifani, Cuperlo e Paolucci – solo per citarne alcuni – sembra aver scelto su chi puntare.