Maurizio Martina ha fatto anche autocritica sul ruolo del partito in questi mesi di opposizione: “Tutti avvertiamo l’insufficienza del lavoro fatto sin qui”. Più tardi ha risposto a una domanda sulla sua ricandidatura: “Per me non è mai stata una scelta personale e basta. Se può essere utile al Pd, per me l’unico criterio è questo”. E con il passare delle ore il progetto prende forma. Martina sta pensando a una candidatura di squadra, giocata in chiave generazionale e nel rapporto con i territori, includendo cioè giovani e amministratori locali oltre a esponenti nazionali del Pd.
Matteo Renzi non partecipa all’assemblea nazionale del Pd a Roma, all’hotel Ergife dove Martina ha formalizzato il suo addio alla segreteria accolto da un lungo applauso — ma che non esclude di candidarsi nei prossimi giorni appoggiato da una «squadra» — Nel pomeriggio, il presidente dell’assemblea Matteo Orfini, dopo averne decretato lo scioglimento, ha avviato ufficialmente il percorso congressuale — dal momento che non è uscita nessuna candidatura con relativa raccolta di firme — Orfini, ha anche convocato la Direzione che ha eletto la Commissione che governerà il partito nei tre mesi di durata del Congresso e che fisserà, nei prossimi giorni, la data delle primarie. Stando a quanto circolato nelle ultime ore, il 3 marzo dovrebbe essere la prima data buona, anche se in molti chiedono di anticipare i tempi per non farsi trovare impreparati per il voto delle Europee di maggio.
Zingaretti ha fretta di entrare nel vivo del Congresso. “È un bene che finalmente ci si muova nella direzione giusta e si apra una fase congressuale che non può che fare bene al partito e all’Italia”, ha detto. “Sarà una strada lunga ma mi auguro che le regole che si scriveranno possano puntare alla massima partecipazione delle persone. Facciamo partecipare tutti. Eliminiamo quei due euro per votare. Sostituiamolo con una sottoscrizione volontaria. Credo che se voltiamo pagina gli italiani risponderanno, credo che chi gridava onestà non voleva condoni. Ora tocca a noi cambiare”, ha concluso. In teoria però il più votato alle primarie potrebbe non diventare segretario. Se infatti nessuno dei tre candidati arrivati alla sfida dei gazebo dopo la selezione dei circoli otterrà il 50% dei voti, la scelta – secondo lo statuto – sarà affidata alla successiva assemblea. Uno degli interventi più duri è stato quello di una giovane delegata, Catia Tarasconi, consigliera regionale in Emilia-Romagna. “Ritiratevi tutti, liberate il Pd”, ha detto. “Siete ancora così accecati dalle vostre esigenze personali da non capire che le nostre divisioni, correnti, la nostra presunzione non ci hanno fatto più capire dalla gente. Parlate di fuoco amico ma sono stati gli elettori a fare fuoco contro di noi. Fuori di qui a nessuno interessa chi sta e chi non sta con Renzi, Martina, Zingaretti, Minniti. Per una volta provate a essere una squadra. Ritiratevi tutti. Riapriamo dallo riscrivere lo Statuto e lo dobbiamo fare noi delegati in assemblea e non i vertici”. Duro anche uno dei candidati in campo, Dario Corallo, che ha attaccato: “Il Pd si regge sul non detto, compresa la spartizione dei posti secondo le clientele”.