È un estratto di «Baccalà», poemetto scritto nel 1949 dal grande Eduardo De Filippo dove il protagonista Gennarino è sciocco, ingenuo, semplice come il piatto di pesce. Un sinonimo in dialetto napoletano che Antonino Cannavacciuolo ha ripreso filologicamente per uno dei suoi signature dish – Baccala, baccalà, baccalà – dove il pesce viene cotto in latte e acqua, poi accompagnato da una maionese fatta con gli scarti, nel rispetto della tradizione che ne utilizzava ogni parte.
Lo chef-patron di Villa Crespi si è sempre divertito sul tema, creando altri ottimi piatti come i Gnocchetti di baccalà e tartufi di mare o il Baccalà alla pizzaiola La conferma della versatilità di un pesce che ha nell’Italia il secondo mercato in Europa per consumo. Solo il Portogallo, dove il bacalao è una religione, non solo culinaria, ci supera.
In Italia, invece, regna ancora un po’ di confusione tra baccalà e stoccafisso, le due versioni del merluzzo, pesce caratterizzato da carne bianca e gusto molto delicato. A fare la differenza è il metodo di conservazione: il primo è conservato sotto sale per tre settimane e poi dissalato per le varie preparazioni; il secondo essiccato per tre mesi all’aria aperta e due al chiuso. Quello al top – con la IGP comunitaria – si chiama Skrei ed è il merluzzo selvaggio artico pescato tra le isole Lofoten (Norvegia). Le ricette della nostra tradizione sono a base di stoccafisso per la quasi totalità dei casi, visto il vantaggio di una lunga conservazione: quello «accomodato» genovese o livornese, il brandacujun del Ponente Ligure (simile alla morbidissima brandade provenzale), lo stocco alla messinese e quello ‘arrecanato’ napoletano con pomodoro, olive e capperi. Il dilemma linguistico è generato dal fatto che nel Nord-Est dove i piatti emblematici quali il baccalà alla vicentina (il più noto), alla trevigiana o alla veneziana (quello mantecato, nato nel ‘500) siano basati sullo stoccafisso.
«Sono tre ricette diverse, nel giro di 100 Km: non verrebbero così buone se non si utilizzasse lo stoccafisso. Il baccalà è entrato nelle cucine, verso fine anni ’90, quando gli chef influenzati dalla new wave spagnola scoprirono la grande versatilità e la resa del prodotto, anche nelle cotture veloci» spiega Daniel Canzian, veneto doc e ultimo grande allievo di Marchesi. Ai lettori suggerisce la versione ‘da casa’ di un appetizer del suo ristorante a Milano: i Cannoli croccanti di polenta e baccalà mantecato. «Si impastano 50 g di farina forte e 50 g di farina di polenta, leggermente frullata, con Parmigiano, acqua e sale. Mezz’ora di riposo, poi si stende l’impasto e si ricavano dei rettangoli 7×4,5 cm da arrotolare su stampi cilindrici. La frittura è in olio di semi a 160°: successivamente si riempiono con il baccalà mantecato, preparato con la cottura a bagnomaria e aggiungendo via via l’olio come per una maionese».
Anche a Roma, il baccalà è amatissimo come spiega Daniele Usai, chef-patron dello stellato Il Tino e del bistrot 41.12 a Fiumicino, ospitati da un circolo velico. «Fa parte della nostra storia culinaria, a me piace molto con la pasta o per delle farcie: il lingotto centrale, alto 3-4 cm, è il massimo per creare cucina. Ma è bello usare tutte le parti, come la vescica natatoria: essiccata e fritta è strepitosa». Consigli per l’acquisto? «Prenderlo già ammollato, non spendere meno di 30 euro al kg e provare il merluzzo fresco da 2-2,5 kg”. Usai punta su una linguina con carciofi e baccalà o merluzzo fresco. “Fondo classico per una brunoise di carciofi a dadini di un cm per lato, con alloro e rosmarino: mentre cuoce per 10 minuti, si taglia il pesce a dadini identici. La pasta si scola 3-4 minuti prima del tempo corretto, si manteca con la salsa di carciofi e negli ultimi 30 secondi si unisce la dadolata di pesce. Il Pecorino Romano e la mentuccia cruda tritata regalano il tocco di classe…».
Pizzaiola: merluzzo all’affumicatura di pigna. Nella sua «cucina del ricordo», Pino Cuttaia ha un posto al sole per questo piatto (clamoroso) ma anche per l’originale ‘I due baccalà’ dove a fianco del pesce vero, lessato, c’è quello ‘finto’ della cucina di campagna siciliana, a base di carciofi, prezzemolo, aglio e una spruzzata di limone. Allo chef-patron del bistellato La Madia di Licata (AG), chiediamo come preparare un perfetto baccalà fritto. «Il pesce va asciugato bene il giorno prima della preparazione. Il tegame giusto è piccolo, riempito di olio di girasole: caldissimo perché il baccalà, immerso appena infarinato, deve formare subito la crosticina che impedisce l’uscita dell’acqua interna, sennò invece che umido, succulento diventerà stopposo: 2-3 minuti al massimo e sarà pronto per servirlo sulla carta paglia». Ricevuto, chef.