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BERSANI, LA RIVINCITA CON RENZI E QUELLA REALTA’ CHE NON ASPETTA IL PARTITO DEMOCRATICO

La rivincita di Bersani sembra dietro l’angolo. Ora che gli assetti sembrano esser cambiati, ora che i pesi si sono sbilanciati all’interno del partito dopo il Referendum del 4 dicembre, i tempi sembrano maturi per rialzare di nuovo la voce all’interno del Partito Democratico.
In un’intervista rilasciata all’Huffington Post, Bersani ha lanciato un monito, dal sapore di ultimatum, al segretario Matteo Renzi.
”Se Renzi forza, rifiutando il Congresso e una qualunque altra forma di confronto e di contendibilità della linea politica e della leadership per andare al voto, è finito il Pd. E non nasce la cosa a tre di D’Alema, di Bersani o di altri, ma un soggetto ulivista, largo plurale, democratico”.
Affondi decisi nei confronti dell’ex Premier Renzi, accusato dalla minoranza dem. di non volere il Congresso, promesso tra le altre cose, all’indomani della debacle referendaria: ”Per anticipare il Congresso servono le dimissioni del segretario. Evidentemente qualcuno non si vuole dimettere, e infatti il Congresso anticipato non l’ha mai proposto. Ora dico io: chiamalo come vuoi, Congresso, primarie, ma un luogo di confronto e di contendibilità lo chiedo”. Ma il pomo della discordia, oltre che politica e partitica, è anche personale ( e non poteva essere altrimenti) dato che, i voti raccolti alle elezioni del 2013 dalla coalizione ”Italia Bene Comune” capitanata proprio da Pierluigi Bersani, hanno permesso poi, dopo incredibili vicessitudini, a Matteo Renzi di governare: ” Nel Pd si è aperta una enorme questione democratica. Guardiamoci da fuori: un ciclo elettorale e politico si è chiuso, e lasciamo stare che abbiamo governato con i voti del 2013 e con un altro programma. Ora, dicevo, a conclusione di una fase vogliamo consentire la contendibilità di linea, di progetto e di leadership come ogni partito in Europa? Abbiamo perso Roma, Torino, le amministrative, e si è detto “avanti così”. È arrivata una botta al referendum e si è detto “avanti così”. La Corte fa saltare l’Italicum e si dice “avanti così”. Avanti così. Come si può pretendere che chi non è stato d’accordo su scuola lavoro, eccetera, possa andare a fare in giro i comizi dicendo, votateci che non è successo niente? Direi che dobbiamo parlare di una cosetta che si chiama Italia, o no?”
Bersani risponde piccato anche alla provocazione di Matteo Renzi sul tema dei ”vitalizi”, infatti per l’ex Premier: ’L’unica cosa è evitare che scattino i vitalizi perché sarebbe molto ingiusto verso i cittadini.”. ”Per favore– risponde Bersanievitiamo le volgarità dei discorsi sulle seggiole. Io, Speranza, altri abbiamo dimostrato che noi ai posti semmai rinunciamo, in nome delle battaglie sui principi. È offensivo dire che vuole posti chi sta dicendo che bisogna abolire l’aberrazione dei nominati.”
Il tema principale, il campo su cui avviene lo scontro all’interno del partito è infatti la legge elettorale:” Siamo passati in poche settimane da un sistema che era il record mondiale del maggioritario a un iper-proporzionale senza bussola, senza discutere. Vanno tolti i capilista bloccati che portano a una Camera formata per il 70 per cento di nominati. E considero una provocazione allargare al Senato questo scempio. Il governo deve governare o no? Io dico di sì, senza darsi tante traiettorie: mettere in sicurezza alcune cose a cominciare dalle banche, correggere qualcosa degli errori fatti, ad esempio sul lavoro e sui voucher. Lo chiedo al presidente del Consiglio. Vuole governare Gentiloni? Ricordiamoci tutti che un presidente del Consiglio giura sulla Costituzione, non facciamo vedere un autolicenziamento in streaming alla direzione del Pd”.
Poi la stoccata decisiva: ”C’è Renzi nel Pd, ma anche tanti altri. È ora che dicano qualcosa perché così si va a sbattere e si dissolve il Pd. Chiedo che qualcuno apra bocca, perché non ci si può nascondere al punto in cui siamo arrivati. Non sfuggo però alla domanda e le rispondo in modo molto chiaro: se chi ha la responsabilità di decidere tira dritto, allora risponderà del fatto che non c’è più il Pd. Dovremo parlare di protezione, ma dovremo farlo sui diritti del lavoro, essenziali elementi del welfare universalistico, salute, sanità, fiscalità progressiva. Insomma, sulle idee della sinistra, l’Ulivo.”
Per Bersani, e la minoranza dem. in generale, risulta impensabile andare al voto senza prima svolgere il Congresso del partito. E poco importa se il gioco rischia di non valere la candela, se la sconfitta, in caso di scissione, sembri inevitabile. Conta più il partito o governare? E’ una prova di forza della vecchia classe dirigente? E quanto è cambiato il mondo che ci circonda in quest’ultimo anno. Con una destra così forte, populista, che ha fatto della sicurezza e della protezione il suo cavallo di battaglia, che riesce ad annidarsi tra il ceto medio e basso della popolazione, quanto interessano le battaglie interne del Pd?
Il Congresso, forse, può aspettare, la realtà no.

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