La storia del nostro Paese è stata spesso sconvolta da diversi avvenimenti tragici di cui, purtroppo, portiamo ancora le cicatrici. Segni impressi nella memoria dei parenti delle vittime, dei sopravvissuti, di tutti coloro i quali, troppo spesso, attendono invano giustizia o, quantomeno, delle spiegazioni.
Silenzio. È con questo assordante elemento che, invece, sono e siamo spesso costretti a convivere. Il silenzio della verità è lo stesso di quello di chi non c’è più.
Come ancor più spesso accade, di quelle voci strozzate se ne perde facilmente memoria o, peggio, le si cosparge di retorica e significati elettorali che ne alterano il valore, – a mio avviso – lo umiliano.
A Bologna, trentacinque anni fa, precisamente il 2 agosto del 1980, a rimanere in silenzio furono, assieme a tutte le coscienze italiane sconvolte, 85 anime innocenti.
Una di queste, la più piccola delle incolpevoli vittime di quella follia fascista, fu Angela Fresu, 3 anni, e una vita di sogni e speranze strozzate dal grosso boato delle 10 e 25.
Trentacinque anni dopo, grazie all’idea di Repubblica, il celebre quotidiano, di chi ha ideato e scritto il film, Aldo Balzanelli e Emilio Marrese, e di chi lo ha girato, Nene Grignaffini e Francesco Conversano, nei panni di una Valentina Lodovini mai così bella e intensa nello sguardo, Angela “torna in vita”, come se, per qualche strana circostanza, ancor più improbabile di quella che l’ha strappata alla vita, non fosse mai passata per la stazione del capoluogo emiliano.
Si immagina un’Angela ancora viva, con tutte le speranze e le incertezze lavorative e sentimentali di una precaria stagionata, addirittura la sua stessa distrazione rispetto al passato, alla storia cruenta del nostro paese, al tantissimo sangue versato: al punto di non sapere, di fronte a quel famoso orologio fermo, per l’eternità, sulle 10 e 25, perché le sue povere lancette sono come ossificate su quell’ora atroce, scrive il giornale sulla sua pagina online.
La giovane protagonista arriva, per caso, a Bologna, il 2 agosto del 2015, a causa di quella stessa coincidenza ferroviaria perduta che fu fatale alle vittime. Nella città, riproposta in maniera assolutamente veritiera, espressiva e reale in ogni sua sfumatura, monumento o pietra che sia, incontra persone legate alla strage e assieme ai loro ricordi ripercorre i propri, ricomponendo il suo tragico passato, varcando, così, quell’immaginaria “linea gialla” che la separa dal treno in transito che è la sua esistenza.
La Bologna che esce da questo racconto – continua Repubblica – è commovente per la sua umanità ma soprattutto per la sua altissima dignità, che la ferita del 2 agosto ha cercato inutilmente di offendere. È una Bologna fortemente autoritratta nella generosa confidenza con la quale si rappresenta e si racconta, con la cadenza localissima delle voci che pare certificare che la mannaia dell’odio si è abbattuta proprio lì, esattamente lì, ma proprio lì è stata fermata e respinta.
Motivo d’orgoglio della produzione cinematografica è proprio la “bolognesità” ben presente, chiara e vivida nelle voci dei protagonisti, da Luca Bottura, Ivano Marescotti, Olga Durano, Bob Messini, Eraldo Tura, cullati da quella immancabile della canzone dell’indimenticato Lucio Dalla.
Il film sarà proiettato proprio la sera del 2 agosto in Piazza Maggiore: un’ulteriore occasione per il popolo bolognese per stringersi a sé, ricordare, e sentirsi fieri della propria storia, figli di una grande, mai sconfitta città.