Gaetano Manfredi, rettore dell’Università Federico II di Napoli, nella prefazione alle pagine uscite fuori dalla penna e dalla mente di Samuele Ciambriello, ha esordito dicendo che “purtroppo solo pochi avrebbero potuto scriverle”. Non si tratta di un elogio buonista, quanto piuttosto della “naturale considerazione” che può trarre qualsiasi lettore approcciando “Caste e castighi – il dito nell’occhio” (ed. Guida). Questo perché il volume concepito da Samuele Ciambriello vive della natura sfaccettata del suo autore, figlio che ha tagliato la testa al padre, che ha attinto dalla sua personalità spiccata e ardita, capace di spaziare dalla politica al calcio passando per la religione.
Non solo però la brama onnivora del curioso, di chi insegue le notizie e spesso le anticipa, grazie a un bagaglio di esperienza maturato negli anni e accoppiato a una buona capacità di previsione; ciò che maggiormente contraddistingue questo breve ma ricco compendio di storia dei nostri giorni è, senza ombra di dubbio, l’originalità del linguaggio con cui è scritto: scorrevole, con improvvisi picchi di entusiasmo, il carattere che detta il ritmo alle parole, che non sconfina in invettiva ma dell’invettiva ha lo slancio, come dardo che scocca ogni volta, che alza il volume di quanto si dice però senza esagerarne il valore. Ciambriello sembra avere chiaro il senso del proprio parlare al contemporaneo, del quotidiano rapportarsi, senza scrupoli, dettami o paure. Altro che epoché, sospensione di giudizio, o passaggi di testimone, quindi di responsabilità generazionale.
Questo di Ciambriello è un libro che porta la firma dell’impegno costante, dei sensi vigili ai rimandi al passato e ai cambiamenti, ai ritorni e alle sorprese, che il presente ci offre. Ecco perché stimola la volontà di conoscenza e approfondimento e al contempo informa. “Caste e castighi” è però, nonostante – come ha sottolineato Manfredi – la possibilità di non concordare con l’autore, soprattutto l’esempio vivo, pulsante nelle pagine, di un modo di rapportarsi ai fatti. In questo c’è la portata sempre attuale del testo, la sua capacità di andare oltre la situazione.
Se si vuole stare al mondo, al presente, bisogna osare: linguaggio di “indignazione” o “speranze”, poiché soltanto vivere realmente il presente permette di avere qualche chance di cambiare il futuro: “Da qui vorrei cominciare, dal guardarci in faccia, dall’abbassare le luci della ribalta mediatica e guardare avanti”. Detto questo, nel testo non vi è traccia alcuna di pretesa megalomane, né letteraria (“senza ambizioni letterarie”), né morale, si tratta bensì di una raccolta aforistica, una sorta di “terza pagina che commenta la notizia trovata nel flusso di notizie del giorno”, come spiega lo stesso Ciambriello. Qualcosa che ci riporta un particolarissimo stare-al-mondo puntando il dito nell’occhio non per accecare ma per spingere a guardare meglio.
Caste e castighi sarà presentato prossimamente in due date: una a Benevento (presso Palazzo San Domenico, l’8 maggio alle ore 17.oo) e una a Napoli (presso il Consiglio Regionale della Campania, il 12 maggio alle ore 17.00). Durante la presentazione all’Università del Sannio di Benevento, interverranno il rettore dell’università, il prof. Filippo De Rossi, l’On. Umberto Del Basso De Caro, sottosegretario alle infrastrutture e trasporti, e Rosita Galdiero, segretaria provinciale CGIL. Modererà il giornalista Bruno Menna. All’appuntamento del 12 maggio, invece, nella sala convegni del Consiglio Regionale (centro direzionale, isola F13) prenderanno parte il rettore dell’Università Federico II di Napoli, Gaetano Manfredi, il magistrato Tullio Morello, il direttore Federconsumatori Napoli, Rosario Stornaiuolo, e Carlo Verna, vicedirettore per il Sud TGR. Modererà la giornalista Ilaria Urbani. I saluti saranno affidati al Presidente Arec Campania, Enzo Cappello, e all’editore Diego Guida. Agli entrambi gli appuntamenti sarà presente l’Autore.