Cosa hanno in comune un insaccato, uno yogurt, una birra, una baguette, un bastoncino di pesce, un barattolo di gelato, una salsiccia e una torta? Se lo chiedeva il giornale satirico e d’inchiesta francese Canard Enchainé qualche tempo fa. Curiosi di conoscere la risposta? Sono tutti arricchiti di glutine. Una delle polveri magiche dell’industria alimentare, che la usa come super colla per legare salse, agglomerare le proteine di pesce o carne, ma anche per dare il massimo volume ai prodotti da forno nel minor tempo possibile. Solo in Francia ogni anno l’industria dell’amido produce 170mila tonnellate di glutine per un fatturato di 2 milioni di euro.
Tutto ciò sarebbe meraviglioso se non fosse per la celiachia. Gli scienziati sospettano che questa overdose di glutine possa causare un alto livello di intolleranza alimentare, che oggi colpisce in Italia solo contando i celiaci (senza “gli intolleranti”) circa 600mila persone. La celiachia, ricordiamo, è una malattia di origine genetica e di natura infiammatoria caratterizzata, principalmente, dalla distruzione della mucosa (parte superficiale) dell’intestino tenue. È causata da una reazione immunitaria al glutine, termine utilizzato genericamente per indicare alcune proteine specifiche del grano, dell’orzo e della segale. Gli alimenti che contengono questi cereali sono numerosi e risultano estremamente diffusi sulle tavole degli italiani: pane, pizza, pasta e biscotti. I sintomi con cui si presenta la celiachia possono essere molto vari, a carico di diversi organi e con differente gravità. Inoltre, la malattia celiaca può esordire a qualsiasi età, anche nella vecchiaia.
Accanto ai produttori di birra, yogurt e insaccati, il settore più goloso di glutine è senza dubbio l’industria molitoria. Poiché è già presente nel grano allo stato naturale, di norma non è necessario aggiungere glutine per far lievitare l’impasto, soprattutto considerato che il suo contenuto nel grano non fa che aumentare. Tutto questo ha provocato un continuo aumento di intolleranza, spesso trasformatasi in allergia. La stima secondo cui ne soffrirebbe l’1% della popolazione, circa 600.000 persone, dopo 20 anni è purtroppo da rivedere al rialzo: un nuovo studio italiano indica che la prevalenza è in crescita, specialmente in alcune aree metropolitane, e sta sfiorando il 2%, quasi un milione di casi.
Secondo gli esperti riuniti all’ottavo Convegno Annuale ‘The Future of Celiac Disease’ dell’Associazione Italiana Celiachia (AIC), alla base dell’incremento della prevalenza ci sarebbero probabilmente cause ambientali, non ancora individuate, ma l’aumento dei casi richiama alla necessità di migliorare le diagnosi che tuttora arrivano in media oltre 6 anni dopo i primi sintomi. Così, anche e soprattutto per scovare i ‘pazienti camaleonte’ con sintomi insoliti come afte ricorrenti in bocca, un’orticaria fastidiosa, l’anemia o le irregolarità mestruali, gli esperti propongono test del sangue mirati almeno su pazienti ricoverati in reparti come ginecologia, pediatria, medicina interna per individuare prima possibile i casi che resterebbero sotto silenzio perché si presentano con sintomi sfuggenti.