Dal primo aprile dovremmo assistere alla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari per passare la mano alle nuove strutture “per l’esecuzione della misura di sicurezza”, dopo anni di lotte e di denunce sulle condizioni detentive all’interno dei manicomi giudiziari, sui letti di contenzione, sulla sequenza impressionante di morti, sembra trovare termine questa vergognosa vicenda.
C’è molta incertezza per come dovrebbe avvenire questo passaggio ed il timore è che per i pazienti cambierà poco o nulla.
I sei Ospedali psichiatrici giudiziari attivi in Italia (Aversa, Napoli, Barcellona Pozzo di Gotto, Montelupo Fiorentino, Reggio Emilia, Castiglione delle Stiviere) chiuderanno per sempre, passo atteso da anni, sempre rimandato.
Alla fine del 2014 negli Opg italiani, erano detenute poco meno di 800 persone, più della metà delle quali perfettamente dimissibili che, secondo quanto previsto dalla legge 81 del 2014, dovrebbero essere affidati ai dipartimenti di salute mentale delle Regioni di residenza.
I non dimissibili, ossia chi è considerato pericoloso per sé o per gli altri, dovrebbero ottenere ricovero nelle nuove Rems, residenze per l’esecuzione della misura di sicurezza, strutture sanitarie che, in teoria, le regioni avrebbero dovuto avere già disponibili, cosa che invece non è.
Sul sito del Ministero della Giustizia si legge a chiare lettere quanto segue: “Sulla base dei dati in possesso del Ministero della salute appare non realistico che le Regioni riescano a realizzare e riconvertire le strutture entro la predetta data (il 31 marzo c.a.)”.
Cosa accadrà? Domanda da un milione di dollari…
Più semplicemente, dovremmo assistere alla non chiusura degli Opg che cambieranno il nome, gli internati saranno deportati, gli appalti assegnati e lo slancio riformista soddisfatto.
Le Rems, almeno nelle intenzioni, dovrebbero essere strutture più piccole, espressamente terapeutiche, e presenti in ogni regione, cosa che evidentemente non sarà se ci si limiterà ad un riciclo dei sei Opg esistenti.
Pare che da parte del Governo ci sia la ferma intenzione di dare attuazione concreta e definitiva al superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari entro l’annunciato termine del primo aprile 2015, senza ulteriori proroghe.
Probabile, vista la situazione, che sia avviata la procedura di commissariamento per quelle Regioni che non garantiranno il completamento delle iniziative necessarie. In buona sostanza tutte, o quasi…
Ad oggi solo quattro Regioni hanno dichiarato di essere in grado di rispettare la scadenza senza ricorrere al privato: Emilia Romagna, Campania, Calabria e Friuli Venezia Giulia. Altre dieci Regioni sono allo stato zero e non potranno prendersi carico dei propri internati.
Ma, eventualmente, le nuove strutture conserveranno la medesima attitudine repressiva e il concetto stesso di manicomialità? Il dubbio si pone perché questa riforma sembra calibrata su modelli detentivi improntati ad esternalizzazione e privatizzazione, come avvenuto per i CIE. (Centri di Identificazione ed Espulsione)…
Sta per certo che oggi la psichiatria ricopre un ruolo centrale nella nostra società, laddove perizie mediche, spesso contraddittorie tra loro, stabiliscono “la malattia mentale” e “la pericolosità sociale” degli individui.
Come si finisce in un OPG? In Italia, in caso di reato, se vi è sospetto di malattia mentale, il giudice ordina una perizia psichiatrica; se questa si termina con un giudizio d’incapacità di intendere e di volere dell’imputato, si proscioglie senza giudizio e se riconosciuto pericoloso socialmente, lo si avvia ad un Ospedale Psichiatrico Giudiziario (articolo 88 c.p.) o in una struttura residenziale psichiatrica per periodi di tempo definiti o meno, in relazione alla pericolosità sociale.
Nelle future REMS la durata della misura di sicurezza non potrà essere superiore a quella della pena carceraria corrispondente al medesimo reato compiuto: ci si preoccupa da più parti, pertanto, del fatto che le persone che hanno già scontato in OPG tale pena non finiscano nelle REMS, ma siano liberati subito e senza condizioni.
Tuttavia la legge prevede, al momento della dimissione dagli OPG, percorsi e programma terapeutico-riabilitativi individuale, predisposti dalle regioni attraverso i dipartimenti e i servizi di salute mentale delle proprie ASL.
Alla fine di tale percorso, qualora sia riscontrata una persistente pericolosità sociale, è in ogni caso previsto la continuazione delle esecuzioni della misura di sicurezza nelle REMS.
In altre parole, l’inizio di un processo di reinserimento sociale infinito, legato indissolubilmente a pratiche e sentieri coercitivi, obbligatori, contenutivi con il rischio molto alto che dalla chiusura degli Opg nascano piccoli manicomi residenziali…
Secondo la norma approvata, gli OPG saranno sostituiti da queste strutture ad esclusiva gestione sanitaria all’interno e la cui vigilanza esterna sarà affidata, con molta probabilità, alla polizia penitenziaria.
Se, come s’ipotizza, le strutture avranno una capienza di venti-quaranta posti, solo in Campania ci saranno circa otto di queste nuove strutture. E se già oggi, in molte strutture residenziali “ordinarie”per il disagio psichico, prevale il modello della custodia a quello della cura, viene da chiedersi che cosa possono diventare delle strutture destinate per intero ad ospitare sofferenti psichici accompagnati da uno stigma indelebile.
Non bisogna nemmeno sottovalutare il rischio che, vista l’alta tariffa che comporta la presenza in una struttura di questo tipo, oltre cento euro al giorno, s’inneschi una dinamica d’interessi corporativi del business sanitario.
Il superamento di un Opg passa per il superamento dei dispositivi psichiatrici e giuridici che determinano un internamento privo di qualsiasi termine e al di fuori d’ogni garanzia. Verrà colta quest’opportunità? Si rischia l’apertura di una deriva neo-manicomiale!